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DISCORSO DI PAOLO VI
AGLI ASSISTENTI ECCLESIASTICI
DELL’AZIONE CATTOLICA ITALIANA

Giovedì, 3 luglio 1975 

 

Consideriamo importanti per noi gli incontri con i rappresentanti dell’Azione Cattolica Italiana; e lo dimostriamo col dar loro ogni priorità, pur nell’ambito tanto assillante del nostro quotidiano ministero, particolarmente durante questo Anno Santo. Tanto più importante perciò riteniamo l’incontro odierno, che ci mette a contatto con la magnifica realtà degli Assistenti della stessa Azione Cattolica, intervenuti da tutta Italia al loro primo convegno unitario: abbiamo, cioè, davanti a noi i Sacerdoti, i responsabili spirituali, gli animatori soprannaturali delle varie branche dell’Azione Cattolica, a tutti i livelli. E questa ci sembra un’occasione straordinaria per un colloquio franco, aperto, paterno, pastorale, con uomini che Cristo ha fatto suoi con la sua chiamata, e la Chiesa ha destinato alla cura delle porzioni più delicate ed educabili del suo gregge.

Validità pastorale dell’Azione Cattolica. Sì, noi riteniamo tuttora l’Azione Cattolica, specie dopo l’esperimento dei suoi Statuti, uno strumento validissimo, anzi primario di apostolato. Là dove c’è l’Azione Cattolica, la comunità cristiana è viva. È un fatto incontrovertibile. Il Concilio Vaticano II ha espressamente sottolineato il valore pastorale dell’Azione Cattolica (Christus Dominus, 17; Apostolicam Actuositatem, 20) come una di quelle forme di attività del laicato che «hanno prodotto abbondantissimi frutti per il Regno di Cristo» e sono state «meritatamente raccomandate e promosse dai Romani Pontefici» (Apostolicam Actuositatem, 20): e l’ha vivamente raccomandata come rispondente alle necessità dell’apostolato nella Chiesa (Ibid.).

In questo quadro di straordinaria efficacia pastorale, è da vedere l’opera vostra, carissimi Assistenti dell’Azione Cattolica Italiana. Certamente, questa è essenzialmente, per definizione, un’istituzione di laici che collaborano con la Gerarchia ecclesiastica, secondo le quattro note che, nel passo già citato, il decreto conciliare sull’apostolato dei laici ha sintetizzato come altrettanti punti di riconoscimento di ogni forma di Azione Cattolica. In altre parole, il laicato, che si sente vivo nella Chiesa, e vuol portare il proprio contributo, va incoraggiato e incanalato nel grande alveo della fedeltà cattolica perché ha un suo proprio carisma per l’animazione cristiana delle realtà temporali, nella leale e franca dipendenza con la Gerarchia.

Ruolo dei sacerdoti. Ciò doverosamente detto, bisogna però subito ricordare che questo generoso carisma laicale, nel quale si fa sentire la voce dello Spirito Santo che guida alla conoscenza della verità (Io. 16, 13) e fa germinare ogni virtù (Cfr. Gal. 5, 22), raggiunge la sua pienezza là dove, accanto ai ragazzi, ai giovani, agli studenti, ai laureati, ai lavoratori, e via dicendo, si trovano sacerdoti a posto, umili, generosi, che sanno far maturare i doni dello Spirito con la loro vigile presenza, con la loro preghiera, col loro sacrificio, col loro entusiasmo; che sanno pagare di persona ponendosi seriamente di fronte alle loro gravissime responsabilità: Vos estis sal terrae . . . Vos estis lux mundi (Matth. 5, 13-14).

L’Azione Cattolica ha subito anch’essa delle prove negli anni passati, e non lo vogliamo certo ignorare: ma non crediamo di esagerare dicendo che, se un vento troppo forte di novità o di intolleranza ha talora fatto perdere, qui come in altri campi, frutti preziosi e tempo che solo ora si sta recuperando, è stato spesso perché da certi sacerdoti non è venuta quella parola che si attendeva, quella luce che si desiderava; mentre, al contrario, se le nostre Associazioni hanno saputo passare, diciamo così, attraverso qualche raffica inconsueta, è stato perché se dove gli Assistenti hanno avuto la capacità, l’intelligenza, l’umiltà, il coraggio di richiamare costantemente alla sana dottrina (Tim. 2, 1) della norma Apostolica, e alla giusta gerarchia dei valori, quale è indicata dal Vangelo.

