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DISCORSO DI PAOLO VI
AL SACRO COLLEGIO E ALLA PRELATURA ROMANA

Venerdì, 22 dicembre 1967

 

A Lei, Signor Cardinale Decano, sempre autorevole interprete del Sacro Collegio, ai Signori Cardinali presenti di persona o di spirito ed ai venerati membri della Curia Romana e della Diocesi di Roma, come pure agli appartenenti alla Nostra Cappella e alla Nostra Famiglia Pontificia qua intervenuti, esprimiamo il Nostro cordiale ringraziamento. Ringraziamento per gli auguri natalizi, espressi in forma così eletta, resa solenne da questa tradizionale, ma sempre singolare Udienza. Ringraziamenti per le preghiere e per i voti che hanno accompagnato in questi ultimi mesi la Nostra infermità, e che sono certamente non ultima causa del suo superamento. Ringraziamenti per la devozione, per l’adesione, per la collaborazione che voi prestate all’opera, della Sede Apostolica e della modesta Nostra fatica. E con i ringraziamenti vogliate accogliere il ricambio dei Nostri voti, quali il Natale pone nel cuore, derivati cioè dall’effusione di bontà e di grazia, che l’ineffabile mistero dell’Incarnazione del Verbo Divino mette a Nostra disposizione, e che il Nostro ministero di fede e di carità in virtù del Nostro Salvatore Cristo Gesù, che abbiamo indegnamente la somma ventura di rappresentare, vorrebbe tesoreggiare e dispensare nella più larga misura.

È così dolce per Noi, e al tempo stesso così importante il momento che codesta presenza, solo pervasa da motivi spirituali, Ci concede che una volta ancora Ci sentiamo sollecitati a discorrere con voi di ciò che unicamente interessa l’animo Nostro ed i vostri certo non meno: le cose cioè della Chiesa, osservate e vissute da questo suo centro, che insieme a Noi solidalmente tutti vi impegna. Possiamo tacere, in occasione così propizia all’apertura dei cuori, alcune semplici osservazioni sugli avvenimenti, che hanno caratterizzato quest’ultimo semestre, e di cui voi siete i primi operatori e osservatori? Non vi dispiaccia se, ad onore di codesta visita ed a conforto della collaborazione, che tanto preziosamente Ci prestate, ve ne facciamo qualche brevissima parola.

1. CONCISTORO: NUOVI CARDINALI , CARDINALI DEFUNTI E CARDINALE LÉGER

Possiamo Noi, per cominciare, non guardare con riverenza e con compiacenza al Sacro Collegio, che ha assunto dimensioni e funzioni di tanto rilievo?

Nel salutarvi perciò, Signori Cardinali, abbiamo il piacere di rivolgere un particolare pensiero a coloro tra di voi che qui si trovano per la prima volta. Alludiamo ai Cardinali da Noi creati nel Concistoro del giugno scorso, che ha visto aumentare il numero dei componenti del Sacro Collegio, in relazione specialmente alle aumentate necessità di lavoro e di consulta negli organismi della Curia Romana. Lo dicevamo nelle Allocuzioni tenute durante le varie cerimonie che hanno accompagnato il Concistoro e amiamo richiamarlo ora: Ci sarà sempre di grande conforto la vostra fattiva assistenza e il vostro autorevole consiglio.

Un deferente e doveroso omaggio rendiamo inoltre alla venerata memoria degli illustri Porporati che hanno chiuso la loro giornata terrena dall’annuncio del Concistoro ad oggi, eminenti figure di pastori e apostoli, i Signori Cardinali Joseph Elmer Ritter, venerato Arcivescovo di Saint Louis nel Missouri; Ernesto Ruffini, zelante e illustre Arcivescovo di Palermo; Tommaso Tienchensin, Arcivescovo «impedito» di Pechino; Giuseppe Cardijn, fondatore del provvidenziale movimento della «Gioventù Operaia Cattolica»; e recentemente l’Arcivescovo di New York, Francis Spellman, tanto noto e compianto, e tanto devoto verso questa Sede Apostolica. E poi il venerato e ieratico Patriarca dei Melchiti, Maximos IV Saigh, e da ultimo Antonio Riberi, caro Nostro compagno di studi e fedele amico. Accompagniamo poi il Nostro diletto Figlio, il Card. Paul Emil Léger, che, sempre restando membro del Sacro Collegio cardinalizio, ha lasciato in questi giorni l’arcidiocesi di Montréal per dedicarsi con esemplare abnegazione all’apostolato nelle missioni africane e fra i lebbrosi, con un fervido benedicente augurio.

2. SYNODUS EPISCOPORUM

Tra gli avvenimenti che toccano la vita interna della Chiesa, quello che ha maggior rilievo in questo periodo è senza dubbio il «Synodus Episcoporum», che per la prima volta si è riunito qui in Roma, tenendo le sue sessioni in aule appositamente preparate nel Nostro Palazzo Apostolico.

