PAOLO VI
UDIENZA GENERALE
Mercoledì, 28 gennaio 1976
L'unità della Chiesa presupposto della civiltà dell'amore
Noi ritorniamo al pensiero che ha guidato la spiritualità dell’Anno Santo, pensiero che deve sopravvivere nel tempo che gli succede, e che deve caratterizzare questo nuovo periodo della vita della Chiesa; ed è il pensiero del rinnovamento della nostra mentalità cristiana. Rileggiamo insieme una pagina di San Paolo, dalla quale possiamo derivare molti insegnamenti utili alla guida del momento attuale che si evolve nel prossimo futuro, ringiovanito, come in una primavera Post-conciliare e Post-giubilare. Scrive, infatti, San Paolo al capo decimo secondo della sua lettera ai Romani: «Vi esorto, dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale». Come potrebbero queste sole parole, diciamo quasi tra parentesi, servire da commento alla recente Dichiarazione della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede su alcune questioni di etica sessuale, se davvero vogliamo entrare nello spirito superiore e originale della concezione cristiana della vita! Proseguiamo nella lettura del nostro testo: «Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto . . . La carità non abbia finzioni; fuggite il male con orrore, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda» (Rom. 12, l-2; 9-10).
Quante cose splendide, in termini così semplici e chiari! Sembra superfluo farvi commento. Basta meditare con animo sereno e fedele. Esse ci riconducono a quella preziosa notizia degli Atti degli Apostoli, che scolpisce l’aspetto caratteristico, spirituale e sociale, della prima comunità cristiana: «la moltitudine di coloro che erano venuti alla fede, aveva un Cuor solo e un’anima sola» (Act. 4, 32). Cioè ci fanno pensare ad un primo aspetto di quell’auspicato rinnovamento, che noi abbiamo chiamato «la civiltà dell’amore», e che altro non è se non l’agape, l’amore, la carità animatrice prima del nostro stile di vita.
Ebbene questa animazione della vita individuale e comunitaria della Chiesa produce dapprima e suppone poi, come suo fondamento costituzionale, l’unità nella Chiesa. Se la Chiesa non è interiormente una, nel suo mistero che la fa vivere di Cristo, ed unita, nella sua compagine strutturale e sociale, che la rende mistico e visibile corpo di Cristo, non è più Chiesa. Chi lo vuole, chi lo può rilegga, fra i tanti documenti che illustrano questa verità, il celebre scritto di S. Cipriano circa «l’unità della Chiesa cattolica» (PL 4, 495-520; BREPOLS, series lat., 3, 243 ss.; cfr. D. TH. C. III, II, 2467 ss.), ovvero veda S. Agostino (Cfr. S. AUGUSTINI De utilitate credendi: PL 42, 65 ss.; ed anche l’opera tuttora attuale di J. A. MOEHLER, Die Einheit in der Kirche, L’unité dans l’Eglise, Cerf, 1938).
A noi, anche senza ricorrere a questa aurea letteratura, sarà più facile documentarci circa le vie che divergono dall’unità della Chiesa, e quindi dalla capacità di costruire una nuova civiltà dell’amore. Tutti possono farsi una diagnosi della moderna tendenza a dissolvere una vera, solida, operante unità ecclesiale, rilevando come uno spirito di disgregazione, di contestazione, di libero pluralismo, di facile critica, di interpretazione personale e spesso polemica rispetto al magistero della Chiesa, autorevole e indispensabile interprete e tutore dei fattori dell’unità ecclesiale, sia penetrato in diverse espressioni della mentalità del corpo mistico, della stessa comunione cattolica (Cfr. L. BOUYER, La décomposition du catholicisme, 1968; Religieux et Clercs contre Dieu, 1975). Un influsso centrifugo del libero esame di provenienza protestante, un concetto di libertà assoluta, isolato da un rispettivo concetto di dovere e di responsabilità, una rassegnata trahison des clercs, cioè un relativismo storico, e un opportunismo sociale e politico spesso di moda, hanno alquanto indebolito il senso dell’unità, della solidarietà, della carità in seno alla Chiesa di Dio, senso stimolato, sì, per fortuna dal movimento ecumenico, ma non ancora e non sempre sufficiente alla riconquista d’una autentica ed organica unità, quale voluta da Cristo e animata dallo Spirito Santo.
Che cosa faremo noi?
Riprenderemo il cammino verso la edificazione dell’unità, se mai alcune volte avessimo ceduto ad una gelosa ed ostile affermazione della nostra autonomia spirituale e religiosa, con danno della docile e virile obbedienza all’esigenza della concordia e della solidarietà proprie della comunione cattolica; e saremo insieme, tutti e fraternamente, fortemente, con lo sguardo dell’anima teso verso Gesù crocifisso, che dilexit ecclesiam, «amò la Chiesa e diede Se stesso per lei» (Eph. 5, 25).
Così; con la nostra Apostolica Benedizione.
Alla Famiglia Missionaria Salesiana
Un particolare saluto desideriamo rivolgere anche ai componenti della «Famiglia Missionaria Salesiana», sacerdoti, Figlie di Maria Ausiliatrice, membri di Congregazioni e Istituti Secolari fondati da Salesiani in terra di missione, cooperatori ed ex-allievi, i quali, in questi giorni, sono riuniti in preghiera e studio per meditare sulle esigenze missionarie del carisma salesiano. Vi diciamo, anzitutto, figlie e figli carissimi, la letizia che invade il nostro cuore per questo incontro con voi, che intendete commemorare il primo centenario degli inizi dell’attività missionaria della vostra Congregazione, ripercorrendo insieme le tappe di una storia gloriosa, svoltasi in tutte le zone, anche le più impervie e difficili, dell’umanità, per continuare con rinnovato vigore la vostra opera missionaria nella Chiesa.
Anche a voi abbiamo inteso indirizzare la nostra recente Esortazione Apostolica circa l’evangelizzazione nel mondo contemporaneo, in data 8 dicembre scorso: abbiamo ricordato i sacerdoti, «educatori del Popolo di Dio nella fede» (PAULI PP. VI Evangelii Nuntiandi, 68); i religiosi e le religiose, il cui apostolato «è spesso contrassegnato da una originalità, una genialità che costringono all’ammirazione», in quanto «li si trova spesso agli avamposti della missione, ed assumono i più grandi rischi per la loro salute e per la loro stessa vita» (Ibid. 69); i laici che, per la loro vocazione specifica di trovarsi in mezzo al mondo e alla guida dei più svariati compiti, «devono esercitare con ciò stesso una forma singolare di evangelizzazione» (Ibid. 70).
Mantenendo saldi nel cuore e nella mente gli esempi e gli insegnamenti del vostro grande Fondatore, San Giovanni Bosco, rispondete con generosità ed entusiasmo all’invito della Chiesa che vi chiama ad essere instancabili operai della evangelizzazione.
Con questi voti, invochiamo su tutti voi larga effusione di favori e conforti celesti, in pegno dei quali vi impartiamo di cuore la propiziatrice Benedizione Apostolica.
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