Sta in voi, sacerdoti carissimi, guidare, illuminare, sostenere, e, se necessario, correggere. Sta in voi aiutare gli associati delle varie ramificazioni dell’Azione Cattolica, a curare la loro formazione spirituale, lasciandoli poi agire di conseguenza secondo la formazione ricevuta. Sta in voi adempiere il ruolo di mediatori tra il laicato e la realtà viva della sacra Gerarchia: essere diaframmi viventi che facilitano l’osmosi, lasciateci dire così, affinché sia assicurata continuamente quella comunione che sola può mantenere vive le associazioni.

Fede. Per questo vi sono necessarie particolari doti, sulle quali ci soffermiamo brevemente. La fede, anzitutto, Siamo sul piano della apostolicità della Chiesa, su quella linea, cioè, che partendo dagli Apostoli per mandato di Cristo, e giungendo fino a noi e fino alla fine dei tempi, assicura la trasmissione dei beni essenzialmente soprannaturali, la perenne vitalità della Chiesa stessa, il legame ontologico col mistero della salvezza. Solo uno sguardo di fede può assicurare questa impostazione, questa visione, questo aggancio con la grazia di Dio, che si serve del ministero degli uomini per comunicarsi integra ed intatta alle anime che ne hanno sete. È perciò necessaria a voi stessi la fede, poggiata su questa grande visuale; per poter quindi essere a vostra volta, come il Concilio ha chiamato i sacerdoti, gli «educatori nella fede» (Presbyterorum Ordinis, 6). La ripresa consolante, di cui l’Anno Santo è riprova eloquente, proprio sul piano della fede pura e genuina, che va diritto all’essenziale - Parola di Dio, sacramenti, preghiera, conversione, riconciliazione - pone a ciascun sacerdote il dovere di riconsiderare la propria funzione di educatore della fede come dovere precipuo nella comunità ecclesiale, e quindi n’elle singole associazioni.

Fedeltà al Magistero. M,a certo non si dà fede autentica fuori del Magistero della Chiesa, che per divina volontà di Cristo propone e interpreta le verità di fede, chiedendo agli uomini di tutti i tempi il loro meditato assenso. La grave responsabilità, di cui abbiamo parlato, richiede perciò questo inserimento vivo nella Scrittura e nella Tradizione, fuori delle quali vi potrà essere orpello di brillanti dispute, o fascino di sofismi che sollecitano la vanità, la ostentazione e la ricerca del plauso effimero, ma non mai da granitica fermezza della verità, affidata dal Salvatore Divino alla sua Chiesa. Le parole di Paolo a Timoteo non hanno perduto nulla, anche oggi, della loro gravità, che deve farci pensare: «Custodisci il deposito; evita le chiacchiere profane e le obiezioni della pretesa scienza, professando la quale taluni hanno deviato dalla fede» (1 Tim. 6, 20). Di solito i nostri uomini, i nostri giovani non desiderano certo cavillosità di disquisizioni per iniziati, ma il cibo solido della Parola di Dio, l’orientamento sicuro per i grandi ,interrogativi dell’esistenza, le direttive pacificatrici per le decisioni della vita morale, familiare e sociale. Per questo chiedono a voi coerenza e sicurezza dottrinale, aggiornamento solido e sicuro, chiarezza di impostazione e di idee, nella fedeltà assoluta al Magistero.

Coraggio. Ma anche di un grande coraggio avete bisogno. La gravità dei compiti e delle responsabilità, la delicatezza dell’ora, la stanchezza inerente al moltiplicarsi degli impegni può forse indurre a qualche scoramento, a qualche esitazione. Noi vorremmo invitarvi invece a tanta fiducia: non certo rifugiandovi in un candido ottimismo a tutti i costi, che impedisca di vedere la realtà e le sue carenze; ma impostando anche qui la vostra visione su un piano di fede: cioé facendo conto, soprattutto, delle promesse di Cristo: Confidite, ego vici mundum (Io. 16, 33); Confidite, ego sum, nolite timere (Marc. 6, 50).

