PAOLO VI
UDIENZA GENERALE
Mercoledì, 22 dicembre 1976
Nessun caso di umana malizia è disperato alla scuola del Vangelo
Il Natale, come ogni festa liturgica, ha due aspetti; il primo è quello del culto dovuto al mistero ch’esso commemora e celebra, cioè, nel caso del Natale, l'Incarnazione del Verbo di Dio, la nascita di Cristo nel mondo e nel tempo; l’altro è il riflesso tipico e morale che il mistero celebrato riverbera sull’umanità, sulla Chiesa celebrante, su noi fedeli chiamati alla celebrazione della festa. Questo secondo aspetto si presta ad applicazioni spirituali senza fine, e conferisce alla celebrazione un’attualità che tutti ci riguarda, e ogni anno si rinnova, e cerca di modellare la vita dei credenti su gli aspetti religiosi e storici del mistero celebrato. Il Natale festeggia la nascita del Salvatore; e perciò promuove la nostra rinascita nel disegno della salvezza. Egli è nato, insegna S. Agostino, affinché noi rinascessimo: «natus est, ut renasceremur» (S. AUGUSTINI Sermo 189, 3: PL 38, 1006).
Questo tema della nascita dell’uomo ricorre in tutta l’economia della salvezza. Ricordate l’episodio evangelico di Nicodemo, un buon fariseo, che forse per timidità va da Gesù, ormai rinomato come maestro e operatore di prodigi, di notte, per una consultazione riservata, ma chiarificatrice; e ricordate l’insegnamento primario e fondamentale che il Signore, con parole sconvolgenti gli impartì? «In verità, in verità ti dico: se uno non rinasce dall’alto non può vedere il regno di Dio» (Io. 3, 3). Rinascere, come è possibile? Sarà questo il caposaldo della dottrina battesimale cristiana, la quale comporta non soltanto l’assoluzione dal peccato originale, che ogni uomo, erede di Adamo, per il fatto stesso della sua nascita naturale, porta con sé, ma l’infusione altresì d’un nuovo principio vitale, la grazia, che associa la vita umana all’ineffabile ed infinita vita divina (Cfr. 1 Petr. 1, 23; 2 Petr. 1, 4). S. Paolo è il dottore di questa pagina capitale della rivelazione cristiana (Cfr. Rom. 5, 12-16 ss.). L’uomo può rinascere, anzi deve rinascere. E questa verità illumina per noi anche il Natale, che diventa non solo la festa per eccellenza dell’infanzia e dell’innocenza, ma invita noi tutti a desiderare questa età beata dei piccoli, che hanno la precedenza, anzi la preferenza evangelica nel regno dei cieli, cioè in quella novità di esistenza, inaugurata e instaurata da Cristo al di fuori della quale sarebbe fallito l’umano destino (Cfr. Matth. 11, 25; 18, 2). Bisogna ritornare bambini; cioè innocenti; umili e senza colpe; puri, nuovi. Il presepio parla (Cfr. S. AUGUSTINI Sermo 188, 3: PL 35, 1004).
E insegna una delle sue verità pedagogiche più mirabili e più consolanti; e cioè la corregibilità dell’animo umano, anche se inveterato in colpe ed in vizi, che sono di per sé praticamente non emendabili. L’uomo può diventare buono, anche se corrotto e cattivo. Nessun caso di umana malizia è disperato alla scuola del Vangelo e con la terapia della grazia. L’educazione e la medicina moderne hanno fatto progressi consolantissimi, ma spesso ridotti nel numero e fallaci nella durata e sempre contenuti nell’ambito naturale. Ma ai loro ammirevoli risultati non può mancare all’umile scuola del Natale il concorso, il suffragio dell’efficacia incomparabile della cristiana rinascita spirituale e morale. Non è che questa sia sempre miracolosa, come lo è nel momento sacramentale della Penitenza; ma essa, cercata e curata con i metodi dell’ascetica evangelica, è valida in modo meraviglioso. I maestri della santità cristiana, o anche semplicemente della saggezza cristiana ce lo dimostrano. E la rinascita psicologica e morale acquista alla loro scuola una virtù e una speranza, che ci deve ridare coraggio nella formazione delle nuove generazioni : le vogliamo buone, forti, coscienti, non solo per se stesse, ma altresì per quei contesti sociali, che siamo spesso rassegnati a considerare inguaribili, e che la gioventù di oggi e di domani può prodigiosamente risanare.
Quanti, e pur troppo crescenti, malanni corrodono oggi il tessuto sociale di tante zone dei Popoli malamente trascinati dall’evoluzione moderna, alle quali è mancata la lezione, l’esempio, il conforto, l’ambiente d’una vita integra ed umana, e per le quali tutti dobbiamo essere più coscientemente e responsabilmente impegnati a sollevare alla coscienza e all’osservanza d’una nuova umana e civile onestà. Non vi è malattia dell’etica sociale che sia refrattaria alla cura amorosa, paziente e sapiente del Vangelo. La nascita di Gesù sulla terra ci conforta a sperare e ad operare per la rinascita dell’uomo nel mondo.
Con l’augurio di buon Natale, la nostra Benedizione Apostolica.
Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana