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DISCORSO DI PAOLO VI AD UNA RAPPRESENTANZA
DI QUALIFICATE DIRIGENTI DELL'AZIONE CATTOLICA

Venerdì, 5 luglio 1963

 

La presenza della notevole rappresentanza di così qualificate dirigenti nell’Azione Cattolica dà modo a Sua Santità di ricordare che, da molti anni, Egli conosce questo sodalizio tanto benemerito. Ha avuto, infatti, parecchie occasioni, in passato, di avvicinare dirigenti, presidenti, segretarie, addette alla organizzazione; e talvolta di ricevere anche gruppi collettivamente, senza parlare della cospicua famiglia delle donne cattoliche nella arcidiocesi di Milano, che Gli hanno fatto ancor meglio conoscere ed apprezzare la consistenza, la virtù, le capacità dell’intero movimento.

La prima caratteristica di esso è la estensione, arrivata ormai, ben si può dire, a tutte le parrocchie italiane, mercé il costante e volenteroso slancio delle iscritte, le quali, oltre a voler raggiungere il traguardo dell’elevato numero, mirano a salda e profonda spiritualità in tutte le socie, animate da superiori ideali di apostolato.

Pure nei riguardi di questa nota, così alta ed essenziale, il Santo Padre vuol dare elogio alle donne cattoliche di Milano - senza in nulla far torto alle altre -, poiché ha conosciuto direttamente e i nobili intenti ed i risultati raggiunti, soprattutto mediante il buon esempio, la ferma persuasione, la consapevolezza delle necessità morali più gravi ed urgenti del nostro tempo.

UNA PREZIOSA ATTIVITÀ

Non si tratta - è consolante il rilevarlo - di un lavoro accademico, teorico, astratto, e tanto meno artificiale e superfluo. Esso coglie, invece, quel che la donna cristiana intuisce e reputa indispensabile, per il bene dell’intera società: ed oggi il convegno delle presidenti diocesane, indetto a Roma, vuol porre alla considerazione e allo studio un qualche cosa di ancor più elevato, desiderando avvicinare sempre più l’attività dei militanti al ministero ecclesiastico, nello studio del tema: apostolato e pastorale.

Che cosa vuol dire: pastorale? È certo un’espressione, questa, che di frequente ricorre nel nostro linguaggio, ad assicurare stabilità di dottrina e fervore di opere.

Si tratta di un termine denso, ricco, profondo, e dal contenuto multiforme, che sta ad indicare molti aspetti del lavoro a vantaggio delle anime.

Pastorale vuol dire esercizio di un ministero responsabile. È proprio la responsabilità che la distingue da un altro apostolato o da un altro ministero. Si può, infatti, esplicare un’attività senza essere responsabili verso coloro a cui è diretta.

Il pastore, invece, è vincolato, condizionato, obbligato a fare ciò che può per l’utilità altrui. Il pastore, che si modella sul Maestro Divino, deve essere pronto a dare persino la vita per le sue pecorelle, per le anime a lui affidate. Questo, dunque, il grande, tremendo, sublime vincolo che associa il pastore alle anime, per le quali dispiega la sua azione. Non è un disimpegnato, un dilettante, un occasionale; egli giammai può dire: basta. Deve spendere ogni energia: e in che misura? Lo ha spiegato Nostro Signore, delineando, per primo, la cura pastorale; e la base dell’assistenza che il suo incaricato svolgerà verso le anime usque ad effusionem sanguinis. Anche la vita deve essere offerta, se necessario, per il bene degli altri.

MOLTIPLICATE PROVVIDE INIZIATIVE

Tutto ciò conferma l’importanza, grandezza e altissima responsabilità del termine pastorale, così sublime da far tremare e vacillare anche le volontà più generose e forti, se non sapessimo che all’incarico pastorale è annessa una grazia adeguata.

Il Signore chiama i pastori e li abilita all’esercizio di questa eccelsa arte, fra tutte la più alta e difficile, e che raggiunge le vette di due espressioni morali che meriterebbero, da sole, lunghi panegirici: l’amore di carità e l’azione.

Quando è che l’affetto e la generosità sono maggiori? Ben lo sa la donna cristiana, pronta sempre anche al sacrificio supremo per gli esseri a cui ha dato la vita. Che cosa di più mirabile dell’amore materno? Ebbene esso può essere, in certo modo, paragonato all’amore pastorale. In questo senso le donne cattoliche possono dire: siamo pronte ad entrare anche noi nel circuito di questa carità superiore; vogliamo anche noi essere sempre così vicine alla Chiesa, a chi è pastore nella Chiesa, da divenire idonee a una qualche collaborazione. Nessuna di voi - aggiungeva sorridendo il Santo Padre - pretende di avere l’investitura canonica, fondamento insostituibile della vita pastorale, giacché questa suppone un mandato dall’alto, ma lo spirito sì. Desiderate, cioè, sicuramente, nutrire le vostre anime, i vostri pensieri e le azioni di questo grande amore, officium amoris che è la via pastorale. È, dunque, un dovere elettissimo quello di amare, servire, santificare le anime, volere per loro, dispensare, regalare tutto quanto è possibile.