La revisione del Codex Iuris Canonici fu il primo dei cinque argomenti presentati alla discussione del «Synodus»; seguirono gli altri quattro: i Seminari, la riforma liturgica, la Dottrina della Fede e la disciplina dei matrimoni misti.

Fu per Noi graditissimo recarCi qualche volta all’aula sinodale per seguire di persona le discussioni ed incontrarci con i Nostri Fratelli nell’Episcopato, ai quali, durante il Sinodo, concedemmo udienza individuale o per gruppi; se le Nostre forze fisiche, indebolite in quel periodo da infermità, Ce lo avessero consentito, avremmo partecipato con maggiore frequenza alle riunioni di questo nuovo organo consultivo, nel quale si riflette il pensiero dell’intero Collegio episcopale.

Nonostante i limiti imposti dalla Nostra malattia, abbiamo seguito con diligente attenzione i lavori del Sinodo giorno per giorno, leggendo o ascoltando le accurate relazioni che Ce ne facevano i Signori Cardinali Presidenti Delegati ed i Nostri più vicini collaboratori.

Molto interesse ha destato la prima riunione del Sinodo, non solo all’interno della Chiesa, ma anche negli ambienti al di fuori di essa. Intendiamo pertanto profittare del contributo ch’esso può dare al governo della Chiesa, perfezionandone anche il funzionamento in base alla prima esperienza.

Mentre diamo doverosamente atto del profondo impegno e del grande senso di responsabilità con i quali i Padri hanno affrontato il lavoro loro richiesto, desideriamo ancora una volta ringraziarli del prezioso contributo che Ci hanno offerto, assicurandoli che le proposte e i suggerimenti emersi dai dibattiti sinodali Ci saranno presenti nelle deliberazioni che in virtù del Nostro pastorale servizio nella Chiesa dovremo prendere su tanti problemi così importanti e delicati.

3. RIORDINAMENTO DELLA CURIA

Dobbiamo poi ricordarci, come di fatto notevole, della così detta riforma della Curia Romana.

Questa parola «riforma», al confronto del significato assunto in altre condizioni storiche, appare, nel caso nostro, più grave del necessario. Ci piace ripetere che i disordini e gli abusi, di cui questo termine richiama gli infelici ricordi, non erano e non sono presenti nel caso nostro. Meglio si è parlato di «aggiornamento»; Noi potremmo dire riordinamento, coraggioso riordinamento, se volete, che non di vera e propria correttiva riforma: e di riordinamento e di restauro ha sempre bisogno ogni istituzione umana, come appunto la Curia Romana, anche se ha prestato preziosi servizi, e se, pur subendo l’usura del tempo e l’urto delle nuove situazioni storiche, è rimasta fedele alle sue finalità istituzionali. Così abbiamo voluto fosse la riforma, o meglio l’aggiornamento, il riordinamento della Curia Romana, riportandola con una certa gradualità ad una funzionalità conforme alle esigenze dei tempi nuovi ed ai suggerimenti del recente Concilio.

Due sono gli strumenti giuridici che hanno definito i termini di questo rinnovamento: il «Motu Proprio» Pro comperto sane del 6 agosto 1967, che determina l’inserimento di Vescovi residenziali nelle Sacre Congregazioni, come membri di pieno diritto, e la Costituzione Apostolica Regimini Ecclesiae Universae, pubblicata il 15 agosto, che tocca tutto l’insieme degli Uffici e dei Dicasteri, di cui si compone la Nostra Curia.

La Costituzione dà le linee del nuovo ordinamento, stabilisce in maniera più esatta le varie competenze, alcuni organismi di vecchia data sono rinnovati nello spirito e nelle attribuzioni, e ricevono dall’interno una struttura più moderna; alcuni cessano dalle loro funzioni, e subentrano altri istituiti ex novo, secondo le nuove esigenze del Nostro ministero.

È in atto l’applicazione del criterio di dare alla Curia una fisionomia maggiormente internazionale; va ora in vigore la norma che, fissando un limite di tempo nella durata dell’ufficio, consentirà un opportuno avvicendamento nelle alte cariche direttive dei Sacri Dicasteri; si offre, infine, la possibilità di mettere in valore il consiglio di laici sperimentati ed anche, per certi specifici lavori, l’opera di buone Religiose.

Dal punto di vista normativo, la riforma non è ancora completa; lo diverrà quando nei prossimi mesi saranno pubblicati i Regolamenti che sono ancora in via di elaborazione da parte delle competenti Commissioni, e che avranno per oggetto la struttura ed il funzionamento dei nuovi uffici.

Ma vi è un’altra riforma, in senso ascetico, a cui molto teniamo, che non riguarda sempre precise norme di diritto, ma è opera di ciascuno di noi, del nostro modo di pensare, di agire e di servire con spirito di fede e di sacrificio; riforma, o rinnovamento spirituale, più intimo e più profondo, anche se meno appariscente, che si realizza nelle persone, che così da vicino collaborano con Noi, e che si rendono sempre più pronte e sensibili nel cogliere le numerose istanze che dalle Chiese locali giungono alla Chiesa di Roma, centro dell’universale «coetus caritatis» (cf. S. Ignat. Ant.). Noi elogiamo ed incoraggiamo questo nuovo spirito che anima voi, diletti Figli, e tutti coloro che prestano con voi i loro servizi; e vi diciamo la Nostra soddisfazione nell’osservare quotidianamente che voi siete collaboratori fedeli e coscienti del Nostro «munus pastorale in universam Ecclesiam», al quale avete l’onore e l’onere di collaborare.

