DISCORSO DI PAOLO VI
AL GRUPPO DEGLI ORAFI, DEI GIOIELLIERI,
DEGLI OROLOGIAI E DEGLI ARGENTIERI D'ITALIA
Venerdì, 4 novembre 1966
Salutiamo il distinto e numeroso gruppo degli Orafi, dei Gioiellieri, degli Orologiai e degli Argentieri d’Italia, che in occasione del XX anniversario della ricostituzione della loro Organizzazione nazionale si sono riuniti in questi giorni a Roma, e che, sotto la guida dell’illustre gioielliere romano Signor Davide Ventrella, vengono ora a farci visita ed a chiederci la Nostra Benedizione.
Li accogliamo molto volentieri. Essi non Ci sono del tutto ignoti, perché nel periodo del Nostro ministero pastorale a Milano eravamo soliti a recarci nella chiesa di San Sebastiano - tempio civico fatto costruire da San Carlo dopo la peste - dove si trova un altare, dedicato a Sant’Eligio, orafo in Francia al tempo dei Merovingi, al secolo settimo, e poi Vescovo di Noyon-Tournai, Protettore degli Orafi; e là Ci incontravamo con un folto gruppo di illustri appartenenti a questa professione e benemeriti per i doni che essi facevano dei loro lavori alle chiese bisognose e per la testimonianza religiosa e sociale che Ci davano. Ed ecco che l’incontro si ripete in un quadro più largo, su scala nazionale, in questa occasione; e Noi ne siamo felici.
Siamo felici di porgere a voi, membri dell’Unione delle varie Federazioni nazionali e delle Associazioni territoriali di categoria e organizzati nella «Confedorafi», il Nostro cordiale e beneaugurante saluto, che, tramite vostro, vorremmo giungesse a tutti quanti operano, sia nella lavorazione che nel commercio, nel settore che voi qui Ci rappresentate.
E non possiamo esimerci dal ripensare, quasi sollecitati dalla vostra presenza, come la Chiesa, per il culto divino e per l’onore dei Santi, abbia sempre ricorso alla vostra arte per derivarne gli oggetti sacri più belli e più preziosi, fulgenti talvolta non solo per la preziosità della materia, ma ben più per la multiforme squisitezza dell’arte. Perché codesta ricchezza, raffinata ed ostentata, è associata alle forme ed alle espressioni religiose, le quali, per sé, spirituali come sono, non si direbbero bisognose degli ornamenti preziosi? che la vostra professione loro esibisce? E la risposta è facile? non solo per la documentazione che le viene dal più diffuso ed antico costume umano, prodigo alla religione, qualunque sia, dei suoi tesori più belli, ma per la virtù espressiva, che acquista una materia preziosa, resa ancora più pregiata dalla tecnica e dall’arte con cui è lavorata e presentata. L’opera vostra entra a buon diritto nel regno dell’arte, e dell’arte assume il linguaggio, e perciò la cittadinanza ai primi posti delle espressioni della civiltà; la quale raggiunge il suo vertice precisamente nel momento religioso. Succede allora che le opere vostre, così belle, così abbaglianti di preziosità e di finezza, sono investite da una bellezza misteriosa e superiore, quella dello spirito, quella del significato ch’esse rivestono. Basti ricordare le parole del Prefazio consecratorio per l’ordinazione d’un Vescovo, dove questo concetto è chiaramente proclamato celebrando la dignità del Vescovo rivestito degli splendidi ornamenti del suo ministero e svolgendo questo criterio: quegli ornamenti, chiamati adombramenti, velami, vogliono avere nel fulgore dell’oro, nello scintillio delle gemme e nella varietà d’un molteplice lavoro, un valore di segno, vogliono significare una bellezza morale, uno splendore di virtù e di azioni (cfr. Pont. Romano). E tutta la storia della Chiesa, da quando Maria, sorella di Lazzaro, spezzò il suo vaso d’alabastro per versare sui piedi di Gesù il profumo prezioso (cfr. Io. 12, 3; Matth. 26, 7), è là per documentare quanto, quanto il culto cattolico si sia valso della vostra arte e quanto la devozione del popolo cristiano abbia saputo estrarre da codesta arte di ricchezza, di bellezza, di spiritualità. Vengono alla Nostra memoria, fra i tanti capolavori celebri, l’altare d’oro di S. Ambrogio a Milano, la pala d’oro della Basilica di S. Marco a Venezia, e il tesoro della Cattedrale di Monza recentemente riordinato, e questo di S. Pietro, e l’inestimabile collezione di cimeli dell’oreficeria sacra del Museo sacro della Nostra Biblioteca Vaticana, collezione che nessuno studioso fra voi dovrebbe ignorare.
E sono questi fugaci, ma luminosi ricordi che suggeriscono l’attestato di alta stima, che nutriamo per la vostra professione, capace appunto di imprimere a materie preziose più preziosi valori. Vero è che il gioiello, come ogni ornamento, può facilmente diventare tentazione per la vanità, l’avarizia, la venalità, la superstizione dell’uomo, e può far dimenticare certi aspetti della vita, che non dovrebbero essere mai dimenticati, come la povertà di spirito per noi e la povertà materiale del nostro prossimo; ma per l’importanza che l’ornamento ha nella vita dell’uomo e per certi servizi indispensabili che il vostro lavoro rende ad essa (basta ricordare che fra voi sono anche gli orologiai: che sarebbe il nostro mondo senza di loro?), la vostra categoria merita il Nostro apprezzamento ed il Nostro voto, che, per quanto è da Noi, si dirige verso i beni migliori a cui essa può rivolgere la sua bravura squisita: verso l’arte, dicevamo, verso i significati spirituali della vostra arte, e verso la ricerca e la conquista di quei veri tesori, che valgono tutti gli altri, e che hanno fatto degna la vostra professione d’essere segnalata a simbolo del regno dei cieli: «Il regno dei cieli è ancora simile ad un uomo cercatore di gemme preziose; avendo trovato una gemma di grande valore, se ne va a vendere tutto ciò che possiede e se la compra» (Matth. 13, 45-46).
Grazie della vostra visita. Auguri per la vostra intelligente ed onesta attività. E così vi assista Iddio, come Noi auspichiamo con la Nostra Benedizione Apostolica.
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