DISCORSO DI PAOLO VI AI RAPPRESENTANTI
DEGLI ISTITUTI SECOLARI SACERDOTALI E LAICALI
Mercoledì, 2 febbraio 1972
Carissimi Figli, membri degli Istituti Secolari!
In questo giorno, dedicato al ricordo liturgico della presentazione di Gesù al Tempio, noi ci incontriamo volentieri con voi per ricordare insieme il XXV anniversario di promulgazione della Costituzione Apostolica Provida Mater, avvenuta appunto il 2 febbraio del 1947 (Cfr. AAS 39, 1947, pp. 114-124). Quel documento fu un evento importantissimo per la vita della Chiesa di oggi, perché il nostro Predecessore Pio XII di v. m. con esso accoglieva, sanciva e approvava gli Istituti Secolari, precisandone la fisionomia spirituale e giuridica. Giorno caro per voi, giorno significativo, in cui, a imitazione del Cristo che, venuto nel mondo, si offerse al Padre per fare la sua volontà (Cfr. Ps. 39, 9; Hebr. 10, 9), anche voi foste presentati a Dio, per brillare davanti a tutta la Chiesa, e per consacrare le vostre vite alla gloria del Padre e alla elevazione del mondo.
MAGNIFICA FIORITURA
Siamo tanto lieti anche noi di questo incontro, perché ben ricordiamo le circostanze in cui maturò lo storico documento, vera magna charta degli Istituti Secolari, i quali, già lentamente preparati in antecedenza dallo Spirito che suscita i segreti impulsi nelle anime, videro in esso il loro accoglimento ufficiale da parte della Suprema Autorità, per opera specialmente del venerato Card. Larraona, il loro atto di nascita, e l’inizio di un nuovo slancio verso il futuro.
Venticinque anni sono un tempo relativamente breve; essi tuttavia sono stati anni di particolare intensità, paragonabili a quelli della giovinezza. È stata una fioritura magnifica, di cui sono conferma la vostra presenza qui, oggi, e la riunione dei Responsabili Generali di tutti gli Istituti Secolari, in programma per il prossimo settembre a Roma. Desideriamo pertanto rivolgervi la nostra parola di incoraggiamento, di fiducia, di esortazione, affinché l’odierna ricorrenza giubilare sia veramente feconda di risultati, per voi e per l’intero Popolo di Dio.
PIENA CONSACRAZIONE E RESPONSABILITÀ
A) Gli Istituti Secolari vanno inquadrati nella prospettiva, in cui il Concilio Vaticano II ha presentato la Chiesa, come una realtà viva, visibile e spirituale insieme (Cfr. Const. Lumen Gentium, 8), che vive e si sviluppa nella storia (Cfr. ibid. 3, 5, 6, 8), composta da molti ,membri e da organi diversi, ma intimamente uniti e comunicanti fra sé (Cfr. ibid. 7), partecipi della stessa fede, della stessa vita, della stessa missione, della stessa responsabilità della Chiesa, e pur distinti da un dono, da un carisma particolare dello Spirito vivificante (Cfr. Const. Lumen Gentium, 7, 12), dato non solo a beneficio personale, ma altresì di tutta la comunità. La ricorrenza della Provida Mater, che volle esprimere e approvare il vostro particolare carisma, vi invita dunque, secondo l’indicazione del Concilio a «ritornare alle sorgenti di ogni vita cristiana e al primigenio spirito degli istituti» (Decr. Perfectae caritatis, 2), a verificare la vostra fedeltà al carisma originario e proprio di ciascuno.
Se ci chiediamo quale sia stata l’anima di ogni Istituto Secolare, che ha ispirato la sua nascita e il suo sviluppo, dobbiamo rispondere: è stata l’ansia profonda di una sintesi; è stato l’anelito alla affermazione simultanea di due caratteristiche: 1) la piena consacrazione della vita secondo i consigli evangelici e 2) la piena responsabilità di una presenza e di una azione trasformatrice al di dentro del mondo, per plasmarlo, perfezionarlo e santificarlo. Da una parte, la professione dei consigli evangelici - forma speciale di vita che serve ad alimentare e a testimoniare quella santità, a cui tutti i fedeli sono chiamati - è segno della perfetta identificazione con la Chiesa, anzi, col suo stesso Signore e Maestro, e con le finalità che Egli le ha affidate. Dall’altra parte, rimanere nel mondo è segno della responsabilità cristiana dell’uomo salvato da Cristo e perciò impegnato a «illuminare e ordinare tutte le realtà temporali . . . . affinché sempre si realizzino e prosperino secondo Cristo, e siano a lode del Creatore e Redentore» (Const. Lumen Gentium, 31).
In tal quadro, non si può non vedere la profonda e provvidenziale coincidenza tra il carisma degli Istituti Secolari e quella che è stata una delle linee più importanti e più chiare del Concilio: la presenza della Chiesa nel mondo. In effetti, la Chiesa ha fortemente accentuato i diversi aspetti della sua relazione al mondo: ha chiaramente ribadito che fa parte del mondo, che è destinata a servirlo, che di esso dev’essere anima e fermento, perché chiamata a santificarlo e a consacrarlo, e a riflettere su di esso i valori supremi della giustizia, dell’amore e della pace.
La Chiesa ha coscienza del fatto che essa esiste nel mondo, che «cammina insieme con tutta l’umanità, e sperimenta insieme col mondo la medesima sorte terrena, ed è come il fermento e quasi l’anima della società umana» (Const. Gaudium et Spes, 40); essa perciò ha una autentica dimensione secolare, inerente alla sua intima natura e missione, la cui radice affonda nel mistero del Verbo Incarnato, e che si è realizzata in forme diverse per i suoi membri - sacerdoti e laici - secondo il proprio carisma.
Il Magistero pontificio non si è stancato di chiamare i cristiani, specie negli ultimi anni, ad assumere validamente e lealmente le proprie responsabilità davanti al mondo. Ciò è tanto più necessario oggi quando l’umanità si trova a una svolta cruciale della propria storia. Sta sorgendo un mondo nuovo; gli uomini cercano nuove forme di pensiero e di azione, che determineranno la loro vita nei secoli venturi. Il mondo pensa di bastare a se stesso, e di non aver bisogno della grazia divina né della Chiesa per costruirsi e per espandersi: si è formato un tragico divorzio tra fede e vita vissuta, tra progresso tecnico-scientifico e crescita della fede nel Dio vivente. Non senza ragione si afferma che il problema più grave dello sviluppo presente è quello del rapporto tra ordine naturale e ordine soprannaturale. La Chiesa del Vaticano II ha ascoltato questa «vox temporis», e vi ha risposto con la chiara coscienza della sua missione davanti al mondo e alla società; essa sa di essere «sacramento universale di salvezza», sa che non si può dare- pienezza umana senza la grazia, cioè senza il Verbo di Dio, che «è il fine della storia umana, il punto focale dei desideri della storia e della civiltà, il centro del genere umano, la gioia d’ogni cuore, la pienezza delle loro aspirazioni» (Ibid. 45).
In un momento come questo gli Istituti Secolari, in virtù del loro carisma di secolarità consacrata (Cfr. Decr. Perfectae caritatis, 11), appaiono come provvidi strumenti per incarnare questo spirito e trasmetterlo alla Chiesa intera. Se essi, già prima del Concilio, in certo modo hanno anticipato esistenzialmente questo aspetto, con maggior ragione debbono oggi essere testimoni specializzati, esemplari, della disposizione e della missione della Chiesa nel mondo. Per l’aggiornamento della Chiesa oggi non bastano chiare direttive o frequenti documenti: sono richieste personalità e comunità, responsabilmente consapevoli di incarnare e di trasmettere lo spirito voluto dal Concilio. A voi è affidata questa esaltante missione: essere modello di instancabile impulso alla nuova relazione, che la Chiesa cerca di incarnare davanti al mondo e al servizio del mondo.
AMORE E MISSIONE DI CRISTO NEL MONDO
B) In che modo? Con la duplice realtà della vostra configurazione.
Anzitutto, la vostra vita consacrata, nello spirito dei consigli evangelici, è espressione della vostra indivisa appartenenza a Cristo e alla Chiesa, della tensione permanente e radicale verso la santità, e della coscienza che, in ultima analisi, è soltanto Cristo che con la sua grazia realizza l’opera di redenzione e di trasformazione del mondo. È nell’intimo dei vostri cuori che il mondo viene consacrato a Dio (Cfr. Const. Lumen Gentium, 34). La vostra vita garantisce così che l’intenso e diretto rapporto col ,mondo non diventi mondanità o naturalismo, ma sia espressione dell’amore e della missione di Cristo. La vostra consacrazione è la radice della speranza, che sempre vi deve sorreggere, anche quando i frutti esteriori siano scarsi, o manchino del tutto. La vostra vita, più che per le opere esterne, è feconda per il mondo soprattutto per l’amore a Cristo, che vi ha spinti al dono totale di voi stessi, da testimoniare nelle condizioni ordinarie della vita.
In tale luce, i consigli evangelici - pur comuni ad altre forme di vita consacrata - acquistano un significato nuovo, di speciale attualità nel tempo presente: la castità si converte in esercizio ed in esempio vivo di dominio di sé e di vita nello spirito, tesa alle realtà celesti, in un mondo che si ripiega su se stesso e libera incontrollatamente i propri istinti: la povertà diventa modello della relazione che si deve avere con i beni creati e col loro retto uso, con un atteggiamento che è valido sia nei paesi sviluppati, ove l’ansia di possedere minaccia seriamente i valori evangelici, sia nei paesi meno dotati, ove la vostra povertà è segno di solidarietà e di presenza con i fratelli provati; l’obbedienza diventa testimonianza dell’umile accettazione della mediazione della Chiesa e, più in generale, della sapienza di Dio che governa il mondo attraverso le cause seconde; e in questo momento di crisi di autorità, la vostra obbedienza si converte in testimonianza di ciò che è l’ordine cristiano dell’universo.
In secondo luogo, la vostra secolarità vi spinge ad accentuare specialmente - a differenza dei religiosi - la relazione col mondo. Essa non rappresenta solo una condizione sociologica, un fatto esterno, sì bene un atteggiamento: essere presenti nel mondo, sapersi responsabili per servirlo, per configurarlo secondo Dio in un ordine più giusto e più umano, per santificarlo dal di dentro. Il primo atteggiamento da tenere davanti al mondo è quello del rispetto verso la sua legittima autonomia, verso i suoi valori e le sue leggi (Cfr. Const. Gaudium et Spes, 36). Tale autonomia, come sappiamo, non significa indipendenza assoluta da Dio, Creatore e fine ultimo dell’universo. Prendere sul serio l’ordine naturale, lavorando per il suo perfezionamento e per la sua santificazione, affinché le sue esigenze siano integrate nella spiritualità, nella pedagogia, nell’ascetica, nella struttura, nelle forme esterne e nell’attività dei vostri Istituti, è una delle dimensioni importanti di questa speciale caratteristica della vostra secolarità. Così sarà possibile, com’è richiesto dalla Primo feliciter che «il vostro carattere proprio e peculiare, quello secolare, si rifletta in tutte le cose» (II).
LE ATTRIBUZIONI SPECIALI DEL SACERDOTE
Essendo molto variate le necessità del mondo e le possibilità di azione nel mondo e con gli strumenti del mondo, è naturale che sorgano diverse forme di attuazione di questo ideale, individuali e associate, nascoste e pubbliche, secondo le indicazioni del Concilio (Cfr. Decr. Apostolicam actuositatem, 15-22). Tutte queste forme sono parimente possibili agli Istituti Secolari e ai loro membri. La pluralità delle vostre forme di vita (Cfr. Voto sul Pluralismo, Congresso mondiale degli Istituti Secolari, Roma 1970) vi permette di costituire diversi tipi di comunità e di dar vita al vostro ideale in diversi ambienti e con diversi mezzi, anche là dove si può dare testimonianza alla Chiesa soltanto in forma individuale, nascosta e silenziosa.
Una parola ancora per i sacerdoti, che si uniscono negli Istituti Secolari. Il fatto è espressamente previsto dall’insegnamento della Chiesa, a partire dal Motu Proprio Primo feliciter e dal Decreto conciliare Perfectae caritatis. Di per sé, il sacerdote in quanto tale ha anch’egli, come il laico cristiano, una essenziale relazione al mondo, che egli deve esemplarmente realizzare nella propria vita, per rispondere alla propria vocazione, per cui è mandato nel mondo come Cristo è stato inviato dal Padre (Cfr. Io. 20, 21). Ma, come sacerdote, egli assume una responsabilità specificatamente sacerdotale per la retta conformazione dell’ordine temporale. A differenza del laico, - salvo in casi eccezionali, come ha previsto un voto del recente Sinodo Episcopale - egli non esercita questa responsabilità con un’azione diretta e immediata nell’ordine temporale, ma con la sua azione ministeriale e mediante il suo ruolo di educatore alla fede (Cfr. Decr. Presbyterorum ordinis, 6): ed è il mezzo più alto per contribuire a far sì che il mondo si perfezioni costantemente, secondo l’ordine e il significato della creazione.
