DISCORSO DEL SANTO PADRE PAOLO VI
AI DIRIGENTI DELLA CONFEDERAZIONE
COLTIVATORI DIRETTI
Giovedì, 20 maggio 1976
Cari figli,
non possiamo tacere la nostra gioia e la nostra commozione nell’accogliere ancora una volta, in occasione del vostro Convegno nazionale, una rappresentanza così qualificata e numerosa della grande e tanto benemerita famiglia dei Coltivatori Diretti.
Siate dunque i benvenuti! E in questo saluto intendiamo includere tutti i membri della vostra Confederazione che sentiamo qui spiritualmente presenti insieme a voi, in modo speciale i Coltivatori vostri Fratelli del Friuli.
Il desiderio che vi ha spinti a volervi incontrare con noi, rivela, sì, una chiara attestazione di venerazione verso la nostra umile persona, ma offre anche una dimostrazione della vostra fiducia nella Chiesa, in questa Chiesa che non ha mai cessato di avere particolari sollecitudini per la gente dei campi, aprendo la via alla sua elevazione umana e morale ed aiutandola a risolvere i suoi problemi con dignità e coscienza del suo valore spirituale e sociale.
Abbiamo presenti i motivi, da voi sottolineati, che fanno vedere tutta l’importanza di questo vostro Convegno. È, infatti, il primo Convegno nazionale dei Quadri Dirigenti, a un anno di distanza dalla Conferenza nazionale organizzativa di Montecatini, che ha segnato una tappa storica decisiva per il rinnovamento della vostra organizzazione. D’altra parte il Convegno si svolge in circostanze particolarmente difficili del Paese per la recessione economica e per il clima di tensione e lotte sociali, cui non è estranea una concezione dello sviluppo che ha accentuato gli squilibri umani fra mondo urbano-industriale e mondo agricolo-rurale.
È naturale che in un tale contesto il vostro Convegno si proponga un forte e coraggioso rilancio dei principii e dei valori ideali in cui la categoria dei Coltivatori Diretti riconosce la propria identità, e da cui trae ispirazione il suo sforzo di responsabile e attiva partecipazione per la costruzione di una società più umana.
A questo punto qualcuno potrebbe domandarsi che cosa possa dire la Chiesa su tale argomento, e se essa abbia una soluzione da proporre per questi grandi problemi umani.
A dire il vero, per tutto ciò che concerne gli aspetti puramente tecnici che presentano tali problemi, i problemi della tecnica, la Chiesa come tale non ha la competenza specifica, né, per conseguenza, soluzioni particolari da proporre. Essa tuttavia professa una dottrina sicura e solida, la dottrina della « luce », perché fondata sulla parola di Dio, la sola che proietti una luce totale sul cammino da seguirsi; dottrina che le permette di giudicare quali siano tra le soluzioni proposte quelle che meglio rispondano alla dignità umana e siano più atte ad assicurare un progresso autentico per l’uomo e per la società; dottrina, infine, che la Chiesa elabora senza posa in materia sociale, allo scopo di trasmettere ad ogni generazione di un mondo in evoluzione l’eterno messaggio del Vangelo.
Non è necessario ricordare a voi quanto importi appoggiarsi in campo sociale su solidi principii. Tutti sono in grado di constatare nel nostro tempo i deplorevoli ritardi per il vero progresso sociale che porta con sé l’adesione a ideologie erronee, la cui comune tentazione è di volere salvare l’uomo per mezzo dell’uomo soltanto. Disegno senza via di uscita che, partendo da una visuale inesatta della realtà, non riesce ad altro che a restringere l’orizzonte della vita dell’uomo nel cerchio temporale ed economico, pretendendo di privare l’uomo della sua più alta dimensione: la dimensione spirituale, il suo destino eterno.
La luce dei sicuri principii, cari figli, ecco il grande dono che la Chiesa vi offre. Questa luce vi mette al riparo dalle deviazioni; essa vi fa comprendere che per costruire una società più umana, più giusta, più fraterna, non ci si può limitare nell’ambito di una classe sociale; essa vi fa capire che è fraternità solo apparente quella che vorrebbe accostare gli elementi di una medesima classe sociale e unirli, ma unirli per meglio spingerli nella lotta contro un’altra classe di uomini, che sono pertanto anch’essi dei fratelli.
La fraternità che anima i figli della Chiesa ispira ben diversi sentimenti: essa si fonda sulla carità che dilata il cuore alle dimensioni del mondo, creando così le condizioni per l’incontro degli uomini con i loro fratelli su scala più vasta che si possa concepire e li aiuta a superare le divergenze di interessi fra le classi, tra le Nazioni, tra le razze.
Riteniamo opportuno più che mai questo richiamo ai valori morali cristiani e al Magistero sociale della Chiesa, in quanto l’evoluzione della società impone alla vostra Confederazione il confronto, soprattutto in campo economico, con gruppi e formazioni sociali di diversa ispirazione ideologica.
Nobilissimo vanto della vostra Confederazione è appunto l’avere camminato sempre alla luce di questa dottrina e nella costante fedeltà a questo insegnamento. Rimanervi sempre e irremovibilmente fedeli costituirà senza dubbio la garanzia della sua fecondità, come pure assicurerà la continuità di una funzione i cui benefici effetti superano i confini della popolazione rurale. Giacché, come nel passato, la gente dei campi ha qualcosa da dare che non è limitato ai beni materiali: con le sue tradizioni di onestà, di laboriosità, di religiosità costituisce ancora una ricca riserva di energie fisiche e spirituali per tutta la comunità nazionale.
Noi pertanto formuliamo i migliori auguri per il vostro Convegno, lodevolmente impegnato in uno sforzo di rinnovamento attraverso la formazione dei Quadri Dirigenti. Sappiate trovare una rinnovata fiducia in voi stessi, nella vostra organizzazione, nella bontà della causa cui volete servire. Fate vedere che non con la violenza o la demagogia, ma con la concretezza e l’efficacia che il Vangelo ispira, voi intendete rispondere alla fame e alla sete di giustizia del mondo agricolo. Portando il fermento della carità divina in questa nostra società senza amore e così bisognosa di riconciliazione e di pace, fate intravedere e pregustare tutta la bellezza di un ordine sociale in cui si affermi la civiltà dell’amore.
Questa, cari figli, è la consegna che noi vi affidiamo insieme alle felicitazioni per l’opera già svolta. Felicitazioni che noi vorremmo singolarmente esprimere a ciascuno di voi qui presenti. Ma come tacere del caro onorevole Paolo Bonomi, infaticabile vostro Presidente, che ha così fortemente contribuito a dare al vostro movimento quel volto di cui oggi voi siete fieri?
A quanti - dirigenti, consiglieri ecclesiastici, semplici membri - pazientemente e attivamente si adoperano per il raggiungimento degli scopi della Confederazione, in testimonianza del nostro più vivo incoraggiamento e in pegno delle grazie copiose del Signore, impartiamo la nostra affettuosa Apostolica Benedizione.
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