DISCORSO DI PAOLO VI
IN OCCASIONE DEL RESTAURO DELLA PORTA GREGORIANA
NELLA BASILICA DI SAN PAOLO
Venerdì, 30 giugno 1967
Prima della Cappella Papale del 30 giugno, il Santo Padre si sofferma dinnanzi alla restaurata porta bizantina gregoriana del Tempio e ringrazia Monsignor Principi per l’indirizzo di devoto omaggio, Egli risponde con alcune affabili espressioni, salutando i Signori Cardinali, i Vescovi, il popolo e gli illustri rappresentanti delle autorità artistiche e delle autorità civili.
Noi - dice - molto volentieri vi salutiamo in questa circostanza ed in questo luogo benedetto, commossi per quanto abbiamo visto nell’odierna circostanza che qua ci ha riuniti e specialmente per l’oggetto che abbiamo davanti ai nostri sguardi ammirati. Diremo, innanzi tutto, che siamo molto grati a Monsignor Principi per le belle, alte ed erudite parole che egli adesso Ci ha rivolte; ma ancora più, Noi lo sappiamo, per l’opera, per l’interesse, per la generosità, per quanto egli ha fatto affinché tale impresa fosse compiuta con sì alto splendore e perfezione. Siamo riconoscenti, inoltre, a tutti gli uffici che di questo restauro così difficile e così felice si sono occupati: ai Nostri uffici che presiedono al campo artistico e storico; a quelli delle esecuzioni tecniche; e a quanti hanno dato studio ed attività perché il lavoro riuscisse, qual è, perfetto. Ci piace ricordare il nome del Prof. Josi, che ha rievocato magnificamente la storia di questo cimelio, come quello del Dott. Vittorio Federici, che ha studiato tecnicamente e sapientemente tutti i problemi inerenti al restauro metallico di questa porta stupenda. Dovremmo pure rivolgere molti ringraziamenti al Nostro grande complesso di studio del Governatorato e dei Musei; e manifestiamo a tutti questa gratitudine perché Ci pare che l’opera veramente meriti di essere apprezzata ed elogiata: essendo grande, e degna sia del Tempio che l’accoglie, sia della Santa Chiesa.
V’è poi un vero tesoro di sentimenti che pervade il Nostro cuore davanti al capolavoro che abbiamo davanti. Ci fa sempre molto piacere tutto quello che rievoca e rende parlante la storia della Chiesa. La Chiesa ha una grande storia che, purtroppo, assai sovente resta muta; o, per lo meno, gli animi a cui si rivolge restano sordi senza percepirne le voci arcane rievocatrici e ammonitrici. Abbiamo davanti un’opera di valore storico di grande significato. Il fatto adesso rievocato che Pontefici, quali S. Gregorio VII, abbiano voluto che artisti di Costantinopoli la eseguissero, che navigatori di Amalfi ne curassero generosamente il trasporto: tutto ciò è magnifico, rievoca un quadro storico che non dobbiamo dimenticare; e, come ora hanno fatto rilevare le parole che abbiamo ascoltato, si tratta di un auspicio perché questo commercio spirituale tra l’oriente e l’Occidente ritorni operante e nella perfetta unità di Cristo Signore.
Dobbiamo dire qualche cosa di adeguato pensando al valore artistico della porta che adesso conquide i nostri animi. Anche qui la Chiesa ha tesori di arte che indicano la ricchezza del suo spirito e la capacità di esprimere, in forme sensibili, quanto passa nell’animo dei suoi figli, allorché sono attenti e vigili nell’ascoltare, appunto, la voce dello spirito. Vedere anche qui come l’arte è parlante per il culto di Dio, per il culto di Cristo, per la memoria degli Apostoli, per tutto quello che costituisce la pagina eloquente della vita della Chiesa, nei suoi santi, nei suoi fasti, è cosa che ci rende molto lieti e che accresce la nostra gratitudine per coloro che hanno il merito di averla sollevata davanti ai nostri sguardi e per quanti qui verranno, pellegrini ed ammiratori, a contemplarla. Ma più che tutto, questa opera, così compiuta, ci rende fiduciosi se sapremo davvero comprenderne il valore religioso e spirituale.
Si potrebbe fare un lungo discorso sopra questo simbolo che il Signore ha applicato a Se stesso. Egli ha detto, infatti: «Ego sum ostium; per me si quis introierit, salvabitur». Io sono la porta. Cioè, occorrerà passare da Me, se si vuole andare a Dio, se si vuole accedere alla vita che il Regno di Dio offre agli uomini che camminano sopra la terra spesso sviati, indecisi, eppur sempre alla ricerca di qualche cosa che li trascenda e che li salvi. Bisogna ritornare a Cristo, che si è definito la «Porta»; e questa porta di bronzo, con tutti gli episodi memorabili che vi sono incisi sopra e così eloquenti di esempi e di ammonimenti, potrà ricordare quell’annunzio salvifico del Signore. È bene, quindi, che tale simbolo sia celebrato ed innalzato in questo tempio dell’Apostolo Paolo. Noi pensiamo che l’Abbazia, la quale rende piena di preghiera e conserva la spiritualità di tanta bellezza monumentale, saprà far parlare i pellegrini e darà, di per se stessa, con questo simbolo, una stupenda lezione. Dobbiamo accedere a Cristo per accedere a Dio e per acquisire la nostra salvezza.
I Nostri auguri - conclude il Santo Padre - che si uniscono alle impressioni davanti a questa bellissima scena, siano di compenso a quanti vi hanno merito e siano di auspicio per tutti i visitatori, e specialmente per le persone qui presenti, delle maggiori e più copiose grazie di Nostro Signore.
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