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DISCORSO DI PAOLO VI
AI DIRIGENTI E ALLE MAESTRANZE DELLA SOCIETÀ  
«GIO. BUTON E ROSSO ANTICO» DI BOLOGNA

Sabato, 15 maggio 1965

 

Signor Cardinale!
E voi tutti, Figli carissimi della diletta e gloriosa Arcidiocesi di Bologna!

Accogliamo con grande piacere la vostra visita e ve ne diciamo subito la Nostra riconoscenza. Un pellegrinaggio bolognese sveglia nel Nostro animo sentimenti di particolare interesse, innanzi tutto per l’eminente e venerata persona di colui che a Noi lo conduce, il Cardinale Arcivescovo, al quale Ci legano grandissima devozione, altissima stima, affettuosa amicizia, e ora viva gratitudine per l’opera ch’egli presta al Concilio Ecumenico tuttora in corso e prossimo a concludere con importantissime deliberazioni i suoi lavori, non che per la presidenza, ch’egli esercita con prudenza pari allo zelo e alla competenza, del Consiglio per l’applicazione della Costituzione sulla Sacra Liturgia: volentieri profittiamo di questa occasione per manifestare a lui la Nostra riconoscenza e la Nostra fiducia. Deriva poi la Nostra compiacenza di questo incontro dalla provenienza donde cotesto gruppo si qualifica: da Bologna; e dire Bologna a Roma, qui nella casa del Papa, solleva una interminabile serie di pensieri e di ricordi, che da soli basterebbero a dare tema d’interminabile discorso: la sua storia, la sua arte, la sua cultura specialmente, - legum Bononia mater -, le sue relazioni col potere temporale dei Papi, la sua vita  ricchissima religiosa e civile, la posizione giuridica, morale, economica, sociale, che la vostra Città è venuta occupando, non solo rispetto alle regioni che la circondano, l’Emilia e la Romagna, ma altresì all’intera Nazione italiana, le visite che Noi stessi avemmo occasione di fare a Bologna, in circostanze per Noi memorabili, la conoscenza che Ci ha cordialmente legato a qualche caro Amico e ad alcune persone insigni della Città stessa: basti fra queste ricordare Papa Benedetto XV e il Cardinale Giovanni Battista Nasalli Rocca, entrambi di venerata memoria: sono questi altrettanti titoli alla Nostra rispettosa, affettuosa e particolare considerazione della bella, operosa, caratteristica Città, della quale voi Ci portate, con la vostra visita, una degna e gradita rappresentanza. Anche per questo aspetto, che questa udienza non può non assumere, Noi prendiamo motivo per mandare alla illustre Città di Bologna, alla sua Arcidiocesi, alla sua Università, alle sue istituzioni civili e religiose, al giornale cattolico che ivi si pubblica, L' Avvenire d’ Italia, al Clero ed ai Fedeli tutti, il Nostro saluto e la Nostra Benedizione.

Ma vi è una terza ragione, che Ci fa lieti e pensosi per la vostra presenza: il fatto cioè che voi appartenete ad una rinomata famiglia aziendale, che fa capo ai Figli del compianto Marchese Filippo Sassoli de’ Bianchi, figura ben nota, e quanto mai tipica nel campo del Laicato cattolico della passata generazione. Sappiamo che la particolare impronta spirituale, impressa da quell’illustre Signore, a cui la generosa e fiera professione cattolica rese possibile fondere in una sua originale espressione l’educazione aristocratica con sentimenti e con attività di nuovo e sincero amore del popolo, quella impronta, diciamo, dura tuttora, per merito dei successori, che presentemente dirigono l’azienda, aprendola ai moderni sviluppi industriali ed ai non meno moderni esperimenti dello spirito sociale cristiano, che deve garantirle. con la prosperità economica, la graduale conquista del nuovo spirito e delle nuove strutture, l’uno e le altre intese a formare d’un’azienda puramente profana una cristiana comunità di lavoro.

Conosciamo i vostri meriti, ottenuti e sperati, perseguendo codesta linea che cerca di interpretare e di applicare quei principi della dottrina sociale della Chiesa; e valutando le difficoltà inerenti a tale programma, Ci sentiamo in dovere di manifestarvi la Nostra lode ed il Nostro incoraggiamento.