4. ENCICLICA SUL CELIBATO

Noi non parleremo ora d’un documento di decisiva importanza, l’Enciclica Sacerdotalis Caelibatus, perché appartiene al semestre precedente, portando la data del 24 giugno; ma non possiamo tacere la compiacenza per l’accoglimento favorevole ch’esso ha avuto da parte dell’Episcopato e del Clero fervoroso e impegnato nella fedeltà alla sua vocazione e nella fatica del suo ministero pastorale. Non ignoriamo le difficoltà che la legge del sacro celibato oggi presenta, sia per le condizioni ambientali, in cui si svolge la vita del Clero, e sia per le discussioni che si vanno facendo su tale legge quasi a metterne in dubbio l’opportunità e la spiritualità; ma dobbiamo dare testimonianza alla comprensione e alla fedeltà che la grandissima maggioranza del Nostro Clero latino tributa coraggiosamente a questo arduo e sublimante dovere; così profondamente collegato con la totalità e l’unicità dell’amore che lega a Cristo il suo ministro, e così venerato e reclamato dal concetto che di lui si è fatto e di lui difende il buon popolo cristiano. Vogliamo con questo fugace e affettuoso accenno sostenere i Nostri dilettissimi Sacerdoti nella fedeltà integra e gioiosa allo stato da essi scelto e dalla Chiesa sancito: oblazione alla carità che sola possiede i loro cuori, e segreta sorgente della migliore efficacia e della maggiore fecondità del loro ministero.

5. MESSAGGIO ALL'AFRICA

Di un altro Nostro documento vogliamo far cenno.

Nella festa di Cristo Re, il 29 ottobre, abbiamo indirizzato una speciale parola all’Africa, un Messaggio, espressione del Nostro pensiero, del Nostro affetto e anche dei Nostri timori, ma soprattutto delle Nostre speranze e della Nostra volontà di servire questi popoli, moltissimi dei quali sono entrati da poco quali comunità politiche indipendenti nella scena internazionale.

Nel dirigere la Nostra parola a tutta l’Africa, abbiamo delineato i gravi e numerosi problemi ai quali essa deve far fronte nel suo movimento di crescita e di assestamento, ed abbiamo voluto manifestare in particolar modo il rispetto della Chiesa per i valori morali e religiosi della tradizione africana.

Nell’inserirsi quale forza rinnovatrice in questi popoli, la Chiesa prende ancora maggior coscienza della sua universalità, del suo potere di adattamento, della sua capacità di modellare, sviluppandolo ed elevandolo, il germe vivo della multiforme civiltà umana.

Inoltre, la sollecita corrispondenza di tante popolazioni alla chiamata di Cristo, Ci spinge a considerare l’evangelizzazione dell’Africa come una fase importante nel piano divino della salvezza dell’umanità, che coinvolge la responsabilità di tutti i cattolici.

Le calde adesioni che il Messaggio ha suscitato, Ci danno speranza che l’opera missionaria riceverà nuovo impulso, le strutture ecclesiastiche si faranno maggiormente valide, la catechesi si adeguerà sempre più ai bisogni dell’anima africana e si moltiplicheranno le mani amiche, che aiuteranno questi popoli nel cammino verso un avvenire di progresso, di pace e di solidarietà.

6. DOPO I DOCUMENTI, GLI AVVENIMENTI

Visita a Istanbul alle Autorità Turche

Singolare avvenimento è stato il Nostro viaggio in Turchia, dove abbiamo avuto l’onore di incontrare le Autorità Turche e di presentare loro i Nostri omaggi. Ci appare giusto ancora una volta attestare che quelle Autorità Ci hanno offerto la più squisita accoglienza, che è espressione delle buone relazioni intercorrenti tra la Santa Sede e la Nazione Turca, in mezzo alla quale il Nostro Predecessore di v. m., Giovanni XXIII, trascorse ben dieci anni della sua vita, spesa tutta a servizio di quella popolazione e della Chiesa. Là ancora persiste vivo il ricordo della sua bontà, del suo spirito comprensivo ed ecumenico.

Visita al Patriarca Atenagora

Incontrammo nella stessa circostanza S.S. il Patriarca Atenagora, prevenendo così la visita che egli si proponeva di farci, e ciò abbiamo fatto col fine soprattutto di onorare personalmente l’illustre e venerando Patriarca ecumenico e di apportare a lui l’annuncio dell’anno commemorativo del Martirio dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.

Questa visita Ci ha offerto la possibilità di continuare direttamente il colloquio iniziato nel gennaio del 1964, quando Ci recammo a Gerusalemme.

L’oggetto primario della Nostra conversazione fu lo studio del cammino da percorrere per giungere al ristabilimento della perfetta comunione tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa.

Incontro con i Capi delle altre Chiese Cristiane e delle Religioni non-Cristiane

Il viaggio Ci diede anche la gioia di poter incontrare altri Capi delle differenti Chiese Cristiane e delle Religioni non-Cristiane: con tutti abbiamo avuto la possibilità di un colloquio, anche se brevissimo per la rapidità del Nostro viaggio, e da tutti abbiamo avuto la più sincera e gentile accoglienza.

Pellegrinaggio ad Efeso

Ci fu particolarmente caro il pio pellegrinaggio ad Efeso per onorare la Madre di Dio nell’area del tempio, che accolse i Padri del Concilio Ecumenico, i quali nel 431 proclamarono il dogma della Maternità divina della Vergine Maria.

Visitammo pure ad Efeso, sulla collina che sovrasta le rovine dell’antica e fastosa città, nella visione di un panorama incantevole, il luogo dove la Madonna - secondo una pia tradizione - avrebbe trascorso diversi anni della vita insieme all’Apostolo Giovanni.

Detto luogo, come ben sapete, è meta di pellegrinaggi anche da parte dei fedeli musulmani, che pure onorano la Madre di Gesù.

In quel recinto reso sacro da tante memorie cristiane abbiamo pregato con tutto il fervore del Nostro animo per l’unità e la santità della Chiesa di Cristo, per l’affratellamento dei popoli e perciò per la pace nel mondo.

Visita del Patriarca Atenagora

Questo Nostro viaggio, come ognuno sa, ha avuto un epilogo, che Noi non esitiamo a definire storico; la visita cioè che, alla fine dello scorso ottobre, Noi abbiamo avuto la fortuna e l’onore di ricevere da Sua Santità il Patriarca ecumenico ortodosso Atenagora. Sono certamente ancora nelle menti e nei cuori le immagini e i pensieri che tale incontro produsse. Roma cattolica ha esultato. Roma dei Santi Pietro e Paolo ha cercato di rievocare quali vincoli di fraternità e di venerazione leghino tuttora, a distanza di secoli, la Chiesa romana alla Chiesa orientale ortodossa, ed ha ulteriormente sussultato di commozione nell’interpretare il singolarissimo avvenimento come un presagio di divini, amabili disegni.

Quale gioia, quale piacere poter riabbracciare il Patriarca Atenagora sulla soglia della Basilica del Principe degli Apostoli e quale commozione poter pregare insieme sul luogo dove sono state deposte le sacre Spoglie del Pescatore di Galilea, a cui Gesù affidò, nell’imperscrutabile Suo piano divino, la cura pastorale della Chiesa da Lui fondata.

Con le più pure e sincere intenzioni abbiamo pregato affinché lo Spirito Santo guidi tutti i seguaci di Cristo nel cammino verso l’unità, quale Cristo volle per la sua Chiesa.

7. CONGRESSO MONDIALE DEI LAICI

Tra gli avvenimenti di questi ultimi sei mesi, che riguardano la vita interna e l’attività della Chiesa, occupa un posto di rilievo, sia per gli argomenti trattati, sia per il numero e la qualità dei partecipanti, sia per le conseguenze nel futuro e la risonanza nel mondo, il Terzo Congresso Mondiale per l’Apostolato dei Laici, che ha avuto luogo a Roma dall’il al 18 ottobre scorso.

Esso ha riunito circa tremila persone, delegati di gruppi nazionali e di organizzazioni cattoliche internazionali, consulenti ed esperti del vasto movimento che viene sotto il nome di «Apostolato dei Laici», e Osservatori di Comunità non cattoliche. Il tema proposto al loro studio riguardava «il Popolo di Dio nel cammino dell’umanità»; ed essi, distribuiti in vari gruppi di lavoro o adunati in assemblea plenaria, hanno approfondito, esaminato e discusso l’ampio argomento, e sopra alcune questioni particolari hanno formulato proposte e risoluzioni, che formeranno oggetto di attenta considerazione da parte del «Consilium de Laicis» e degli altri Dicasteri competenti.

Molte cose sono state dette in quel convegno, e molto è stato scritto intorno ad esso e molto bene, anche se non tutto è senz’altro da approvarsi o da condividere. Delle non poche cose buone che ne sono emerse, vorremmo qui segnalarne una in particolare: il senso, cioè, di responsabilità e di disponibilità per la Chiesa, che anima il Laicato cattolico. I laici - ed è un segno senza dubbio molto incoraggiante - si sentono responsabili, sia nei riguardi dell’umanità intera, alla quale essi vogliono far intendere che la Chiesa è impegnata nell’animazione del temporale, sia nei riguardi della Gerarchia e del Clero, a cui il Laicato intende offrire la propria cooperazione nell’opera di salvezza e di «servizio» che la Chiesa tutta, per volere del suo Fondatore, è chiamata a compiere in mezzo agli uomini.