Cristo è con voi, sempre. Perché dubitare? Oh certo voi avete la certezza di questa presenza, che vi assiste, che vi ispira le parole giuste, che vi infonde forza e speranza. Confidate: il campo della messe si spalanca davanti a voi (Cfr. Io. 4, 35), e attende l’opera delle vostre mani. Se mancano i sacerdoti, o se i sacerdoti, dimenticando la loro identità che li fa simili a Cristo e forti della sulla stessa virtù, abbandonano o trascurano la mietitura, allora certo si preparano le più grandi iatture; crescerebbe a dismisura la zizzania; e mancherebbero gli operai della vigna. Non temete; coraggio! Ve lo diciamo nel nome stesso di Gesù, che umilmente rappresentiamo.

Sguardo all’avvenire. Un avvenire molto promettente si apre alla vostra attività, e a quella di coloro che subentreranno incessantemente nelle fatiche apostoliche. Occorrerà lavorar sodo: sul campo della evangelizzazione, della illustrazione della dottrina sociale della Chiesa, dei principii morali, della cultura cattolica. Le varie ramificazioni dell’Azione Cattolica impongono agli Assistenti, in armonia con i dirigenti laici, la programmazione di una formazione cristiana di vasto respiro e di ampio raggio, che nulla tralasci di quanto è buono nell’uomo e nella sua vita. E siamo lieti di aver visto nel programma del vostro Convegno come tutti i vari problemi siano stati posti sul tappeto. Vi auguriamo di procedere al necessario lavoro apostolico specializzato con un’indomabile volontà di raggiungere tutti: opportune, importune (2 Tim. 4, 2).

Ma vi è un campo che ci sta particolarmente a cuore, e che vogliamo espressamente citare: quello della gioventù. L’Anno Santo sta rivelando nei giovani un magnifico interesse per la Chiesa, un vasto movimento di riflessione e di preghiera: certamente i benefici se ne risentono anche nei movimenti ragazzi e giovani, come in quello degli studenti a vari livelli, propri anche dell’Azione Cattolica. Ora, questo risveglio ha bisogno di essere seguito in modo tutto particolare, con cura pastorale, spirituale, paterna, da voi sacerdoti: se non lo fate voi, chi lo farà? Subentreranno i falsi profeti, come lupi rapaci travestiti da agnelli (Cfr. Matth. 7, 15). Il momento richiede da voi ogni impegno; le forme stesse di critica e di contestazione, che salgono dal mondo dei giovani, debbono farci avvertiti che forse non siamo stati capaci di comprendere le loro aspirazioni, che non abbiamo cercato di presentare loro il Vangelo con quella integralità e totalità che si attendevano; saranno rimasti delusi? Ma è ad essi che deve andare tutta la nostra sollecitudine: perché sono i prediletti dell’amore di Cristo, sono la riserva di vocazioni per i ministeri di domani, sono la speranza della Chiesa futura. Non possiamo accontentarci di tentativi sporadici, o di improvvisazioni estemporanee: la gioventù è esigente; ma quando ha visto nel sacerdote l’amico che veramente crede, che sa ascoltare, che sa capire, che sa donare e donarsi, allora stabilisce con lui contatti di fede e di amicizia che non si romperanno mai più.

Fratelli carissimi nel Sacerdozio! Ecco quanto abbiamo voluto confidarvi, a conclusione del vostro Convegno. L’atmosfera spirituale del Giubileo esige da noi sacerdoti, prima che da ogni altro, il dovere della conversione. Chiediamoci serenamente come abbiamo adempiuto finora i compiti a cui ci ha abilitati il nostro sacerdozio; e proponiamo seriamente quanto vediamo necessario per un serio cambiamento di rotta.

La Vergine Santissima, Madre della Chiesa, Regina degli Apostoli, vi ottenga luce e forza; i santi Pietro e Paolo vi siano di esempio continuo nella vostra apostolica vivendi forma. Con la loro intercessione noi invochiamo su di voi l’aiuto onnipotente di Dio, nel cui Nome tutti vi benediciamo.

                                                



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