X ANNIVERSARIO DEL TRANSITO DEL SOMMO PONTEFICE GIOVANNI XXIII
OMELIA DI PAOLO VI
Sabato, 2 giugno 1973
Sono passati dieci anni dalla pia morte di Giovanni XXIII. Noi commemoriamo questa ricorrenza con intensa pietà. Noi personalmente ne abbiamo non solo il doloroso dovere, ma un titolo di speciale devozione, per l’affezione, che Egli sempre ci dimostrò e che nei rari e discreti contatti, avuti con Lui, durante i brevi anni del suo Pontificato, parve a noi essere da parte di Lui intenzionalmente effusiva e piena di particolare confidenza e forse di profetica predilezione.
Preghiera e ricordo caratterizzano questa nostra celebrazione.
Preghiera a Dio, per quel Cristo nostro Salvatore, di cui egli fu tanto degno e singolare Vicario, affinché la pace eterna ed il gaudio della misteriosa dimora dell’al di là siano assicurati a quel fedelissimo ministro della santa Chiesa. La nostra preghiera di suffragio sperimenta un duplice sentimento, caratteristico del suffragio cristiano, quando è speso per un’anima che tutto ci fa supporre essere già nell’amplesso beatifico del Dio dei viventi; il sentimento sempre ostile e tenebroso della morte, del distacco, diciamo, incolmabile della nostra odierna, limitata esperienza, che separa la forma della nostra presente esistenza da quella ignota della esistenza ultraterrena; un sentimento che conosce dinanzi alla morte il timore, l’incubo, la terribilità della nostra naturale cecità; e poi subito il sentimento simultaneo della certezza nella sopravvivenza dei nostri Defunti, il sentimento parallelo cioè della fede nell’oceano di misericordia e di bontà, quale Iddio il Padre, in virtù di Cristo, il Salvatore, nel dono finalmente godibile dello Spirito Santo, l’Amore, il sentimento, a cui non è sufficiente misura la nostra più ardita fantasia, della comunione dei Santi nella comunione felicissima con quel Dio, Vita, Verità, Amore, il Quale per Sé ci ha creati e chiamati al mistero e alla pienezza dell’Essere suo.
Questa cerimonia ci fa respirare quest’atmosfera esistenziale ed inebriante, che ci aiuta a valutare la vita presente in funzione della vita futura; e che nel caso nostro ci apre quasi ad una confidente conversazione con Papa Giovanni; ce lo rende vicino nel devoto gesto reciproco, col quale non tanto noi a Lui, quanto piuttosto Lui a noi offre i fiori che nascono sulla sua tomba; vogliamo dire la ricchezza spirituale, che ritroviamo in quel voluminoso «Giornale dell’anima», nel quale sono raccolte, lungo il corso della sua lunga vita, le espressioni immediate, candide e pie, della sua intima cronaca spirituale. Anche questa è parte, e non minima, della sua eredità, ed ha il privilegio, proprio delle esperienze spirituali, di conservarsi, appunto come fiori freschi, attuali e comunicabili, quasi un suadente invito ad entrare nella sua confidenza, ad ascoltarne la voce semplice e schietta, e a subirne il fascino familiare come quello d’un maestro di vita interiore.
Faremo bene, dopo dieci anni dalla sua morte, a metterci umilmente a questa sua scuola spirituale; primo, per conoscere Papa Giovanni nella sua autentica figura di uomo del popolo, pieno di sensibilità verso il suo ambiente domestico; per ammirarlo nel suo aspetto di sacerdote imbevuto della tradizione preconciliare, se volete, ma densa della sapienza ecclesiastica più religiosamente sincera e osservante; e poi per vederlo partire con cuore di missionario, quale rappresentante della Sede Apostolica con l’astuzia onesta e sagace della semplicità e dell’amore a Sofia, a Istanbul e, infine, a Parigi; per riconoscerlo quindi nel suo profilo sontuoso e bonario di vescovo, anzi di Patriarca di Venezia, il quale pratica la vita ordinaria e generosa del pastore di anime, per rivederlo finalmente nel manto pontificale del Papa, che tempera le vertigini della coscienza del suo supremo ministero con l’interiore ascoltazione, docile alle ispirazioni dello Spirito e con la umile e costante volontà di mostrarsi e di essere soprattutto servo dei servi di Dio.
Preghiamo così accanto a lui, per lui se nell’insondabile calcolo del giudizio di Dio l’anima di Papa Giovanni avesse tuttora bisogno di questo nostro suffragio; ma forse piuttosto per noi, per essere educati a raccogliere della sua personalità l’immagine vera, e di rispecchiarla nel nostro spirito, in conformità alla sua autentica testimonianza autobiografica, quella di un prete, d’un buono, d’un ottimo prete bergamasco e romano.
La preghiera diventa così ricordo. Le proporzioni di grandezza, che la memoria di questo nostro grande e singolare Predecessore ha assunte nella storia contemporanea, non saranno così mortificate, ma corrette, all’occorrenza, dalle deformazioni che certe interpretazioni incaute o interessate gli hanno attribuite, quasi fosse il patrono dei contestatori, il Papa della liberazione dalla catena della tradizione, il promotore d’un «aggiornamento» arbitrario e senza prestabiliti confini, così che nell’autorità del suo nome si potesse frantumare l’autorità stessa donde la Chiesa è al tempo stesso una e cattolica. Dobbiamo conservare di Papa Giovanni una memoria fedele, non abusiva. Le straordinarie espressioni del suo Pontificato, quella incalcolabile e inesauribile del Concilio fra tutte, non fanno di questo Papa un tipo incoerente con l’impegno dogmatico della dottrina originaria e secolare della Chiesa di Pietro, ma un fermo e convinto continuatore, integrale se non integrista; un Papa innovatore, se volete, il quale sa scoprire la vitale fecondità del messaggio umano-divino, proprio della Chiesa cattolica, e la fa scaturire nell’interno più intimo della sua propria autenticità, ripetendo il prodigio perenne di questa secolare sede di Pietro, che sa estrarre dal tesoro evangelico, come lo scriba della parabola, nova et vetera, inesauribilmente (Matth. 13, 52).
Benediciamo perciò la memoria di questo carissimo e veneratissimo Papa, che ha saputo riaprire a torrenti le fonti della Verità salvatrice; ha saputo ringiovanire la Chiesa con lo Spirito vivificante del Vangelo; ha saputo stendere la mano ai Fratelli cristiani separati sopra l’abisso di secolari rotture e rivalità; ha saputo riaprire con un nuovo accento di familiarità e di stima il dialogo con il mondo odierno secolarizzato, ed offrirgli, come pane di casa, il dono della «speranza che non inganna» (Rom. 5, 5).
Benediciamo, sì, la memoria di Papa Giovanni, quasi Egli venisse fra noi ad aprire il prossimo Anno Santo, che dal suo genio di Maestro e di Pastore prende in questi giorni l’ispirazione e le mosse; ed ascoltiamo la non spenta voce della sua preghiera, che Egli, Angelo Roncalli, dopo dieci anni dalla sua ordinazione sacerdotale, scioglieva proprio su questa tomba di San Pietro per la santa Chiesa: «Sàlvala, sàlvala, o Signore; dona alla tua Chiesa, fra questo turbinare di procelle, fra questo cozzo di genti (era l’ora iniziale della prima guerra mondiale): libertà, unità e pace!» (Giornale, p. 193).
Così oggi per noi, ancora Papa Giovanni: libertà, unità e pace, con la Benedizione Apostolica del suo umilissimo Successore.
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