PAOLO VI
UDIENZA GENERALE
Mercoledì, 12 maggio 1976
Il messaggio delle beatitudini soffia come vento profetico sul campo cristiano
Ancora ci insegue il pensiero dominante del mistero pasquale, il mistero della morte e della risurrezione di Gesù Cristo, il mistero della Redenzione, cioè del riflettersi, del ripetersi in noi di questo mistero di salvezza, mediante il sacramento del battesimo. Non lo possiamo, non lo dobbiamo più dimenticare.
Il battesimo è per noi una rigenerazione, una rinascita, una concezione nuova della vita, una mentalità nuova, una filosofia originale sopra i grandi problemi della nostra esistenza, classificati e illuminati da una sapienza, propria del cristiano. «Voi, insegna S. Paolo, vi siete spogliati dell’uomo vecchio con le sue azioni, e avete rivestito il nuovo, che si rinnova, per una piena conoscenza ad immagine del suo Creatore» (Col. 3, 9-10). E ancora: «Vi dico dunque e vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani nella vanità della loro mente, accecati nei loro pensieri, estranei alla vita di Dio, . . . Ma voi non così avete imparato a conoscere Cristo, . . . secondo la verità che è in Gesù, per la quale verità dovete deporre l’uomo vecchio con la condotta di prima, . . . e dovete rinnovarvi nello spirito della vostra mente e rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità» (Eph. 4, 17-24).
Quanto, quanto ci resta sempre da dire, da pensare, da fare in ordine a questa rigenerazione interna ed esterna del cristiano! E non pensate che per il fatto del carattere soprannaturale di questa mentalità, imbevuta di mistero (cioè di realtà trascendente la nostra naturale esperienza), noi perdiamo il senso della realtà concreta della vita vissuta; no, noi lo accresciamo, come si accresce la chiarezza d’una stanza in cui si accenda una luce nuova, che le manca: tutto, al comparire di questa luce superiore, prende forma, colore, misura, posizione, definizione . . . Così è la fede battesimale, il lumen Christi, acceso nella notte della nostra vita terrena. Il cristiano sa tutto ciò che gli è indispensabile sapere per avere una visione sufficiente (anche se tuttora limitata e provvisoria) sul mondo, sulla vita, sul destino dell’uomo, e, in pratica, su ciò che è bene e ciò che è male.
Quest’ultima scoperta, sul bene e sul male, merita da sé una riflessione tutta propria del cristiano, a cominciare dalla meraviglia, stimolo e corona della conoscenza scientifica, che obbliga lo spirito umano cristianamente illuminato, a cantare e a inneggiare a Dio creatore. Pensate a San Francesco. Pensate alle sorgenti interiori ed inesauribili dell’arte cristiana, la quale vede, quasi facendo proprio l’occhio divino, che ogni cosa è buona, è bella (Cfr. Gen. 1, 12. 25). Ma la meraviglia, in certi momenti, diventa stupore, diventa terrore (Cfr. Qo. 1, 18: «chi accresce il sapere, accresce il dolore».). Cioè: l’instaurazione dell’ordine nuovo, soprannaturale, evangelico, non sopprime il male, ch’è nel mondo, ch’è nell’uomo.
Questo è uno degli scogli più pericolosi e più frequenti per il cristiano, ammesso alle prime visioni del regno dei cieli. Il male esiste ancora. Anzi il cristiano è reso più sensibile del pagano, del laico all’avvertenza del male. Ricordiamo la celebre parabola della zizzania seminata nel campo privilegiato del regno dei cieli (Matth. 13, 24-30). Il cristiano incontrerà ancora sui sentieri del pensiero l’oscurità del vero e la facilità dell’errore; sui sentieri dell’esperienza psicologica la tentazione, la propensione al peccato, la debolezza delle passioni e della carne. Anzi, egli incontrerà ancora nel mondo l’opposizione, la persecuzione, l’ingiustizia. Incontrerà fra gli stessi fratelli di fede la discordia, l’avversione, e perfino il tradimento: «i nemici dell’uomo, ha pur detto Gesù, saranno quelli della sua casa» (Ibid. 10, 36).
Come è comune, vicina a noi, oggi, questa sofferenza! Talvolta gli amici più cari, i colleghi più fidati, i confratelli della medesima mensa sono proprio quelli che si sono ritorti contro di noi! (Cfr. Ps. 54, 13-15) La contestazione è divenuta abitudine, l’infedeltà quasi affermazione di libertà!
E le disgrazie naturali? le malattie inevitabili? le sofferenze che sembrano quasi un dono di Dio per i cristiani? Oh! quale campo di meditazione e quale esperienza del Vangelo sempre drammatico! Il messaggio soave e tremendo delle beatitudini soffia ancora come un vento profetico sul campo cristiano!
Il mistero pasquale, il nostro battesimo è sempre presente con la sua croce: morte e vita sono tuttora in continuo duello. Beati noi se avremo imparato a cercare l’utilità profonda del dolore (Cfr. S. AUGUSTINI De Civitate Dei, 1, 33: PL 41, 45), a confidare finalmente nell’amore di Cristo per noi (Rom. 8, 35) in questo perenne conflitto! a incontrare l’amico, il salvatore Cristo Gesù, il trionfo della sua carità e la conquista della nostra salvezza! (Eph. 5, 2)
Con la nostra Apostolica Benedizione.
Ai partecipanti al Quinto Congresso Internazionale dei Promotori Domenicani dell’Apostolato del Rosario
Un affettuoso saluto desideriamo anche rivolgere al Maestro Generale dei Frati Predicatori e a tutti i partecipanti al Quinto Congresso Internazionale dei Promotori Domenicani dell’Apostolato del Rosario, che si sta svolgendo in questi giorni a Roma.
Vi diciamo anzitutto, figli carissimi, il nostro sincero compiacimento per tale convegno, nel quale intendete studiare ed approfondire i modi più adatti per promuovere e diffondere sempre più tale devozione, di cui il vostro Ordine è stato, per tradizione, fedele custode ed instancabile propagatore.
Nella linea dei Nostri venerati Predecessori, noi, a più riprese, abbiamo inculcato la recita frequente della Corona della beata Vergine Maria, e lo abbiamo fatto in modo particolare nella Esortazione Apostolica «Marialis Cultus» del 2 febbraio 1974.
Ancora una volta raccomandiamo che il Rosario, preghiera autenticamente evangelica e di orientamento nettamente cristologico, continui ad essere una delle devozioni più care ai singoli fedeli, e specialmente alle famiglie cristiane: «Noi amiamo, infatti, pensare e vivamente auspichiamo che, quando l’incontro familiare diventa tempo di preghiera, il Rosario ne sia espressione frequente e gradita» (PAULI PP. VI Marialis Cultus, 54).
Sui vostri lavori e sui vostri propositi invochiamo per l’intercessione della Vergine Santissima, l’abbondanza delle grazie del Signore, in pegno delle quali vi impartiamo di cuore l’Apostolica Benedizione.
A un gruppo giapponese
We are especially happy to greet the group of artists from Japan. We know that you are on an “Ikebana” mission to demonstrate Japan’s traditional floral art; you have come as floral ambassador of international good will and cultura1 exchange. We willingly recognize the fascination that lies in flowers and in the art of their arrangement. And this arrangement so often imitates nature and thus reflects the work of nature’s Artisan. Our own Scriptures speak of flowers and their setting: “Open up your petals like roses planted near running waters . . . break forth in blossoms like the lily . . . bless the Lord for al1 he has done” (Sir. 39, 14). And when you have shared your skill abroad, take back to Japan the expression of our friendship and esteem.
A sacerdoti americani the hanno frequentato in Roma un torso per il rinnovamento teologico e spirituale
We extend our special greetings to the priests from the United States who are in Rome for a course of theological and spiritual renewal. During our pontificate, we have spoken many times to groups of priests-to groups of American priests. But each time is a new moment of ecclesial communion, a new joy in Christ. Dear sons: we are happy to have the opportunity to encourage you, to exhort you, to confirm you in your faith and in your ministry. Your Bishops in America have just pledged fresh efforts on behalf of God’s word, on behalf of Christ’s doctrine. We urge you to be closely united with them, in renewed fidelity and renewed love, in order to communicate to your brethren the uplifting and transforming power of the Gospel. And our affection, our blessing and our prayers go with you: in the name of the Lord.
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