DISCORSO DI PAOLO VI
A CHIUSURA DEGLI ESERCIZI SPIRITUALI IN VATICANO
Sabato, 5 marzo 1966
Il primo atto è quello d’un fervido ringraziamento al Signore per averci largito la grazia di poterci raccogliere a meditare cose importanti, elette, vitali, e che interessano il nostro destino e l’avvenire della Chiesa.
È, questa, una grazia che davvero merita la nostra speciale riconoscenza. Perciò non termineremmo bene il nostro Ritiro senza dire al Signore un Deo gratias, tutti insieme e nel modo più cordiale.
Sua Santità vuole, poi, ringraziare gli intervenuti, appunto per la loro presenza, assistenza, assiduità, notata e posta in risalto dal Monsignor Vescovo predicatore. Se questi ha avuto da ciò sentita consolazione, tutti ne siamo, del pari, lieti, giacche nella corona di persone, che circondano il Papa e sono di Lui così esemplari e zelanti collaboratori, c’è pure la comunione di sentimenti e di propositi nella agevole confluenza di concorde preghiera. L’essere un cuor solo ed un’anima sola specialmente qui, nel cuore della Chiesa, è cosa mirabile, promettente; da considerare quale dono singolarissimo del Signore.
Da tale pienezza deriva, quasi a coronamento delle ultime parole ascoltate, che l’essere noi uniti e l’essere uniti in Cristo, nella preghiera e con una convergenza di sentimenti e propositi tali da renderci più idonei ai nostri uffici, costituisce altissimo motivo di ringraziamento alla Divina Bontà.
Ancora dunque a tutti e singoli l’espressione del compiacimento paterno per l’edificante presenza e la sentita collaborazione in così precipua attività spirituale.
Infine un particolare grazie al venerato Fratello che ha intrattenuto gli ascoltatori così bene, con parole tanto vere, nutrienti, facili e al tempo stesso profonde, sui temi che interessano i nostri rapporti con Dio e il bene, la formazione e la perfezione della nostra anima. A lui - dice il Santo Padre - siamo obbligati: e cercheremo di compensare con il buon ricordo e con la preghiera questa sua carità, tanto più preziosa perché aggiuntasi ad un apostolato già tanto meritorio e noto. Gli saremo obbligati anche perché, una volta di più, egli ci ha ricordato quanto sia fruttuoso, inesauribile il concentrare i nostri pensieri sul Maestro Divino, sulla sua parola, sul suo Vangelo: il che è quanto dire il punto prospettico di tutta la nostra teologia, della nostra scienza di Dio e della nostra vita spirituale. Abbiamo qui un’utile indicazione di metodo, che speriamo di poter conservare e iscrivere fra i nostri propositi, a seguito dei compiuti Esercizi.
Altro motivo ancora di gratitudine all’oratore è quello di avere egli sempre fatto rilevare, nelle sue meditazioni e istruzioni, come il Concilio può essere fecondo di vita spirituale. Non è soltanto una legge esteriore, non soltanto una grande pagina di teologia o di scienza sacra; può essere, deve essere anche una sorgente per il nostro continuo miglioramento spirituale. Dobbiamo poter attingere alle parole e norme del Concilio - che notiamo sempre più ispirate dal Signore, e benedette anche nelle circostanze in cui sono state pronunciate -, uno stimolo, un invito e un aiuto, per ognuno di noi, sì da meglio rispondere alla nostra vocazione sacerdotale e agli uffici che la Chiesa di Dio ha conferito a ciascuno.
Con questo saluto e con l’atto di riconoscenza di ogni cuore, il Santo Padre intende ora impartire ai presenti la Sua Benedizione Apostolica, che già ha preparato stamane, celebrando la S. Messa per i Signori Cardinali, e per tutti i Presuli e Prelati appartenenti alla carissima Curia Romana.
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