ALLOCUZIONE
OPTATISSIMUS TANDEM
DEL SOMMO PONTEFICE
PIO VII
Il Papa Pio VII. Venerabili Fratelli.
1. Finalmente è spuntato il graditissimo giorno in cui Ci fu concesso di gioire nuovamente della vostra assidua presenza. Non appena entrammo in questa sacra stanza in cui siete convenuti per Nostro invito, siamo stati assaliti da tale ardente amor paterno, da tale sentimento di letizia che a stento avremmo potuto trattenere le lacrime. Dunque sono trascorsi i tempi delle Nostre crudelissime sventure: ritornati alla Sede Apostolica dopo una dolorosa separazione, Noi abbiamo ripreso il timone della Chiesa che dovremo reggere con sicurezza e dignità; Voi, dispersi ovunque e sottoposti ad ogni vessazione, finalmente siete di nuovo stretti al Nostro fianco, pronti a soccorrerci con l’opera e con il consiglio vostro, liberi e impavidi, mentre siamo intenti a riparare le rovine della Chiesa. Sia dunque cancellato ogni ricordo dei mali che Ci afflissero: tuttavia non può darsi che dal Nostro animo scompaia il ricordo delle tremende sciagure della Chiesa, contro cui parve che il principe delle tenebre abbia sfogato, in questi anni, tutta la sua rabbia. Quella empietà che, scatenata dall’inferno, dominava ovunque, cercava di estirpare tutti i germogli delle virtù cristiane; sennonché Noi stessi fummo autorevoli testimoni di quanto siano stati vani i suoi infami tentativi. Abbiamo visto infatti con i Nostri occhi tali e tanti esempi di salda pietà, abbiamo conosciuto tante diffuse manifestazioni di vivo amore, di devotissimo ossequio e di munifica generosità, mentre eravamo condotti in diverse province dell’Italia e della Francia, che perfino gli antichissimi tempi della Chiesa avrebbero potuto gloriarsi di quegli esempi.
Pertanto non solo alle singole città e ai villaggi, ma ad ogni singola persona nominativamente vorremmo attribuire la lode dovuta per i loro meriti verso di Noi, se lo consentisse la brevità di questo Nostro discorso. Tuttavia non possiamo passare sotto silenzio i Genovesi, i Milanesi, i Torinesi che pubblicamente (se ne avevano facoltà) o di nascosto (se interdetti) accorrevano a Savona per vedere e visitare Noi con una venerazione intrisa di pietà, di amore e di generosità. L’affetto dei Savonesi verso di Noi è tanto più degno di lode, quanto più lunga e più dura fu la prigionia che affrontammo nella loro città. Del pari Noi dobbiamo lodare anche la Francia che, restituita infine al suo prestigioso re, gioisce con Noi; in essa cogliemmo ovunque tanti sentimenti religiosi, fummo onorati (soprattutto da nobilissime signore) da tante testimonianze di devoto ossequio e di splendida munificenza, che Noi, dimentichi in qualche modo della Nostra prigionia, ringraziavamo spesso il Signore che Ci volle spettatori e testimoni di così eccelse virtù. Tale è la natura della santissima istituzione cui apparteniamo: quanto più viene contestata, tanto più energicamente rivela la sua forza; più è conculcata e più in alto si estolle.
2. Questa stessa particolarità della Religione Cristiana dimostra splendidamente che questa è discesa dal cielo in terra. Infatti la fragilità della natura umana non sarebbe in grado di sostenere tali tremende sventure in nome della giustizia né potrebbe andare incontro alla stessa morte con sereno coraggio, se non fosse apertamente sorretta dalla divina virtù. Di dove credete provenisse quell’animo imperturbabile e perfino lieto di cui eravamo pervasi, mentre imperversava la persecuzione contro di Noi, tra le angustie del bisogno, dell’esilio e delle carceri, se non dal Padre celeste delle misericordie che Ci sollevava e Ci consolava in ogni Nostra tribolazione? Chi ha infiammato gli animi generosi degli Spagnoli al segno che, impugnate inaspettatamente le armi, essi aggredirono intrepidi il nemico che già occupava le loro città e le loro fortezze e lo espulsero dalla Spagna dopo averlo sconfitto in sanguinose battaglie? Chi favorì, condusse, accelerò il patto iniziato da potentissimi Principi, l’auspicato esito di guerre atroci e, infine, l’estrema rovina di un importantissimo uomo se non il Dio degli eserciti? Poiché dunque per volere di Dio si sono così mutatele circostanze e siamo felicemente emersi da quell’orribile condizione in cui giacevamo miseramente in questi ultimi anni, cosa resta, Venerabili Fratelli, se non rendere assidue e durevoli grazie a Dio e ricordare per sempre il sommo beneficio per cui abbiamo fatto ritorno nella Sede Apostolica, tra il plauso festoso e straordinario di tutti i popoli e soprattutto della Nostra città?
