PAOLO VI
UDIENZA GENERALE
Mercoledì, 29 gennaio 1975
Educare gli uomini alla conversione
Parliamo ancora di rinnovamento. È uno dei temi fondamentali che la Chiesa presenta come programma dell’Anno Santo: ed è il tema che più direttamente (non esclusivamente), riguarda la vita interiore e personale, mentre l’altro tema fondamentale, proposto per l’Anno Santo, la riconciliazione, si riferisce direttamente (sebbene anch’esso non esclusivamente), alla vita in rapporto esteriore, di comunione sia con Dio, sia col prossimo.
Ora un rinnovamento personale a che cosa principalmente si riferisce? Si riferisce ad una rieducazione di sé. E cioè? Ad una rifusione della propria psicologia, sia sentimentale, che morale, in modo da imprimere ai propri istinti, ai propri sentimenti, ai propri atti un ordine, un’armonia, una padronanza, un autogoverno in modo che la propria vita vissuta assuma un carattere umano e cristiano di perfezione, tendenziale almeno, che le conferisca un aspetto di bellezza, di fortezza, di purezza. Diciamo una volta di più la parola di San Leone Magno: dignità; agnosce, christiane, dignitatem tuam, riconosci, o cristiano, la tua dignità. Non è orgoglio, non è enfasi retorica, non è utopia; è la realtà ideale della pedagogia cristiana. È la base, se non addirittura un elemento, della perfezione, della santità; di quella santità che il Concilio afferma solennemente essere vocazione di ogni cristiano, ricordando una parola di S. Paolo, la quale investe tutto il programma, lo stile della vita cristiana: « questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione » (1 Thess. 4, 3; cfr. Eph. 1, 4; Lumen Gentium, 39-40). E prosegue l’Apostolo, sempre riferendosi alla volontà di Dio: questa è « che vi asteniate dalla fornicazione; che ciascuno di voi sappia tenere il proprio corpo in santità e onestà, non lasciandovi dominare dalla concupiscenza, come fanno i pagani, che non conoscono Dio . . . » (1 Thess. 4, 3-5).
Quanti insegnamenti in queste sole parole! basterebbe riflettere su questi tre: la complessità del nostro essere, un essere composito, come si sa, di anima e di corpo; il facile conflitto fra queste componenti del nostro essere stesso; e la fede, cioè la vera conoscenza di Dio a noi concessa, quale fonte ed impegno di vita ordinata, in cui l’anima, istruita e sorretta dalla fede e dalla grazia, impone al corpo la sua legge, non senza conferirgli un decoro inestimabile, una nobiltà superlativa: « non sapete, dice ancora San Paolo, che i vostri corpi sono membra di Cristo?... e che le vostre membra sono tempio dello Spirito Santo? . . . Glorificate dunque e portate Dio nel vostro corpo! » (1 Cor. 6, 15 ss.).
Qui si aprirebbe una delle grandi lezioni sull’antropologia (cioè sulla scienza dell’uomo) propria del cristianesimo, con il suo tremendo ricordo della disfunzione prodotta dal peccato originale, ereditato anche nelle sue conseguenze da ogni vita umana che viene al mondo, e con l’esperienza, che tutti possono avere, del disordine interiore delle facoltà umane, fra le quali prime a dominare, se non contenute, sono quelle del corpo, quelle che di solito sono classificate col termine di concupiscenza, donde una vitalità difforme dalla legge morale. E sarebbe proprio in questo primo campo della nostra vita che dovrebbe applicarsi quello sforzo di rinnovamento spirituale e morale, al quale la tromba dell’Anno Santo ci chiama.
E con quanta ragione! Proprio perché la dottrina circa la vita umana oggi è profondamente turbata. Spenta, o repressa la coscienza della nostra obbligazione morale in ordine ad una sovrastante (immanente cioè, e trascendente insieme) legge divina, viene meno quel timore di Dio, che la Scrittura definisce principio della sapienza (Prov. 1, 7; Ps. 110, 10; Sir. 1, 16); e allora si oscura la differenza fra il bene ed il male; la permissività appare come una liberazione dalle norme severe e sapienti (ora da troppi qualificate « tabù », cioè miti superstiziosi), che dànno alla condotta limiti ragionevoli ed energie rinascenti, e all’uomo un’onestà degna di lui e un carattere capace d’ogni confronto sociale; il criterio della vita diventa fatalmente il piacere, la comodità, l’egoismo, la passione, l’istinto .... ed il livello della dignità personale fin dove discende? Tutti siamo d’accordo nel ritenere che l’uomo ha bisogno e diritto ad un suo sempre nuovo sviluppo; ma quale sviluppo ? Spontaneo e istintivo, sciolto da regole esteriori, come ha insegnato e tuttora fa scuola Rousseau, supponendo buona ed intatta la natura umana? Ovvero ha bisogno d’una formazione, che tenga conto della necessità d’una educazione non solo spontanea ed istintiva, ma terapeutica, in ordine al guasto esistente nell’uomo per la triste eredità di Adamo, e modellata secondo un autentico tipo di uomo, quale Cristo, e per di più Cristo crocifisso (Cfr. Gal. 5, 24), propose e promosse per dare alla nostra vita la sua vera statura, la sua superiore perfezione, il suo titolo alla felicità escatologica ed eterna?
Qui ci fermiamo. Ma voi sapete quanto si estenda l’esame circa il rinnovamento spirituale e morale, a cui l’Anno Santo vuole educare quanti ne fanno davvero un atto di « conversione », e non solo occasionale e momentanea, ma tale da imprimere nella vita odierna una sincera impronta cristiana (Cfr. Gaudium et Spes, 12). Procuriamo di difenderci dalla facile corruzione morale che dappertutto ci assale; e non ci basti ad immunizzarci la cura di Mitridate, cioè l’assuefazione, ma l’arte propria della pedagogia cristiana, quella di conservarci « santi ed immacolati . . . nella carità », come ancora ci esorta l’Apostolo (Eph. 1, 4; 5, 27).
Questo il nostro voto, con la nostra Benedizione Apostolica.
Rivolgiamo ora un cordiale saluto al numeroso gruppo di militari italiani, convenuti a Roma per celebrare l’Anno Santo, ed accompagnati all’odierno incontro col Papa dall’ordinario Militare Monsignor Mario Schierano e dai loro zelanti Cappellani.
Ci fa molto piacere che voi stessi abbiate spontaneamente chiesto di poter compiere questo pellegrinaggio: ciò basta da solo a manifestare i sentimenti, che vi animano, di fede aperta e convinta, di coerenza cristiana. E sappiamo altresì che vi siete ben preparati a tale atto di pietà e di penitenza, con la consapevolezza che il Giubileo, nelle sue finalità spirituali di rinnovamento e di riconciliazione, deve coinvolgere tutta la nostra vita nei suoi molteplici rapporti con Dio e con i fratelli.
Noi vi auguriamo che la sosta riflessiva e orante, presso i trofei degli Apostoli e dei Martiri, sia per voi feconda di generosi propositi: quelli di fondare la vostra vita su solide convinzioni religiose, etiche e civili.
A tanto vi conforti la nostra paterna benedizione, che estendiamo di cuore a tutti i vostri cari.
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