DISCORSO DI PAOLO VI
ALLA SOCIETÀ «SALMOIRAGHI»
E ALLA SOCIETÀ «FRATELLI TESTORI»
Venerdì, 28 maggio 1965
Diletti figli e figlie.
Vi apriamo il cuore e le braccia al più affettuoso dei saluti, e vi ringraziamo della consolazione che Ci procura la vostra presenza. L’incontro di oggi ha infatti un significato tutto particolare: non è occasionale, non è casuale, non è, diciamo così, protocollare; ma è un incontro tra amici, tra persone care, che si conoscono a vicenda; ma è un ritrovarsi insieme dopo anni di lontananza; ma è un ravvivare sentimenti dolcissimi, che abbiamo provato la prima volta, quando Ci recammo in mezzo a voi, negli anni del Nostro ministero pastorale a Milano.
Ricordiamo ancora con viva consolazione l’accoglienza rispettosa e reverente e cordiale che voi, diletti Dirigenti e Maestranze della Filotecnica Salmoiraghi, riservaste al vostro Arcivescovo, il pomeriggio del 20 novembre del 1957, in occasione della Missione cittadina. E ora, volendo degnamente commemorare il primo centenario di vita della vostra rinomata Società, avete rinnovato quegli istanti di fede e di spirituale fusione dei cuori, portandoci l’espressione della vostra immutata fedeltà.
Così ricordiamo con sentita compiacenza il Nostro incontro con voi, diletti Dirigenti e Maestranze della Società Fratelli Testori, quando, nel 1956, salimmo a Sormano per benedire quel moderno stabilimento di filatura, che allora si inaugurava. Sappiamo che oggi gli operai di Sormano sono venuti qua, con i loro colleghi di lavoro di Novate Milanese, in occasione del 60° anniversario di fondazione della Società, che ben conosciamo.
Ci piace dunque pensare che le vostre due Industrie hanno voluto restituirCi la visita, da Noi compiuta in quegli anni lontani: e vi ringraziamo per il pensiero filiale.
Vorremmo che il ricordo di questo incontro romano, aperto come una parentesi serena sul faticoso fluire dei giorni del vostro lavoro, rimanesse impresso a fondo in ciascuno di voi, a conforto, a premio, a incoraggiamento nel vostro impegno di uomini, di cristiani, di lavoratori.
Vorremmo che la consapevolezza di questa triplice vocazione, che vi definisce nella vostra più intima e reale e sacra dignità, vi accompagnasse sempre, nelle varie applicazioni della vita, per nobilitare essenzialmente ogni vostra attività, anche la più modesta, anche la meno appariscente o meno considerata dagli altri.
Siete uomini, siete cristiani, siete lavoratori. Uomini, creati a immagine e somiglianza di Dio; uomini che portano nello spirito immortale l’orma vitale e soavissima della intelligenza, della potenza, della volontà divina; posti infinitamente al di sopra della materia inerte, liberi, attivi, forti, chiamati a prolungare nel mondo, nella famiglia e nel lavoro, l’opera creatrice del Signore. Cristiani: redenti dal Salvatore Divino, da Lui ricreati e rigenerati alla vita della grazia; consapevoli della ferita lasciata dal peccato originale, ma in Lui fatti ora figli del Padre ed eredi del Cielo, membri operanti e attivi della Chiesa, cementati gli uni con gli altri nel vincolo della carità.
Lavoratori, infine: che portano il peso talora opprimente, forse monotono della propria condizione umana, ma chiamati a piegare la materia, a trasfigurarla, a imprimerle la finalità superiore voluta dal pensiero, e farla servire alla gloria di Dio e alla utilità dei fratelli.