Diremo di più, oggi, proprio oggi 15 maggio, data memorabile per essere quella che segna l’anniversario della celebre Enciclica di Leone XIII, la «Rerum Novarum», e dell’altra Enciclica, non meno importante, di Pio XI, la «Quadragesimo anno», due documenti pontifici, che con quelli successivi di Papa Pio XII e di Papa Giovanni XXIII, venerati nomi, legato quest’ultimo alla più recente e ora più nota Enciclica «Mater et Magistra», costituiscono la prova solenne della competenza, dell’interesse, dell’amore della Chiesa-per il Popolo lavoratore e per i problemi della moderna sociologia. Diremo che la vostra presenza, qualificata dal vostro carattere aziendale, reca a Noi un grande conforto ed una grande speranza, perché viene a confermare ed a nutrire di realtà, se pure tuttora in fase sperimentale ed in via di sviluppo, la risposta che Noi diamo, dentro, nel Nostro spirito, e fuori, nel cerchio dei Nostri frequenti incontri col mondo del lavoro e con quello della cultura rivolta ai problemi sociologici contemporanei; la risposta fiduciosa, la risposta affermativa, la risposta che potrà, Dio voglia, essere domani piena e felice alle seguenti conturbanti domande.

È possibile, veramente possibile, che il lavoro, il lavoro moderno, attinga dalla concezione cristiana della vita una sua nuova e vera ispirazione, che lo illumini nelle sue profonde ragioni umane e sociali, così che l’opera umana, da un lato, rivolta al dominio delle cose e delle energie naturali per trarne immensi, meravigliosi, tremendi servizi, risplenda nella sua piena virtù evocatrice delle leggi, cioè dei pensieri che l’opera divina vi ha infusi, e che in tal modo d’altro lato l’operatore-uomo, Lavoratore, Tecnico o Imprenditore che sia, s’incontri in uno stupendo colloquio con Dio Creatore, e ne derivi, non già l’alienazione, di cui si vorrebbe incolpare la religione professata dall’uomo del lavoro, ma la sua esaltazione, la sua redenzione, la sua suprema dignità e il suo merito superiore, il suo conforto profondo, la sua speranza infallibile? È possibile? È possibile restituire al Lavoratore la sua capacità religiosa di godere di ciò che fa e di chi egli è, la sua capacità cristiana di pace, di bontà e di amore? È possibile?

Ed altra domanda: ed è possibile che l’uomo ricco, colui che possiede i mezzi necessari a mettere in mote il grande processo del lavoro organizzato moderno, che dispone cioè della iniziativa e degli strumenti della produzione, che promuove all’origine la fecondità del fatto economico e in gran parte lo domina nei suoi risultati, vinca la naturale tentazione dell’egoismo e dell’edonismo, e preferisca la ricchezza dell’amore all’amore della ricchezza, associando generosamente il vantaggio privato del possedere alla funzione sociale oggi più che mai inerente ad ogni forma di proprietà? È possibile che la sociologia cristiana riconosca, protegga, nobiliti la figura dell’Imprenditore e ne faccia al tempo stesso l’amico, il benefattore, il «funzionario» della società?

È possibile dare efficienza storica, economica, politica alla dottrina sociale della Chiesa, farla passare dall’enunciazione teorica alla sua realizzazione pratica, difenderla dal sospetto di mera predicazione dimostrativa, e darle attuazione concreta nel mondo contemporaneo? È possibile conseguire effettivi ed originali risultati di progresso economico e sociale senza ricorrere agli stimoli inebrianti, ma alla fine debilitanti e corrosivi delle moderne teorie materialistiche e delle loro formidabili e vincolanti forze operanti? È possibile sperare in una società nuova e moderna, caratterizzata dal progresso e dal lavoro, e che risplenda di luce cristiana?

La vostra presenza, cari figli, Ci conforta a rispondere: sì, è possibile! Deve essere possibile! Prescindiamo, così dicendo, dai saggi positivi e pratici che voi rappresentate; e quasi spinti da essi Ci riportiamo più su al livello della visione ideale del!e cose; e diciamo: è possibile, sì, perché la dottrina sociale cristiana possiede l’interiore carisma della verità, conosce e interpreta la natura dell’uomo e del mondo, possiede energie operative di genialità, di bontà, di sacrificio capaci di raggiungere i migliori risultati. Sì, è possibile, se uomini intelligenti e volenterosi, cattolici forti e liberi, Pastori illuminati e coraggiosi, figli del popolo, bravi, coerenti e fedeli, si impegnano alla grande impresa della edificazione d’una società giusta, libera e cristiana. Sì, è possibile se quanti a tale impresa si consacrano sanno attingere alle sorgenti della fede e della grazia quel misterioso e indispensabile supplemento di luce e di forza, ch’è appunto l’apporto originale del cristianesimo per la salvezza del mondo.

E per voi, Bolognesi, aggiungeremo: sì, è possibile, se da umili e fieri figli della vostra Madonna di S. Luca saprete sempre fedelmente invocare dalla Madre di Cristo la sua protezione celeste.

A propiziare la quale eccovi, carissimi figli, la Nostra Apostolica Benedizione.

        



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