Aggregandosi a Istituti Secolari, il sacerdote, proprio in quanto secolare, rimane collegato in intima unione di obbedienza e di collaborazione col Vescovo; e, insieme con gli altri membri del presbiterio, è di aiuto ai confratelli nella grande missione di essere «cooperatori della verità», curando i «particolari vincoli di carità apostolica, di ministero e di fraternità» (Ibid. 8) che debbono distinguere tale organismo diocesano. In forza della sua appartenenza agli Istituti Secolari, il sacerdote trova inoltre un aiuto per coltivare i consigli evangelici. Sappiamo bene che questo, dell’appartenenza di sacerdoti agli Istituti Secolari, è un problema sentito, profondo; esso deve essere risolto nel pieno rispetto del «sensus Ecclesiae». Sappiamo che, a tale proposito, voi siete alla ricerca di soluzioni adeguate; e incoraggiamo tale sforzo, che deve ritenersi valido, in un settore che è molto delicato.
Effettivamente, esiste un problema, che si pone nei termini di una triplice esigenza, ciascuna importantissima: vi è l’esigenza rappresentata dalla «secolarità» del sacerdote membro di un Istituto Secolare; l’esigenza, inoltre, che tale sacerdote mantenga un intimo contatto col proprio Istituto, dal quale egli si attende un alimento spirituale, un ristoro e un sostegno alla propria vita interiore; infine, l’esigenza di tenersi in stretta dipendenza dal Vescovo diocesano.
DUE PUNTI FONDAMENTALI
Sappiamo, come abbiamo detto, che state compiendo studi in merito, allo scopo di conciliare queste esigenze apparentemente contrastanti. Cercate liberamente, in questa linea, ponendo a servizio di tale approfondimento i talenti della vostra preparazione, della vostra sensibilità, della vostra esperienza. Ci permettiamo soltanto di richiamare la vostra attenzione su questi punti, che ci sembrano degni di particolare considerazione:
a) Qualsiasi soluzione non deve intaccare minimamente l’autorità del Vescovo, il quale, per diritto divino, è l’unico e diretto responsabile del gregge, della porzione della Chiesa di Dio (Cfr. Act. 20, 28).
b) Nelle vostre ricerche tenete presente inoltre, a tale riguardo, una realtà: che l’uomo è una unità personale, psicologica, attiva. Solo concettualmente si distinguono in lui la dimensione spirituale e quella pastorale.
Con questo non vogliamo - e ci permettiamo di sottolinearlo - condizionare né tanto meno porre termine alla ricerca, che state effettuando, indicandovi già una soluzione. Abbiamo voluto soltanto invitarvi a tenere particolarmente presenti, nella vostra ricerca, due punti che ci sembrano, in essa, d’importanza capitale.
Siamo così giunti al termine delle nostre considerazioni, anche se molte cose resterebbero ancora da dire, e molti sviluppi rimangono aperti. Ma con profonda letizia vi esprimiamo il nostro desiderio e la nostra speranza: che i vostri Istituti siano sempre più modelli ed esempi dello spirito che il Concilio ha voluto infondere nella Chiesa, affinché sia superata la minaccia devastatrice del secolarismo, che esalta unicamente i valori umani, distaccandoli da Colui che è la loro origine e dal Quale ricevono il loro significato e la loro finalità definitiva; e affinché la Chiesa sia veramente il fermento e l’anima del mondo.
La Chiesa ha bisogno della vostra testimonianza! L’umanità aspetta che la Chiesa incarni sempre più questo nuovo atteggiamento davanti al mondo, che in voi, in virtù della vostra secolarità consacrata, deve brillare in modo specialissimo. A tanto vi incoraggia la nostra Apostolica Benedizione, che di cuore impartiamo a voi qui presenti, e a tutti i membri dei cari e benemeriti Istituti Secolari.
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