BREVE
TAM MULTA
DEL SOMMO PONTEFICE
PIO VII
Ai Venerabili Fratelli Arcivescovi e Vescovi di Francia che sono in comunione e grazia della Sede Apostolica.
Il Papa Pio VII. Venerabili Fratelli, salute e Apostolica Benedizione.
1. Sono tanti e tanto distinti i meriti che voi tutti in generale, e ognuno in particolare, avete verso la Religione Cattolica, che per questo motivo siete sempre stati vivamente lodati con tutta ragione da Noi e dal Nostro Predecessore Pio VI di felice memoria per le speciali testimonianze degne di ammirabile virtù.
2. Sebbene le azioni che sono state compiute finora a vantaggio della Chiesa e dei fedeli siano grandi e gloriose, tuttavia le circostanze dei tempi Ci costringono a significarvi che non avete ancora terminato quel cammino di meriti e di gloria al quale le disposizioni della divina Provvidenza hanno riservato in questi tempi la vostra virtù. Occorre aggiungere, Venerabili Fratelli, sacrifici ancora maggiori ai precedenti sacrifici per i quali vi siete fatti tanto onore: i vostri meriti passati verso la Chiesa Cattolica raggiungeranno il colmo con meriti più ampi ancora. La conservazione dell’unità della santa Chiesa e il ristabilimento in Francia della Religione Cattolica chiedono ora da voi una nuova dimostrazione di virtù e di grandezza d’animo, dalla quale tutto il mondo ulteriormente conosca che quelle santissime sollecitazioni delle quali siete stati accesi a favore della Chiesa non sono state dirette a vostro beneficio ma unicamente e realmente all’interesse della Chiesa.
Occorre che voi spontaneamente lasciate le vostre Sedi vescovili; occorre che le rinunciate liberamente nelle mani Nostre. Codesta è certamente una grande cosa, Venerabili Fratelli; ma essa è tale che Noi dobbiamo necessariamente richiederla e voi dovete onorarla per riordinare in Francia la situazione della Chiesa. Noi ben comprendiamo quanto debba costare all’amor vostro lasciare quelle pecorelle che vi sono sempre state carissime e per la salvezza delle quali avete dedicato tante sollecitudini: per loro, sebbene lontane, avete provveduto con tanta premura. Ma quanto più amaro sarà per voi tale sacrificio, tanto più sarà accetto a Dio. Da Lui dovrete aspettare una ricompensa eguale al vostro rammarico, eguale alla Sua larghezza nella remunerazione. Noi dunque, con tutto l’impeto dell’animo Nostro, sospingiamo la vostra virtù ad offrire con animo forte e pronto tale sacrificio onde conservare l’unità: vi preghiamo, vi supplichiamo, vi scongiuriamo per le viscere del Nostro Signore Gesù Cristo.
3. La conoscenza della singolare dottrina e della specchiata virtù che abbiamo sempre ammirate in voi anche nelle circostanze più difficili della Chiesa Ci assicura che Ci invierete subito le lettere di questa Vostra libera rinuncia; essa non Ci consente di sospettare che fra i sapienti e virtuosissimi pastori delle Chiese francesi ci possa essere qualcuno che vorrà frapporre qualche indugio, fosse pure brevissimo, ma anzi con spirito pieno di zelo e di costanza ognuno si uniformerà ai Nostri paterni suggerimenti, proponendosi il nobile esempio di San Gregorio Nazianzeno allorché lasciò il vescovado di Costantinopoli. E per la verità, nella situazione in cui attualmente ci troviamo, non c’è ragione per dubitare che qualcuno di voi voglia opporsi alle Nostre proposte e alle Nostre preghiere, solo che ricordi quello che è stato il continuo orientamento della Chiesa e che fu inculcato da Sant’Agostino contro Cresconio nel libro XI: «Noi non siamo vescovi per noi stessi, ma per coloro a favore dei quali amministriamo la parola e il Sacramento del Signore; perciò, secondo che la necessità richiederà di governarli senza scandalo, dobbiamo con questa regola essere o non essere vescovi, per la ragione che noi siamo tali non per noi ma per altri».