Noi vorremmo che a tutti questi Figli, che vogliono caratterizzarsi nel popolo di Dio per una generosa dedizione all’apostolato cattolico, una impressione restasse scolpita nella memoria e nel cuore: l’amore che il Papa per loro riserva, la fiducia perciò che in essi ripone e l’invito che a loro rivolge di voler sempre operare in leale armonia con il magistero e con la Gerarchia della Chiesa, non d’altro desiderosa che di vederli esplicare le funzioni loro assegnate dal recente Concilio.

8. LUOGHI SANTI.

Il Nostro sguardo, quasi invitato dall’accenno al Nostro Laicato, si allarga sul mondo; e perciò il Nostro pensiero, in questa circostanza, si porta spontaneamente a Betlemme e da Betlemme a Gerusalemme e agli altri Luoghi Santi della Palestina. La questione che li riguarda rimane tuttora insoluta, a causa di una condizione di cose molto complessa, e a tutti palese nel suo volto esteriore.

Qui basti dire che, com’è suo dovere nei confronti della cristianità, la Santa Sede non ha mancato di far oggetto di sollecita attenzione le iniziative che, in sede internazionale, potevano riferirsi al grave problema; di esso abbiamo parlato con dirigenti qualificati e abbiamo disposto che fossero fatti sondaggi per vagliare le possibilità di abbozzare almeno un inizio di soluzione. Di queste intenzioni abbiamo tenuto al corrente la Gerarchia Ortodossa e quella Anglicana, e si è creduto bene di informarne altresì i Governi, che hanno relazioni diplomatiche con la Santa Sede, nonché il Segretario Generale delle Nazioni Unite.

La questione, vista nei suoi termini generali, offre, ora, a Nostro avviso, due aspetti essenziali e impreteribili. Il primo riguarda i Luoghi Santi propriamente detti e tali considerati dalle tre grandi religioni monoteistiche aventi interesse, la ebrea, la cristiana e la musulmana, e intende tutelare la libertà di culto, il rispetto, la conservazione, l’accesso ai Luoghi Santi medesimi, protetti da immunità speciali mediante uno statuto proprio, alla cui osservanza faccia garanzia un’istituzione di carattere internazionale, con particolare riguardo alla fisionomia storica e religiosa di Gerusalemme.

Il secondo aspetto della questione si riferisce al libero godimento dei diritti religiosi e civili, che legittimamente spettano alle persone, alle sedi, alle attività di tutte le comunità presenti nel territorio della Palestina.

È ovvio che Noi seguiamo tutta la questione con vivissimo interesse, ma altresì con serena vigilanza e con fondata fiducia che essa abbia presso le Autorità competenti e presso la pubblica opinione la favorevole considerazione, che a Noi sembra le sia assolutamente dovuta, per la debita venerazione ai Luoghi Santi, per il bene e nel rispetto dei legittimi diritti di tutti, e per la promozione della pace e della riconciliazione degli spiriti.

9. MEDIO ORIENTE

Il tema conduce a dire una parola sulla situazione che si è formata nel Medio Oriente in seguito ai noti avvenimenti del giugno scorso; essa, com’è noto, ha nuovamente avuto momenti di accentuato pericolo; essa continua ad essere grave per eventuali ulteriori complicazioni. La questione stessa dei Luoghi Santi vi è collegata.

Tuttavia la recente risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che stabilisce l’invio di un rappresentante del Segretario Generale della medesima Organizzazione, Ci sembra costituisca un primo passo positivo nella ricerca di una soluzione, la quale per essere duratura deve improntarsi a giustizia e ragionevolezza.

Com’è facile immaginare, Noi stessi siamo stati da più parti autorevolmente e fortemente sollecitati a fare opera, affinché il conflitto non si cristallizzi in una tregua senza pace, satura di odio e di prospettive di future rivendicazioni, e dannosa, anche ai traffici internazionali, ma trovi leale componimento, specialmente per quanto riguarda la questione dei territori, teatro di sanguinose contese.

Noi abbiamo ferma fiducia e auspichiamo vivamente che l’iniziativa delle Nazioni Unite abbia il sincero appoggio di tutti i responsabili e possa progredire e portare a fecondi risultati.

Un ricordo particolare meritano i profughi vecchi e nuovi, il cui problema aggrava la crisi che travaglia la regione. Ad essi, come a vittime povere e impotenti, va la Nostra simpatia e va l’aiuto che non è mai venuto meno e si è intensificato soprattutto in questo periodo di maggiore necessità. Anche recentemente abbiamo voluto lodare c incoraggiare l’opera svolta a favore dei profughi dalle organizzazioni caritative cattoliche ed invitare a dare alle stesse sostanziale appoggio.

Nel pensare al Medio Oriente, Ci sono anche presenti le prove alle quali sono ora soggette, in una delle Nazioni in conflitto e a Noi sempre cara per tanti motivi storici e civili, le istituzioni scolastiche cattoliche; ma amiamo pensare che il dissidio possa ancora essere risolto con vicendevole soddisfazione.

