CONCELEBRAZIONE CON I VESCOVI ITALIANI
OMELIA DEL SANTO PADRE PAOLO VI
Sabato, 8 giugno 1974
Cari e venerati Fratelli in Cristo Signore!
Eccoci ancora una volta uniti nella celebrazione dei santi misteri dell’ultima Cena di nostro Signore Gesù Cristo, cioè della nostra santa Messa, la quale attualizza fra noi la sempre viva, sempre identica, sempre autentica memoria di Lui; riporta come per noi pronunciate le sublimi ed inesauribili parole di quel suo transito rituale e drammatico; realizza mediante il nostro umile, ma prodigioso ministero sacerdotale la presenza reale, sacramentale, adorabile di Lui, Gesù Signore; rispecchia con misteriosa fedeltà, che ignora ogni distanza di tempo, di luogo, di circostanze, la tragica immolazione di Lui sulla croce, e fa di questo convito un sacrificio, il vero sacrificio redentore a noi disponibile, offrendo poi come nostro alimento santificante e vivificante, sotto le specie del pane e del vino la carne ed il sangue della Vittima divina; Cristo celebra così in noi, sue mistiche membra, la estensiva pienezza del nostro unico e sommo Capo, Cristo, che è appunto il Capo della Chiesa, che noi siamo; Egli ci fa gustare l’inebriante effusione del suo Spirito Paraclito; e rischiara in noi il vero senso della vita presente coll’irradiante promessa della sua futura gloriosa parusia. Tanta è la ricchezza del sacrificio eucaristico.
Ma un pensiero del Signore, un suo voto, sovrasta e conclude questo suo testamento; ne abbiamo raccolto la ripetuta espressione ascoltando l’annuncio del brano evangelico, scelto per questa celebrazione; ed un suo desiderio a noi rivolto, come ai successori degli Apostoli, come ai più diretti e qualificati eredi nella fede della loro testimonianza, oggetto noi pure di una intenzionale preghiera di Cristo al Padre celeste: «Io prego, disse Gesù in quel supremo anelito del suo cuore messianico, anche per quelli che mediante la loro parola (di Apostoli) crederanno in me, affinché» . . . e sono due gli scopi di così tesa e ardente preghiera di Cristo, «affinché siano tutti uno», primo scopo; «uno in noi, affinché», secondo scopo, «il mondo creda che Tu mi hai mandato . . .». E subito ripete, quasi rafforzando di lirico sentimento e di teologica profondità, il suo sovrano desiderio: «affinché siano perfetti nell’unità e il mondo riconosca che Tu mi hai mandato, e che Tu li hai amati, come hai amato me» (Io. 17, 20, 23).
L’unità, vertice del Vangelo per i seguaci di Cristo, per i suoi apostoli, per i suoi ministri specialmente; e unità, apologia del Vangelo e della fede di fronte al mondo, all’umanità.
A questo centro focale della nostra vita religiosa sempre ci chiama il divino Maestro, l’unità, in cui si immedesimano la fede e la carità; ci invita il recente Concilio, che ha riaperto all’ecumenismo i suoi convergenti sentieri; e ci conduce, quasi per provvidenziale maturazione storica, la teologia e la struttura canonica della Chiesa cattolica: l’unità.
Prendiamo coscienza di questo sacro momento, nel quale noi stiamo celebrando una forma di unità assai bella e significativa per la comunità ecclesiale italiana, quale, prima di questi nuovi piani organizzativi dell’assemblea nazionale dell’episcopato, non mai in questo Paese era stata celebrata. Segniamo nei nostri cuori quest’ora come storica; sì, un’ora preziosa e dinamica di unità, e riconosciamo a questa unità numerica, esteriore, occasionale il suo valore trascendente, spirituale e impegnativo. Essa è un fatto collegiale; non ci ha forse il Concilio fatto progredire nella conoscenza di questo aspetto costituzionale dell’ordine episcopale? Nessuno di noi dovrà sentirsi diminuito dalle esigenze di carità, di concordia, di collaborazione, a cui la collegialità educa i suoi membri; né dovrà credersi esonerato dall’esercitare in pienezza personale il proprio ufficio pastorale per il fatto che nuove strutture collettive, proprie delle conferenze episcopali, si assumono funzioni di servizio comune.
Questa unità inoltre è l’espressione più autentica e più autorevole d’una proprietà essenziale della Chiesa, quella d’essere comunione.
