DISCORSO DI PAOLO VI
AI PARTECIPANTI AL VI CONGRESSO NAZIONALE
DELL'UNIONE CATTOLICA INFERMIERI
Sabato, 1° luglio 1967
Ci fa molto piacere ricevere oggi il vostro cospicuo e notevole gruppo, diletti Figli e Figlie, che partecipate al VI Congresso Nazionale dell’Unione Cattolica Infermieri. Avremmo voluto soffermarCi più a lungo con voi, se le occupazioni straordinarie di questi giorni Ce lo permettessero. Ma, nonostante questo, vi abbiamo voluti qui, per darvi il Nostro saluto, il Nostro elogio, il Nostro incoraggiamento.
Il saluto, anzitutto: pieno e cordiale, grato e commosso a voi, che rappresentate ai Nostri sguardi non solo la benemerita Unione Cattolica Infermieri, ma altresì tutto il numeroso e capace Personale di assistenza di tutti gli Ospedali, Cliniche e Case di cura, sparse in Italia. Abbiamo dunque davanti a Noi, spiritualmente unite con voi qui presenti, le schiere silenziose e generose di coloro, che fanno divisa della propria vita il servizio prestato ai fratelli sofferenti: collaboratori preziosi ed esperti, oscuri e insostituibili dei Medici curanti, amici e consolatori dei pazienti, ai quali offrite i vostri servizi, talora umilissimi, con la serenità del tratto caritatevole e cortese. Tutti vi meritate una grande benevolenza; e Noi, che per l’altissima missione siamo chiamati dal Signore a chinarci verso l’umanità, sofferente nello spirito più ancora che nel corpo, con l’animo del buon Samaritano, siamo lieti di attestarvela, questa benevolenza, con un saluto amplissimo e affettuoso, che vuole abbracciare tutte le vostre intenzioni, tutte le vostre attività, tutto il presente e tutto l’avvenire, per dirvi che la Chiesa vi stima, vi ama, e vi benedice.
L’elogio, quindi: un elogio pieno e aperto, che qui tocca la vostra fisionomia specifica, qual è quella che vi definisce davanti a Noi e davanti alla pubblica opinione, e le è di esclusiva spettanza: è un elogio, cioè, che va alla vostra duplice definizione, di infermieri e di cattolici. Ve lo meritate come infermieri, secondo quanto già abbiamo accennato, per la vostra grande e nobile missione; ma ancor più, e prima di tutto, ve lo meritate come cattolici. Voi portate nella vostra professione la ricchezza splendida e impegnativa di questo nome, che conferisce a quella professione nuove risonanze e nuove responsabilità: se il malato guarda già a voi con speranza e fiducia, se può contare su di voi, sulla vostra sollecitudine, sul vostro disinteresse, sulla vostra abnegazione, tanto più lo farà perché siete cattolici: cioè consacrati a un titolo particolarissimo al servizio del prossimo, nel quale voi per diuturno allenamento sapete vedere il Redentore Divino. «Ero infermo, e mi avete visitato» {Matth. 25, 36); «Tutto quanto avrete fatto ai più piccoli tra i miei fratelli, l’avrete fatto a me» (ibid. 40). Queste parole debbono risonare nel vostro cuore, e animarvi nel compimento del duro dovere quotidiano: devono infondervi la fede necessaria e non venir mai meno, anche in mezzo alle difficoltà, ai sacrifici, alle incomprensioni; devono spingervi a farne come il vessillo della vostra appartenenza all’Unione.
L’incoraggiamento, infine: che prende spunto dal magnifico tema del Congresso: «A servizio dei malati, infermieri più qualificati». Sappiamo che una diffusa aspirazione anima l’intera benemerita categoria degli Infermieri, quella di qualificarsi sempre di più sul piano specifico della loro preparazione tecnica: è una legge della vita, questa, e specialmente oggi è tanto sentita, quando si valuta l’uomo da quello che effettivamente sa fare, senza complimenti e orpelli. Noi non possiamo che incoraggiarvi su questa via, non solo per il bene dei pazienti e l’utilità dei medici, ma per la vostra stessa soddisfazione di persone sempre più dotate ed esperte nel loro proprio e difficile e paziente campo. Ma codesta qualificazione va inquadrata in quell’altra parola, che le dà il suo grande valore, specialmente in rapporto a chi, come voi, vuol fare del Cristianesimo una vocazione vissuta a fondo: cioè nel «servizio», nel dono di sé agli altri, anche qui ispirato e sorretto dall’imitazione volonterosa e progressiva dell’esempio sublime di Cristo Signore: «Io sono in mezzo a voi come colui che serve!» (Luc. 22, 27).
Sia questo l’esempio che brilli davanti ai vostri occhi, e vi sostenga nelle quotidiane fatiche. Il Signore sarà con voi, sempre, ad attestarvi la sua presenza con la sua dolcissima pace. In pegno di questa pace, siamo lieti di impartire l’Apostolica Nostra Benedizione a voi tutti, ai Dirigenti, Assistenti, Soci e Socie delle varie sedi italiane dell’Unione, ai vostri diletti familiari, e anche ai vostri ammalati, affinché sia pegno dell’amore e del conforto celeste.
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