Voi ben sapete, Venerabili Fratelli, che molti ragguardevoli prelati della Chiesa, per conformarsi al proposito della Chiesa di conservare l’unità, spontaneamente lasciarono le loro sedi; circa trecento Vescovi cattolici, poco prima della tanto celebrata Conferenza Cartaginese, dichiararono di essere pronti, ed anzi di credere di essere tenuti a dimettersi dal vescovado se si riteneva che la loro dimissione fosse utile per rimuovere lo scisma dei Donatisti. (Sant’Agostino, De gestis cum emerito, Acta Collat. Carthag., tomo I, Concil. Balutii). Tali esempi, senza dubbio, sono davanti agli occhi e fissati nel cuore di moltissimi di voi, Venerabili Fratelli, che con lettera del 3 maggio 1791 indirizzata a Pio VI, Nostro predecessore di felice memoria, dichiararono di essere disposti e pronti a rinunciare alle Chiese qualora il bene della Religione l’avesse richiesto: proposito che quel sapientissimo Pontefice ascrisse a somma lode degli stessi Vescovi (nel Foglio delle facoltà concesse il 20 settembre 1791 agli Arcivescovi di Lione, Parigi, Vienna, ecc.). Nemmeno sono mancati fra voi anche in questi ultimi tempi, quelli che con le loro lettere hanno significato pure a Noi che volentieri farebbero la stessa cosa qualora la credessero necessaria per conservare in Francia la Religione. Ora, dunque, trovandoci in tale circostanza, in cui la libera dimissione delle vostre sedi è soprattutto necessaria al bene della Religione Cattolica, non possiamo minimamente dubitare che voi non siate per prestare a Dio questo atto di ossequio, e di offrire questo nuovo sacrificio in quanto voi stessi riconoscete di essere tenuti ad offrirlo; ed è gran tempo che, a vostra grande lode, dichiaraste di essere disposti a ciò se l’utilità della Chiesa lo richiedesse.
4. Quindi, essendo Noi certi, per l’opinione che abbiamo sempre avuta della vostra fede e della vostra virtù, che voi, dopo che avrete letto la Nostra lettera, senza frapporre alcun ritardo accoglierete docilmente le Nostre esortazioni, al fine di accrescere i vostri meriti verso la Chiesa e di conservare l’unità della medesima in Francia; in primo luogo ci congratuliamo della immortale gloria che deriverà da codesta così nobile dimostrazione di virtù, di religione e di ossequio che ora voi dovete dare a tutta la Chiesa. Molto rilevante sarà tale gloria, che di gran lunga dovrà essere anteposta alle altre lodi che vi siete meritati andando incontro a tanti pericoli, sopportando con sì luminosa costanza tante calamità per conservare la Religione nelle Chiese a voi affidate, come scrive lo stesso Sant’Agostino nella lettera a Castorio: «È molto più glorioso aver deposto il peso dell’episcopato al fine di evitare pericoli alla Chiesa, che non averlo assunto per reggerne il governo» (Epistola 69, Edit. Maurin). In secondo luogo Ci congratuliamo con voi per i copiosissimi premi che codesto vostro sacrificio vi assicurerà presso il Dio remuneratore dei buoni. «Infatti (come scrive il già citato San Gregorio Nazianzeno) non perderanno Dio coloro che rinunciano alle Sedi ma avranno una superna cattedra più sublime e più sicura di queste» (Orat. 32, tomo I opp., Edit, Bally). Infine Ci congratuliamo, considerando i molti vantaggi che apporteranno copiosamente a tutto il Sacerdozio codesti memorabili esempi di un animo che non è affatto sollecito delle cose proprie, ma soltanto di quelle di Dio e della Chiesa: di codeste testimonianze di obbedienza, di umiltà, di fede (in una parola: di episcopale santità), con le quali coronerete il vostro episcopato. Codesta vostra virtù chiuderà sicuramente le bocche mendaci dei detrattori del Sacerdozio i quali, a forza di calunnie, insinuano che nei ministri del santuario non si trovano altro che fasto, cupidigia e superbia. Codesta nuova lode di cui risplenderete, costringerà anche i più restii ad ammirare la vostra virtù: saranno costretti a dire della Chiesa ciò che lo stesso Sant’Agostino nella citata lettera a Castorio afferma: «Nelle viscere della Chiesa si trovano coloro che cercano non i propri interessi, ma quelli di Gesù Cristo».
5. Siamo costretti dall’urgente necessità dei tempi (la quale anche in questo esercita verso di Noi la sua forza) a ricordarvi l’impellente necessità che da voi si dia risposta scritta a questa lettera entro il termine per lo meno di dieci giorni, e che tale risposta sia affidata a chi vi consegnerà la presente, la quale – con un documento autentico Ci dovrete assicurare di avere ricevuta. Per le medesime ragioni urgenti è pure necessario significarvi che la risposta che darete a questa Nostra lettera deve essere assolutamente completa e non dilatoria, in modo che se entro dieci giorni non darete una risposta esaustiva (e di mandarla tale vi chiediamo con insistenza), ma Ci risponderete con lettere dilatorie, saremo costretti a considerarvi come se ricusaste di prestarvi alle Nostre richieste.