L’unità cattolica è comunione. Questa è titolo che compete globalmente a tutta la Chiesa; e noi dobbiamo essere i primi a riprodurne lo spirito e le forme in questa conferenza episcopale; non solo, ma altresì nella coscienza e nelle espressioni associative della Chiesa Italiana; una Chiesa tanto più corrisponde alla sua definizione di Chiesa autentica di Cristo quanto meglio riflette in se stessa, nella sua animazione e nelle sue concrete strutture il principio profondo e costituzionale dell’unità. Il pluralismo delle opinioni e dei raggruppamenti, che ora si diffonde anche nell’area cattolica, non ci lascia indifferenti e del tutto tranquilli, come quello che ci sembra spesso derivare non già da un proposito di un libero, ma organico e sostanzialmente unitario sviluppo del corpo ecclesiale, ma piuttosto da un inquieto, ed in fondo egoistico, istinto di autonomia dispersiva, di cui la storia della Chiesa riporta dopo secoli ancora il doloroso e inqualificabile strazio, nonostante che sovente si qualifichi con equivoci e spesso abusivi titoli comunitari, nell’atto stesso che alla vera ed unica comunione, ch’è la Chiesa, compaginata in un solo corpo dalle membra diverse nelle forme e nelle funzioni, ma insieme fedelmente cospiranti all’armonia d’unica vita, portano offesa (Cfr. 1 Cor. 12, 12 ss.; Eph. 4, 25; Col. 3, 11; Rom. 12, -1 ss.).
Vi è oggi chi parla con enfasi di comunione ecclesiale, e si appella ad essa come alla sua propria anagrafe soprannaturale; ma spesso, pur troppo, più avido d’affermare propri particolari carismi, o di difendere suoi personali diritti, contestando insieme aspetti storici e canonici della Chiesa vivente e visibile, che di mantenersi nella docile, filiale ed esemplare obbedienza alla legittima potestà ecclesiale; praticamente, se non sempre con aperto dissenso, egli si svincola da tale perfetta comunione, non badando che con tale suo ostile contegno egli recide da sé il tralcio, che lo sostiene e lo unisce alla mistica pianta dell’unità, ch’è lo stesso Cristo nostro benedetto Signore, un solo mistico Essere con la sua Chiesa.
Abbiamo bisogno di unità, noi Vescovi per primi, che abbiamo la missione di promuoverla, di tutelarla, testimoniarla, di servirla, di viverla, nel circuito della fede e della carità (Cfr. Eph. 4, 15-16).
Questo tema ci obbliga ad accennare, anche in questa sede tanto spirituale e serena, al risultato del recente Referendum, il quale ha procurato a noi la dolorosa conferma di vedere documentato quanti cittadini di codesto sempre dilettissimo Paese non siano stati solidali in un esperimento relativo a tema, l’indissolubilità del matrimonio, che avrebbe dovuto, per indiscutibili ragioni civili e religiose, trovarli assai più concordi e più comprensivi.
Noi non ne faremo per questo un argomento di ormai superate polemiche.
Faremo piuttosto un paterno appello agli ecclesiastici e religiosi, agli uomini di cultura e di azione, e a tanti carissimi fedeli e laici di educazione cattolica, i quali non hanno tenuto conto, in tale occasione, della fedeltà dovuta ad un esplicito comandamento evangelico, ad un chiaro principio di diritto naturale, ad un rispettoso richiamo di disciplina e comunione ecclesiale, tanto saggiamente enunciato da codesta Conferenza Episcopale e da noi stessi convalidato: li esorteremo tutti a dare testimonianza del loro dichiarato amore alla Chiesa e del loro ritorno alla piena comunione ecclesiale, impegnandosi con tutti i fratelli nella fede al vero servizio dell’uomo e delle sue istituzioni, affinché queste siano internamente sempre più animate da autentico spirito cristiano.
Noi esprimeremo l’augurio che un vigilante senso di personale e comunitaria responsabilità si alimenti negli animi di tutti, specialmente dei coniugi, di coloro cioè che hanno scelto lo stato coniugale per dare felicità e valore alle loro esistenze, e poi particolarmente di quanti hanno missione pastorale, educativa, o sociale nel popolo, e pregheremo Iddio che tale senso vitale rimanga inviolabile presidio e umanissimo vanto della famiglia italiana. Ed esortiamo perciò tutti coloro che hanno dovere e possibilità ad intensificare la loro opera per dare ai valori ed ai bisogni familiari sempre più sollecita ed adeguata assistenza.
Venerati fratelli!
Riprendiamo la celebrazione della Santa Messa
Con questo invito all’unità, è in noi la riconoscenza per la testimonianza che la stessa vostra presenza ci dà; è in noi la compiacenza per il lavoro compiuto dalla vostra assemblea, specialmente in ordine all’Evangelizzazione circa i Sacramenti della Penitenza e dell’unzione agli Infermi; lodiamo e incoraggiamo le vostre iniziative per l’Anno Santo; e vi preghiamo di portare alle vostre diocesi, e specialmente ai sacerdoti, la benedizione che a voi diamo con tutto il cuore.
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