3. A Te, ora, Vergine Madre di Dio, al cui efficacissimo patrocinio attribuiamo la Nostra salvezza, e a Voi, o fiammeggianti luci della Chiesa, Pietro e Paolo, per l’opera e per il sangue dei quali la Religione Cristiana fu seminata e irrigata in Roma; a Voi, che Ci avete assistito con immediato aiuto rivolgiamo una preghiera affinché vogliate accogliere con benigno ascolto tutte le grazie che rendemmo a Voi con tutto il cuore e vogliate proteggere perennemente questa città, a Voi consacrata, dalle insidie e dalle incursioni di uomini corrotti. Anche a Voi, animosi martiri Silverio e Martino, manifestiamo i grati sentimenti dell’animo Nostro, a Voi che con l’esempio e l’aiuto Vostro Ci incoraggiaste ad essere partecipi delle vostre tribolazioni e a subire ogni sopruso in nome delle santissime leggi e come vostri successori nell’ufficio apostolico.
4. Dopo aver compiuto il Nostro dovere verso Dio, la sua augustissima Madre e i celesti patroni di questa città, Ci rivolgiamo a voi, gloriosissimi Principi, che con i vostri consigli, con le vostre sostanze e le vostre armi avere restituito la pace alla Chiesa oppressa e a tutta la terra. Mai nessuna età vorrà passare sotto silenzio le vostre eccelse e salutari imprese. Noi pure onoriamo, con animo sempre grato e memore, le eccellenti prove della vostra disposizione d’animo verso di Noi, e con tutto il fervore supplicheremo Colui, in grazia del quale i sovrani regnano, perché vi conservi a lungo incolumi e floridi di vera, solida e perenne felicità.
E non vorremo certo defraudarvi, con proclama pontificio, delle meritate lodi, o voi quanti siete uomini prestigiosi e donne elette che in Italia, nelle sue isole e in tutta la Francia accolsero con benevola ospitalità e confortarono con affettuosa e larga generosità una notevole parte dei vescovi e del clero romano strappata dalle sue sedi, colpita nei suoi beni, trattata crudelmente, in una parola, perché non voleva venir meno alla sua fede verso Noi e la Sede Apostolica. O voi beati che avete recato i vostri tesori in cielo, dove né la ruggine li corrode, né il tarlo li guasta. Il vostro nome inscritto negli annali della Chiesa Romana tramanderà fino ai posteri più lontani la pietà e la generosità vostra.
5. Poiché, in verità, per lo stesso motivo con cui crescono i doni crescono anche le ragioni dei doni, tanto più è necessario che Noi siamo più pronti a servire Dio e ad affrontare i compiti affidati a ciascuno di noi quanto più siamo da Lui gratificati di più copiosi benefici.
Pertanto il nostro amore per Dio deve essere più ardente; il profumo delle nostre virtù più fragrante; le nostre veglie per custodire il gregge del Signore siano ininterrotte e più attente di prima. In verità, Noi, non appena spezzato il laccio dell’empia cattività dal quale eravamo trattenuti, siamo ritornati al Nostro incarico, come a voi è noto, per prestare assidua opera al fine di conoscere e curare i mali della Chiesa. Abbiamo disperso, nello Stato Pontificio, le occulte sette di uomini scellerati, nemici accaniti della Religione e del trono dei Principi. Abbiamo ridestato dalle sue ceneri la Compagnia di Gesù, quanto mai idonea a promuovere il culto di Dio e ad assicurare l’eterna salute delle anime; abbiamo nuovamente aperto i cenobi dei religiosi, sui quali si era accanita in modo particolare la furia del persecutore; Ci preoccupammo infine di congregare nuovamente le sacre vergini, sottratte ai pericoli del mondo, nei loro monasteri, da dove erano state scacciate con sacrilega profanazione.
6. Tuttavia quanto resta da fare supera di gran lunga quanto abbiamo fin qui fatto. Pertanto, Venerabili Fratelli, vi scongiuriamo, con tutta la passione di cui siamo capaci, di aiutarci con lo zelo più ardente e con impegno ogni giorno crescente mentre siamo intenti a ripristinare la vigna del Signore che un uomo di singolare crudeltà aveva devastato. Frattanto, di giorno e di notte scongiuriamo il celeste Prìncipe dei pastori perché Ci conceda quelle forze, quel favore, quell’autorità presso tutti i Principi, e infine quel frutto delle Nostre fatiche che Ci consenta di promuovere il bene della Sua Chiesa e di ricondurla felicemente all’antica dignità e grandezza.
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