Da ciò conseguono opportune meditazioni, che, se poste non tanto nel quadro teorico ma sul piano delle vostre rispettive diocesi, parrocchie, associazioni, per prima cosa offrono una visione pastorale della Chiesa.

UN GENIO PRATICO E SOLERTE

Questa vi presenta le molteplici necessità, e dinanzi ad esse voi potete diventare il genio industrioso, immensamente utile in una comunità parrocchiale che, appunto, richiede cuori assetati di bene, i quali sappiano agire nella migliore maniera di fronte ai bisogni, le sofferenze, le richieste altrui. Voi davvero potete imitare, umilmente ma con fiducia, la SS.ma Vergine, Madre di Dio, quando alla mensa di Cana s’accorge che i componenti la nuova famiglia «vinum non habent». Una mancanza, si direbbe, a semplice livello materiale; ma l’occhio premurosamente così gentile, buono, cortese, pastorale di Maria era andato assai più oltre dell’inconveniente materiale. Voleva che gli sposi fossero tranquilli, nella loro ospitalità.

Voi scoprirete nelle vostre parrocchie, nelle comunità, nell’intero consorzio sociale in cui viviamo quanto vino, quale alimento tuttora manchi; e cioè, in che amplissimo grado sia indispensabile la presenza del Signore nel mondo, la riabilitazione dei costumi, la assistenza ai fanciulli, l’educazione dei giovani, il catechismo, il culto attuato e seguito bene. Voi sarete, così, le antenne tese a scoprire e vedere tutte queste necessità.

In secondo luogo, voi non avete soltanto questa capacità: di leggere, nelle esigenze d’una popolazione, la traccia della vostra attività, ma sapete anche trovare i mezzi adatti per svolgerla e portarla ovunque. Anche qui potete affidarvi al vostro genio pratico e amorevole in maniera da ripetere spesso: abbiamo deciso; lavoriamo; così va bene. Oppure: abbia fiducia in noi: vedrà che riusciremo; ci dica quel che dobbiamo compiere e noi eseguiremo. Sarà un’organizzazione, un servigio, una opera singola. Le donne cattoliche sanno scendere nel concreto, nel reale. Non si appagano di espressioni puramente cortesi, affabili, compassionevoli, ma entrano nel vivo delle iniziative egregie e dell’assistenza positiva, fiorente.

Sembra quindi - prosegue l’Augusto Pontefice - che la vostra coscienza pastorale si allarghi in uno degli sviluppi che la Chiesa sta, ai giorni nostri, attuando; ed è - lo chiamano così, e può considerarsi un termine esatto, da tenere in onore - entrata nel senso comunitario della comunità. La Chiesa, quindi, non appare più sotto un aspetto particolare, una richiesta singola; non è una persona sola, un individuo, ma la famiglia, la grande ecclesia, la congregatio, che si raccoglie presso l’altare, intorno al sacerdote. Ecco le donne cattoliche divenute, in certo qual modo, le aiutanti, le madri di tutta una famiglia spirituale.

PERFETTO ESEMPIO NEGLI ATTI DEGLI APOSTOLI

A questo proposito il Santo Padre ama accennare a ciò che si legge - e sempre con profonda commozione - nel capitolo XVI degli Atti degli Apostoli. Vi si narra di quella zelantissima, esemplare donna, chiamata Lydia purpuraria (forse aveva un negozio di tinture e stoffe pregiate), che andò ad ascoltare Paolo e Sila. I due parlavano, nei sabati, lungo il fiume, non avendo una propria dimora: e là un gruppo di fedeli, tra cui alcune donne, stavano ad ascoltare. Ora questa Lidia, che aveva appunto il genio della praticità e il cuore grande, sì da meritare di essere menzionata negli Atti degli Apostoli, disse: «Venite dunque nella mia casa». - S. Paolo evitava sempre di essere debitore di coloro che evangelizzava. Ma la nuova fervente cristiana seppe insistere e li costrinse, «coëgit eos». Paolo e i suoi cooperatori ebbero ospitalità. Un nuovo nucleo della Chiesa nacque dunque in casa di questa Lydia purpuraria. Più tardi, allorché la disavventura investi quel primo apostolato - siamo a Filippi - e Paolo e Sila furono percossi e gettati in prigione, giunto poi il termine, quasi miracoloso, della prova, è ancora l’ottima Lidia a invitarli nella propria abitazione, ove erano gli altri fratelli. Ivi presero ristoro per quindi partire e continuare il viaggio apostolico.

Ecco, ben si può dire, un chiaro esempio di donna cattolica, che può essere proposto allo zelo, alla bravura, all’ardore di carità, per quante, oggi, sono animate dai medesimi elevati sentimenti. Le donne di azione cattolica sanno quasi costringere il pastore ad accogliere la loro operosità. Esse, perché fedeli a Cristo e alla sua legge, riescono a procurare gli ausilii indispensabili, e aumentarli mettendosi in alacre servizio di quell’azione apostolica, che deve portare, ovunque, con la parola divina, la grazia e la salvezza. Bene a ragione, quindi, possono essere considerate collaboratrici solerti del pastore: nel novero cioè dei cooperatori meglio preparati e fedeli; e certamente - questo l’augurio espresso dal Padre delle anime - tra i più encomiabili e benedetti.

                                          



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