6. Che voi non vi comporterete così ce lo fa sperare il desiderio, di cui siete mirabilmente accesi, di conservare la Religione e di conciliare la pace di tutta la Chiesa; ed ancor più Ce lo fanno sperare codesta vostra pietà, che è propria dei figli, il dovuto ossequio verso di Noi e quella premura con la quale avete sempre dimostrato di porgere i soccorsi della vostra virtù alla Nostra debolezza nella gran mole degl’impegni dai quali siamo gravati. Noi anzi abbiamo per certo che asseconderete con animo pronto e volonteroso le Nostre raccomandazioni con le quali, per consolidare il bene della Chiesa, siamo costretti a stimolare la vostra virtù con tanta tensione d’animo. Inoltre, dovendo voi conoscere, forti della vostra saggezza, che se rifiuterete le Nostre richieste rivolte al fine di rimuovere ogni ostacolo che in Francia si opponga alla conservazione della Religione Cattolica ed a restituire alla Chiesa la tranquillità (lo diciamo con dolore, tuttavia nel grave pericolo che sovrasta la Chiesa bisogna esplicitamente dirlo), Noi dovremo adottare necessariamente quelle misure attraverso le quali possano rimuoversi tutti gl’impedimenti, e la Religione possa conseguire integralmente un sì gran bene.
7. Rispetto alla Nostra propensione e alla benevolenza con cui vi abbiamo sempre stretti al seno, Venerabili Fratelli, e circa l’opinione e il riguardo che sempre abbiamo avuto per la virtù, la dignità e i meriti vostri, Noi crediamo che ne siate così persuasi che ogni ulteriore spiegazione sarebbe superflua, in quanto nessuna cosa è stata omessa da Noi per tenere lontana da voi l’amarezza di tanto rammarico. Ma bisogna confessare con grande dolore che nessuna delle Nostre sollecitudini, nessuna delle Nostre fatiche è stata in grado di resistere alla necessità dei tempi, alla quale siamo stati forzatamente costretti a soggiacere, affinché attraverso codesto vostro sacrificio si provvedesse alla Religione Cattolica. Poste le cose in giusta bilancia, poteva sembrare che Noi facessimo un torto alla vostra fede se Ci fossimo indotti a pensare che avreste anteposto gl’interessi vostri alla conservazione ed all’utilità della Chiesa, e che avreste dimenticato ciò che a nome dei Vescovi africani scrisse Sant’Agostino al tribuno Marcellino quando dichiarò che quei prelati erano pronti a rinunciare all’episcopato: «E perché dobbiamo avere difficoltà ad offrire al Nostro Redentore il sacrificio di questa umiliazione? Invero, Egli è sceso dal cielo in umane membra affinché noi divenissimo membra sue, e noi per evitare che le sue stesse membra siano straziate da una crudele divisione dovremmo temere di scendere dalla Cattedra? Per noi nulla è più gratificante quanto l’essere cristiani fedeli ed obbedienti. Noi tali siamo sempre, ma quanto all’essere Vescovi, noi siamo stati ordinati tali a favore dei popoli cristiani. Pertanto, noi facciamo del nostro episcopato ciò che giova alla pace cristiana dei popoli cristiani. Se siamo servi utili, per quale ragione dobbiamo privarci degli eterni premi del Signore per conservare i nostri temporali privilegi? La dignità episcopale sarà più fruttuosa per noi se, una volta deposta, radunerà maggiormente il gregge di Cristo anziché, se conservata, lo disperderà. Infatti, con quale coraggio spereremo di ottenere l’onore promesso da Cristo nel secolo futuro se in questo secolo il nostro onore impedisce l’unità cristiana?» (Epistola 28, tomo II, opp., Edit. Maurin).
8. Noi dunque, non dubitando minimamente che voi, considerata la vostra religione e la vostra sapienza, provvederete ai bisogni della Chiesa e al vantaggio dei fedeli, pregherete Iddio Ottimo Massimo che corrobori la vostra virtù, affinché con maggiore slancio, come conviene a lieti donatori, possiate offrirgli questo sì gran dono, mentre Noi vi promettiamo, per quanto è nelle Nostre possibilità, che procureremo con ogni impegno perché a voi si provveda nel miglior modo possibile, in pegno della Nostra paterna carità vi impartiamo affettuosamente l’Apostolica Benedizione.
Dato a Roma, presso Santa Maria Maggiore, sotto l’anello del Pescatore, il 15 agosto 1801, anno secondo del Nostro Pontificato.
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