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DISCORSO DI PAOLO VI AI PARTECIPANTI
ALLA X «SETTIMANA MEDICA» DEGLI OSPEDALI DI ROMA

Giovedì, 8 aprile 1965

 

Porgiamo il Nostro ringraziamento al Professore Piero Alonzo, Sovraintendente Sanitario degli Ospedali riuniti di Roma, per le cortesi e nobili parole, ch’egli Ci ha rivolte a nome dei presenti, e con lui rispettosamente salutiamo il Dottor Arnaldo Adami, Presidente dei medesimi Ospedali riuniti; Ci piace associare a questo saluto il Nostro Prof. Mario Fontana, Direttore dei Servizi Sanitari della Città del Vaticano, e ringraziamo Mons. Fiorenzo Angelini dell’opera pastorale, ch’egli dirige in favore dell’assistenza religiosa agli Ospedali e alle case di cura di Roma.

E così salutiamo con affetto reverente i degnissimi partecipanti alla X Settimana Medica degli Ospedali: a voi tutti, illustri Maestri della scienza medica, valorosi Primari degli Ospedali di Roma e di altre città italiane, diletti Medici, Assistenti e Aiuti va il Nostro più cordiale benvenuto, e anche un aperto grazie, per la visita che oggi Ci fate, interrompendo i lavori delle vostre interessanti giornate di studio e di scambio di feconde esperienze.

Nella fausta circostanza del decimo anniversario di fondazione dell’Ente Settimana Medica degli Ospedali, avete desiderato portarCi l’espressione della vostra fede: e Noi amiamo vedere in questo gesto significativo sia un segno della vostra gratitudine al Signore per i passi sicuri, compiuti con crescente irradiazione e autorevolezza dall’Istituzione romana - e il presente Convegno ne è la prova più convincente - sia un auspicio di ulteriori progressi. La vostra presenza si qualifica dunque, tanto onorevolmente per voi, come un atto di consapevole riverenza al Vescovo di Roma: e di questo sentimento, che Ci commuove nell’intimo, non possiamo che esprimervi la Nostra compiacenza.

Ve ne ringraziamo e vi benediciamo.

Ma poiché così nobile e degno è il proposito, che qui vi sospinge, esso, lasciateCi dire, è ricambiato con altrettanto fervore; esso trova nel Nostro cuore pienezza di rispondenza e di contraccambio sincero. Siamo lieti di cogliere l’occasione per riaffermare solennemente davanti a voi la benevolenza, la stima, l’incoraggiamento, la speranza la fiducia, l’attesa, che la Santa Chiesa ripone in voi, dilettissimi medici, che volete essere uomini di studio e di provata esperienza al servizio di una missione fra le più alte e generose, a cui sia chiamata la persona umana nel mondo: il servizio dei fratelli sofferenti. Facendo Nostre le parole di Pio XII di v. m.: rivolte venti anni fa a Chirurghi delle Forze Armate, anche a voi diciamo: «Come è elevato, come è degno di ogni onore il carattere della vostra professione! Il medico è stato designato da Dio per venire incontro ai bisogni dell’umanità sofferente. Egli, che ha creato questo essere, consumato dalla febbre o lacerato, che qui vedete fra le vostre mani; Egli che lo ama di un amore eterno, vi ha affidato il compito nobilitante di restituirgli la sanità. Voi recate nella camera dell’infermo e sopra la tavola di operazione qualche cosa della carità di Dio, dell’amore e della tenerezza di Cristo, il grande Medico dell’anima e del corpo. Questa carità non è un sentimento superficiale, che manchi di fermezza . . . Essa è infatti amore che abbraccia tutto l’uomo, un essere che è fratello nell’umanità, ed il cui corpo ammalato è ancora vivificato da un’anima immortale, che tutti i diritti della creazione e della redenzione uniscono alla volontà del suo Maestro Divino» (13 febbraio 1945: Discorsi e Radiomessaggi, VI, 304).

Diletti figli,

Ci rallegriamo nel vedere come anche l’argomento della vostra Settimana Medica, «La terapia», sia chiara dimostrazione di questa coscienza del vostro altissimo ufficio, che vi fa chinare su le sofferenze fisiche del prossimo: infatti avete dedicato la vostra attenzione ai complessi problemi, inerenti alla cura delle più importanti malattie, tenendo presenti le conseguenze meno propizie, che essa può esercitare sull’organismo umano. Avete dato così un segno di grande, delicata, fraterna sensibilità, che ben si inserisce in quel vasto servizio d’amore, che è come la caratteristica essenziale della vostra vocazione: sensibilità, che non soltanto si preoccupa dello studio, dell’efficienza, del perfezionamento dei mezzi terapeutici, ma cerca anche di renderli sempre più sicuri, meno pericolosi, più consoni al benefico scopo, per il quale sono stati studiati.

Era doveroso rilevare - sempre con la massima semplicità - questo significato di solidarietà umana e cristiana, a cui fate servire la perfezione della vostra dottrina e i progressi della vostra sperimentazione. Come Vicario in terra di Colui, che è passato facendo il bene e sanando tutti gli oppressi (cfr. Act. 10, 32), Ci è caro vedere come sotto la severa oggettività delle vostre ricerche, che a occhio profano possono sembrare forse aride, forse astratte, velate come sono dai linguaggio esoterico della terminologia scientifica, ci sia invece un caldo afflato umano, una simpatia profonda verso il fratello, che a voi si affida, un impegno di servizio e di aiuto, prestato - la vostra presenza qui lo indica esplicitamente - in nome e per amore di Cristo, il Quale non lascia senza divina e sovrabbondante e copiosa ricompensa tutto quanto facciamo per i più piccoli fra i suoi: perché in ciascuno di essi, per un misterioso processo di identificazione, Egli ha voluto, e vuole indicare se stesso, oggetto di amore incommensurato e ispiratore di continua generosità.

Sia sempre questo il motivo ideale, che vi sorregga nella vostra professione; il palpito segreto, che nobiliti i vostri sforzi, già tanto ardui; l’impegno sacro, che vi faccia scorgere nei sofferenti, specie nei più abbandonati e sprovveduti, il volto dolorante di Cristo, il suo sguardo penetrante e pieno di riconoscenza, il suo incoraggiamento di inesprimibile soavità. Al di là anche delle più alte e sacrosante soddisfazioni del vostro lavoro, lasciatevi guidare da questo programma: nella ricerca scientifica come nella paziente costanza degli esperimenti, nella cura dei vostri ammalati come nei rapporti coi vostri Colleghi e collaboratori: «e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi» (2 Cor. 13, 11).

Accogliete questi Nostri voti, come Ci sgorgano dal cuore con grande spontaneità e confidenza; e sappiate che il Papa prega per voi, vi invoca ogni più bella consolazione nell’esercizio della vostra alta missione, e paternamente vi benedice, unitamente ai vostri ammalati, auspicando sempre più lieti incrementi all’Ente Settimana Medica degli Ospedali.

                                   



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