Sono tre valori che non si oppongono, che non si escludono a vicenda, quasi che la pienezza della vita cristiana sia di remora e di ostacolo, e non piuttosto di completamento, di perfezione, di armonioso equilibrio sia dei valori umani sia dell’efficienza del lavoro. La tentazione dell’autosufficienza e dell’orgoglio, insita in ogni cuore fin dalla caduta del primo uomo, può raggelare tante buone energie, può chiudere la mente e il cuore, impedendo di vedere e di amare la gloria di Dio, può far precipitare nell’aridità, nella durezza, e alla fine nella delusione. È una tentazione a cui anche voi potreste soggiacere. Come dicevamo appunto in quei giorni della Missione di Milano, parlando ad operai dell’industria, «chi fa della tecnica ed è occupato come voi a costruire degli stupendi strumenti, chi, come voi, è riuscito a scoprire forze segrete fino a pochi anni fa, e a strapparle dal regno della natura, imprigionandole e domandole, spesso non può trattenersi dal dire: "Obbedisci, Natura, a me, sono io che comando! Io uomo, io primo scopritore, io scienziato, io ingegnere, io tecnico, io operaio! . . .". Questa padronanza, questa vostra stupenda abilità nel mettere le forze naturali a servizio dell’uomo può farvi credere di essere molto bravi - e lo siete, in verità -; ma bravi al punto da dimenticare che le forze e le leggi di cui vi siete impadroniti non le avete create voi . . . Ed ecco, allora, che le vostre difficoltà a sentire i problemi religiosi, i problemi dell’infinito e dello spirito; i problemi che spiegano l’universo in cui siamo, da ostacolo diventano scala per salire a Dio» (La Missione di Milano 1957, pp. 186-7).
E allora vi diciamo: ricordate sempre questa vostra vocazione, che vi preordina a Dio nell’adempimento del dovere quotidiano; voi siete chiamati a compiere, in voi e attorno a voi, la sintesi completa e gioiosa della vostra vocazione di uomini, di operai, di cristiani; da voi, operai cristiani, la Chiesa si aspetta la volonterosa applicazione dei principii della sua dottrina sociale, come abbiamo rilevato qualche giorno fa ad altro gruppo industriale, per «farla passare dall’enunciazione teorica alla sua realizzazione pratica, difenderla dal sospetto di mera predicazione dimostrativa, e darle attuazione concreta nel mondo contemporaneo» (L’Osservatore Romano, 16 maggio 1965); da voi, operai cristiani, la stessa società attende un contributo insostituibile per il proprio continuo progresso nella pace e nell’ordine, per il conseguimento del vero benessere.
Ecco, diletti figli e figlie, quanto abbiamo desiderato dirvi con semplicità in questo lietissimo incontro, aprendo il Nostro cuore alla soavità dei ricordi del passato, e alla fioritura di speranze per l’avvenire. Noi auguriamo alle vostre due egregie Società di trarre dai luminosi traguardi felicemente raggiunti sempre nuovi incrementi e lusinghiere affermazioni.
Una parola di compiacenza e di augurio dobbiamo aggiungere per chi ha merito nella fondazione, nello sviluppo, nella rinomanza delle due Ditte qui presenti: il nome della «Filotecnica Salmoiraghi» fa onore all’industria italiana per l’incremento scientifico e tecnico impresso alla ben nota impresa dell’illustre Senatore Ing. Angelo Salmoiraghi, e per lo sforzo mirabile e competitivo, sempre continuato sugli esempi del Fondatore, nella celebrata produzione di strumenti ottici, topografici, geodetici, fotografici di alta precisione e d’indiscussa utilità. All’attuale chiarissimo Presidente Professor Carlo Masini, a Noi ben caro anche per altri titoli, ai componenti del Consiglio d’Amministrazione, ai Dirigenti e alle Maestranze tutte, le Nostre felicitazioni per così onorata e promettente celebrazione centenaria della loro Società.
Ai promotori, ai direttori della Ditta Testori dobbiamo parimente le Nostre congratulazioni; essa merita d’essere citata ad esempio fra le imprese familiari, che per l’abilità e la dedizione dei loro dirigenti hanno saputo seguire ed emulare le grandi imprese dell’industria tessile lombarda, unendo alla perizia tecnica e alla probità amministrativa una vigile ed effettiva sollecitudine verso l’applicazione della sociologia cristiana nell’ambito aziendale. Noi ben conosciamo quanto i Signori Testori e fra tutti l’egregio Ing. Angelo Testori hanno fatto per dare alla loro Ditta questo encomiabile vanto, e volentieri li lodiamo e li incoraggiamo, lieti Noi stessi d’aver avuto nel campo dell’Azione Cattolica lo stesso Ing. Angelo Testori come zelante Presidente della Giunta Diocesana milanese e solerte collaboratore in altre opere, che, come l’UCID e il Comitato permanente dell’Istituto Toniolo, godono tuttora del valido contributo della sua attività. A lui, al suo fedele collaboratore il Comm. Faroldi, ai loro Familiari e a tutto il Personale della Ditta Testori voti d’ogni bene.
Perciò a voi tutti Noi siamo accanto col Nostro affetto e con la Nostra preghiera, invocando su di voi e sui vostri cari ogni più bella grazia del Signore, di cui vuol essere pegno e riverbero la Nostra Benedizione Apostolica.
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