10. LA PACE NEL MONDO

In questa rapida visione panoramica degli avvenimenti principali della vita della Sede Apostolica in questi ultimi mesi, dobbiamo ora accennare ai due temi principali che ne hanno guidato i sentimenti e l’attività. Vi ha fatto già diretta menzione la parola del Signor Cardinale: la pace e la fede. Essi sono troppo importanti e troppo fecondi, perché anche Noi non ne facciamo menzione.

Nell’esercizio del ministero a Noi affidato dalla Divina Provvidenza, non Ci stanchiamo mai di richiamare l’umanità sulle vie della pace, di ripetere i Nostri appelli, inviare i Nostri Messaggi, ed invitare alla cessazione dei conflitti ed alla ripresa di negoziati coloro nelle cui mani sono le sorti dei popoli; non cessiamo di pregare e far pregare Iddio misericordioso, datore di ogni bene, ut det pacem in diebus nostris; e, nei limiti consentiti dalle Nostre possibilità, Ci adoperiamo per alleviare i dolori delle vittime della guerra e di ogni altra violenza: i feriti, i prigionieri, i profughi, coloro che sono rimasti senza famiglia, senza tetto, senza pane.

Fu a Noi motivo di conforto e di stimolo il sentire che, tutti i Vescovi dell’orbe, per bocca dei loro rappresentanti riuniti nel Sinodo qui in Roma, si associavano al Nostro assillo per la pace, ripetendo l’appello al mondo perché cessino i conflitti e si stabilisca la tranquillità nell’ordine. Il problema della pace è parte così viva dell’attività della Chiesa, che Noi, accogliendo il voto della Costituzione Gaudium et spes del Concilio Vaticano II, abbiamo istituito fin dall’inizio di quest’anno una speciale Commissione che porta il nome di Iustitia et Pax, della quale abbiamo chiamato a far parte, in qualità di membri e consultori, ecclesiastici e laici esperti nel campo dello studio e delle opere connesse con la pace: la giustizia sociale, lo sviluppo, la cooperazione internazionale.

Ed ora, per muovere la volontà di tutti ed unire gli sforzi dei buoni nella ricerca e nella conquista della pace, siamo venuti nella determinazione di indire per tutto l’orbe una Giornata dedicata alla Pace. Ne abbiamo fissato la data al 1° gennaio, sembrandoci questo il giorno più indicato per richiamare alla mente di ogni uomo pensieri di concordia nel nome del «Principe della Pace».

Su questa iniziativa, che sembra incontrare il consenso di molti, scenderà - ne siamo certi - la benedizione del Signore, che comparendo sulla terra, fece proclamare nel cielo di Betlemme: «Pace in terra agli uomini di buona volontà».

11. VIETNAM

E - come ben lo sapete - nel contesto della Nostra azione in favore della pace, il Vietnam ha continuato ad occupare un posto di preminenza, consci come siamo delle rovine e delle vittime causate da quel singolare conflitto o del pericolo che esso costituisce per la pacifica convivenza dei popoli e delle nazioni.

In pubbliche udienze e nei Nostri incontri domenicali in piazza San Pietro, più di una volta il Nostro pensiero e la Nostra preghiera sono stati per quei figli - a Noi dilettissimi - ai quali non è dato ancora di godere i frutti della pace.

Molte voci Ci giungono invitandoci ad esortare una parte belligerante a sospendere i bombardamenti. Noi lo abbiamo fatto e lo facciamo ancora a nome degli inermi che, pur involontariamente, sono vittime di tali azioni militari.

Ma contemporaneamente invitiamo di nuovo anche l’altra parte belligerante - e amiamo pensare di essere in ciò seguiti da quanti possono autorevolmente esercitare determinante influsso in questo senso - a dare un segno di seria volontà di pace.

E lo facciamo ancora in nome di coloro che sono colpiti da atti di terrorismo e di tutto un popolo che soffre, di vite umane inutilmente sacrificate. Cessi la violenza in qualunque forma.

Siamo certi che, come meta finale, non sia da perseguire la vittoria che opprime, bensì la sicurezza, la pace e la libertà per tutti. Il negoziato, franco e leale, è infatti la sola strada costruttiva di una vera pace.

Noi siamo addolorati e stupiti di osservare come sia resa vana ogni disinteressata offerta di mediazione e respinto ogni tentativo di oneste e pacifiche trattative, mentre Ci sembra tuttora possibile una onorevole composizione della dolorosa e minacciosa vertenza.

Estranei ad ogni interesse di parte e solo appassionati dei valori umani in gioco, Noi abbiamo osato offrire la Nostra inerme collaborazione, disposti a cooperare, nel modo più efficace che Ci sia consentito e richiesto, al ristabilimento della vera pace.

12. NIGERIA

Il Nostro pensiero viene poi a posarsi con accorata e addolorata insistenza sulla diletta Nigeria, che non molti anni fa avemmo la fortunata occasione di visitare. Abbiamo seguito con profonda tristezza l’erompere e lo svolgersi di un grave conflitto nelle regioni orientali di quel grande Paese.

Abbiamo apprezzato e, per quanto Ci è stato possibile, spronato ogni iniziativa ed ogni sforzo per favorire la riconciliazione.

