DISCORSO DI PAOLO VI
AI MEMBRI DEL CONSIGLIO NAZIONALE DELL'U.N.I.T.A.L.S.I.
Martedì, 16 febbraio 1965
Signor Cardinale,
e voi tutti, membri del Consiglio Nazionale della diletta e benemerita U.N.I.T.A.L.S.I.
Siate i benvenuti a questa udienza, che corona la vostra annuale riunione romana, e che abbiam voluto riservare unicamente per voi, per effondere il Nostro spirito in un colloquio di commosso compiacimento, di elogio, di incoraggiamento; per attestarvi la benevolenza, la stima, l’interesse vivo e paterno, con cui seguiamo la vostra instancabile attività, benefica e sollecita, a favore di tanti ammalati, ai quali portate l’impareggiabile conforto di un’assistenza fraterna, mettendo a loro disposizione tutta la meravigliosa compattezza della vostra organizzazione.
UNITALSI! questo nome, anche soltanto al pronunciarlo, rievoca alla mente le lunghe teorie di treni, carichi di dolore e di speranza, rivolti alla meta sospirata del celeberrimo santuario lourdiano, o di quelli italiani, particolarmente di Loreto; riporta al pensiero le bianche file di barelle coi loro ammalati, che sostano in preghiera in quei luoghi, sacri alla Vergine Santissima, e sono simboli viventi di fede vissuta, di cristiana rassegnazione, anzi, di accettazione volonterosa del mistero della sofferenza, che si compie nelle loro carni e nel loro cuore, e li conforma intimamente al Divino Maestro, sofferente sulla Croce. E accanto a loro, si presenta allo sguardo la folla delle anime, che ne condividono e né alleviano le pene fisiche e spirituali: parenti, persone amiche, sacerdoti, medici, infermieri, barellieri, e quanti la vostra Unione sa infervorare e così bene fondere in un’unica operante sollecitudine per il sollievo di quegli infelici.
UNITALSI: e il tumulto dei pensieri si fa riconoscenza, si fa ammirazione, si fa preghiera, per ringraziare il Signore delle meraviglie di carità, che la sua Grazia sa suscitare, per mezzo e merito vostro, in tutte le categorie sociali d’Italia.
Noi stessi, negli anni del pastorale ministero su la Cattedra Ambrosiana, conserviamo i più cari ricordi dell’attività della Sezione regionale lombarda, e del bene da essa fatto, nel quadro dell’attività nazionale dell’Unione, per i diletti ammalati: e ne prendiamo occasione per estendere a tutti voi il Nostro plauso commosso.
È ben giusto che il Papa, Vicario in terra di Colui, che reputa fatto a Sé tutto quanto è rivolto ai più piccoli tra i suoi fratelli (cfr. Matth. 25, 40), vi esprima, a nome di Lui, la lode più ampia, l’incitamento più cordiale, la considerazione più viva. «Infirmus eram, et visitastis me» (Matth. 25, 36), dirà il Cristo agli eletti nel giorno del finale rendiconto: è questa speranza, questa certezza sublime che vi sostiene nelle immancabili fatiche, nella tensione continua dell’organizzazione, nella ricerca di sempre nuovi perfezionamenti, e che vi fa donare il vostro tempo più prezioso, le vostre più salde energie alla cura degli infermi, che si affidano a voi, formando intorno ad essi un’indimenticabile atmosfera di cordialità, di serenità, di letizia, in cui le sublimi delicatezze dell’amore, inculcato dal Vangelo, diventano realtà vissuta, ed evidente manifestazione delle soprannaturali conseguenze dei dogmi del Corpo Mistico e della Comunione dei Santi.
Sappiate continuare con rinnovata dedizione nel cammino regale della carità: il Papa è con voi, vi incoraggia, vi segue col pensiero nelle singole fasi dei vostri pellegrinaggi, vi sostiene con la preghiera, vi esorta con l’impareggiabile consolazione delle Scritture: «Da bravi amministratori della multiforme grazia di Dio, ognuno di voi metta a servizio degli altri il suo dono secondo che lo ha ricevuto . . . affinché in tutti sia glorificato Iddio per Gesù Cristo, al quale va la gloria e la potenza per tutti i secoli» (1 Petr. 4, 10-11).
La Nostra Apostolica Benedizione avvalori questi voti paterni, propiziando le continue compiacenze divine su di voi e su l’intera Unione Nazionale Italiana per il Trasporto degli Ammalati a Lourdes e ai Santuari d’Italia, e ottenendo ai diletti ammalati la costante pienezza dei celesti conforti.
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