Nell’intento di lenire tante sofferenze e evitare ulteriori lutti e lacrime, abbiamo inviato in questi giorni in Nigeria una missione della Caritas internazionale, che col soccorso materiale e morale testimoni in qualche sempre modesta, ma concreta misura la Nostra affezione. E profittiamo dell’imminenza della festa natalizia, che è per tutti un invito alla pace, per rivolgere ai responsabili delle due parti in lotta un nuovo fiducioso appello, affinché venga concordata almeno una tregua che potrà forse ispirare, Dio lo voglia, l’inizio di una nuova via alla concordia di fraterni rapporti.

Al mondo, che trema per il timore di perdere la pace, possa venire dall’Africa l’esempio confortante di una pace ritrovata, segreto di un nuovo promettente avvenire.

13. PAESI DOVE LA CHIESA SOFFRE

Né possiamo tralasciare di confidarvi altra volta l’angustia che rattrista il Nostro cuore al ricordo di quelle porzioni del gregge di Cristo, che ancor oggi Ci appare più vicino al mistero del Presepio e della Croce, perché continua a soffrire pazientemente e con dignità, in maggiore o minore misura, la privazione di quella libertà e dell’esercizio di quei normali diritti, che competono alla Chiesa e alla religione.

Il Nostro pensiero affettuoso va in questo momento ai Pastori, ai Religiosi, alle Religiose ed a tutti i fedeli che vivono in tali dolorose condizioni; e, con il pensiero, il Nostro paterno incoraggiamento, sostenuto dalla costante preghiera e particolarissima benedizione.

Ben sapete come la Santa Sede abbia sempre fatto quanto le diverse circostanze consentivano o consigliavano al fine di alleviare la situazione della Chiesa ovunque essa incontra difficoltà. Sapete altresì che, in qualche caso, i passi intrapresi hanno avuto risultati che ben fanno sperare per il futuro; mentre, in altri - e lo diciamo con animo accorato - l’esito non ha corrisposto alle speranze.

Per parte Nostra, continuiamo a restare pronti ad ogni aperta e leale trattativa, che valga ad assicurare alla Chiesa un completo ed effettivo rispetto dei suoi sacri diritti, senza offesa ai legittimi poteri dello Stato, anzi con suo stesso morale vantaggio.

Ai responsabili della cosa pubblica in quelle dilette Nazioni vorremmo ripetere l’appello rivolto dai Padri Conciliari nel loro messaggio ai Governanti: «La Chiesa non vi chiede che la libertà. La libertà di credere e predicare la sua fede, la libertà di amare il suo Dio e di servirlo, la libertà di vivere e di portare agli uomini il suo messaggio di vita. Non abbiate timore di essa: essa è fatta ad immagine del suo Maestro, la cui misteriosa azione non usurpa le vostre prerogative, ma guarisce l’umano dalla sua fatale caducità, lo trasfigura, lo inonda di speranza, di verità e di bellezza».

Voglia il Cielo esaudire questi Nostri ardenti voti, aprendo ovunque alla Chiesa nuovi orizzonti alla sua missione, apportatrice della vera pace di Cristo.

14. AMERICA LATINA

Nel contesto di tante travagliate ma non di rado promettenti situazioni, con simpatia e profondo affetto il Nostro pensiero va ai popoli dell’America Latina. Ben ne conosciamo i grandi problemi ed il desiderio ardente di progresso e di sviluppo tanto nel campo morale e religioso che in quello sociale.

La penuria di sacerdoti, di religiosi e religiose che, per cause varie e complesse, continua ad affliggere l’America Latina Ci è motivo di viva preoccupazione. Salutiamo quindi e benediciamo di cuore i sacerdoti, le suore ed i laici che anche negli ultimi mesi si sono colà recati portando un prezioso contributo alla vita della Chiesa.

L’aspirazione dei popoli latinoamericani, e specialmente di tanti giovani di buona volontà, al progresso sociale del Continente non Ci lascia insensibili. Ci reca non poca soddisfazione sapere che le Encicliche Sociali ed i Documenti del Concilio Vaticano II sono oggetto di attento studio da parte di sacerdoti e di molti laici sinceramente ansiosi del bene dell’America Latina: li esortiamo paternamente ad approfondirne sempre più e meglio il vero significato ed il genuino valore. Auspichiamo infine che quanti occupano posti di responsabilità sappiano interpretare con lungimiranza e generosità la realtà e le legittime aspirazioni dei loro popoli; invitiamo tutti a respingere la tentazione della violenza, per cercare saggiamente e cristianamente una pace dinamica e costruttiva, fonte di sviluppo e di civile progresso.

15. SITUAZIONE SPIRITUALE

Nel considerare il panorama spirituale dei nostri giorni Ci allieta vedere un sempre più diffuso interesse per i problemi religiosi: risveglio di cui siamo certamente debitori al Concilio Ecumenico Vaticano II, che si è proposto di scoprire nuove vie per presentare la dottrina della Chiesa in forma sempre fedele al suo autentico contenuto ma più adatta alla mentalità moderna, e di colmare la nobile esigenza di tanti spiriti non paghi dei larghi benefici che provengono dal solo progresso tecnico-scientifico con le veraci e vitali risposte della fede cristiana.

Questo anelito dello spirituale ha prodotto in seno a vari settori della Chiesa fermenti nuovi, sostanzialmente buoni, ma non del tutto esenti da pericoli di esagerazioni e di deviazioni, sia nel campo dottrinale che in quello disciplinare, che non mancano di destare in molti Pastori e fedeli giustificate apprensioni. Noi, tuttavia, nutriamo fiducia che lo sforzo in atto, sincero e generoso, sostenuto da un fraterno ed aperto colloquio, vivificato da un profondo amore per la verità rivelata, guidato dal Magistero Gerarchico, produrrà gli auspicati frutti di rinnovata vitalità religiosa e morale. Già notiamo i segni di un superamento di alcune difficoltà iniziali, e il Sinodo testé celebrato Ci ha recato la conferma della solerte vigilanza dei Nostri venerati Fratelli nell’Episcopato.

Ci è perciò gradita l’occasione di manifestare il Nostro compiacimento per le molteplici iniziative promosse in adesione con l’Anno della Fede da Noi promulgato al fine di onorare degnamente la memoria del 19° centenario del martirio dei SS. Apostoli Pietro e Paolo. I documenti pastorali che Ci sono giunti dagli Episcopati di molte Nazioni Ci attestano il prezioso lavoro che si sta svolgendo nel mondo cattolico per rinvigorire la fede, farne luce alle menti e forza alle volontà.

Qui Ci fermiamo. Non è che tutto sia detto di quanto riguarda l’attualità della Chiesa e dell’opera della Santa Sede con questo semplice sguardo fugace. Ancora altro rimarrebbe da dire. Per ora tuttavia tanto basti.

Ma non possiamo ritrarre l’occhio da questa sintetica descrizione senza rilevare come lo scambio dei voti natalizi dalla espressione di ottimi sentimenti abbia portato la voce del Signor Cardinale Decano e la Nostra all’osservazione di certi aspetti reali e odierni della Chiesa, con l’abituale riscontro delle sue liete e tristi vicende, dei suoi bisogni, dei suoi progressi e delle sue sofferenze. Ma soprattutto due grandi linee postconciliari Noi vediamo descrivere il volto presente della Santa Chiesa: esse vengono in qualche evidenza molto confortante. La prima è quella del suo rinnovamento morale e spirituale, della ricerca della sua autenticità nella fede e nella carità, nella sequela, anzi nella presenza di lei stessa, di Cristo, suo Fondatore, suo Maestro, suo Redentore, e quindi della sua vitalità, della sua santità, nel faticoso compimento della sua missione e nell’attesa amorosa della sua consumazione escatologica con l’incontro beato dell’amatissimo Signore Gesù; e l’altra linea, quella d’un nuovo e più prossimo e più esemplare e più benefico e più apostolico, ed insieme più modesto e più spirituale contatto con il mondo moderno; vediamo lo sforzo d’accostamento apostolico, che va dai Fratelli, di cui andiamo promovendo la riconciliazione e la comunione, agli uomini tutti, quanti e quali sono del nostro tempo; vicini, o lontani; piccoli e grandi; incantati dal loro progressivo dominio del mondo esteriore, o delusi e disperati di non possedere veramente se stessi e la vita nella sua verità e nella sua pienezza; assorbiti dal lavoro e dagli enormi problemi sociali che ne derivano, o provati dalle sofferenze e dalle tentazioni dell’umana esistenza; tutti, con un nuovo impegno d’amore e di servizio, sono oggi nel cuore aperto e pulsante della Chiesa, ben consapevole delle sue limitate dimensioni, ma altrettanto certa della sua vocazione per la salute di tutta l’umanità.

Non possiamo difenderci davanti a tale visione da un’impressione quasi inebriante ed estasiante di bellezza: la Chiesa cattolica, questa Chiesa, a cui abbiamo l’onore e la fortuna d’appartenere e il dovere di servire; questa Chiesa, verso la quale, proprio perché votata ad una perfezione che le forze umane non riescono mai a pareggiare, ogni critica, ogni diffidenza, ogni malevolenza sono ogni giorno, da ogni parte rivolte; questa Chiesa, così strutturata storicamente e canonicamente com’è, ci svela qualche cosa, oggi più che mai, della sua spirituale venustà; i segni, i fremiti, i doni dello Spirito Santo, a chi ben guarda, sono anche sul suo volto umano, tuttora solcato di rughe, di sudore, di lacrime e di sangue, ma vivo di grazia e di verità, e lasciano intravedere quella sua bellezza totale nella carità e nella santità, che un giorno sarà; e perciò inducono a celebrarla, la nostra Chiesa dilettissima, come l’umanità nuova, che Cristo nascente fondò.

È in questa visione, presente e futura, della bellezza della Chiesa, che s’innalzano i Nostri voti natalizi, e su voi tutti discendano con la Nostra Apostolica Benedizione.

                                                    



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