PIO XII
UDIENZA GENERALE*
Mercoledì, 8 aprile 1942
L'uomo nella famiglia:
I. La responsabilità dell'uomo nella felicità del focolare domestico
Non meravigliatevi, diletti sposi novelli, se in queste adunanze settimanali di fedeli e devoti Nostri figli, Noi amiamo rivolgere la parola in particolar modo a voi; sicché il pensiero Nostro nella varietà delle sue movenze viene ordinariamente ad aggirarsi entro l'orbita della nuova famiglia che voi inaugurate. La famiglia umana è l'ultimo sublime portento della mano di Dio nelle nature dell'universo, l'ultima meraviglia da Lui posta a corona del mondo visibile, nell'ultimo e settimo giorno della creazione; quando nel paradiso delle delizie da Lui piantato e preparato plasmò e condusse l'uomo e la donna ponendoveli a coltivarlo e a custodirlo (cfr. Gen. 2, 8.15) e diede loro il dominio sopra gli uccelli dell'aria, i pesci del mare e gli animali della terra (cfr. Gen. 1, 28). Non è questa la regale grandezza, di cui, anche dopo la sua caduta al fianco della donna l'uomo conserva i segni, e che lo esalta sul mondo che egli contempla nel firmamento e nelle stelle, sul mondo per i cui oceani naviga ardito, sul mondo che calca col suo piede e doma col suo lavoro e col suo sudore, per chiedergli il pane che gli ristori e gli sostenga la vita?
Forse, o spose, nel leggere le parole da Noi pronunciate recentemente sulla responsabilità della donna nella felicità del focolare domestico, avete detto in cuor vostro che tale responsabilità non spetta soltanto ad essa, ma è reciproca e concerne non meno il marito che la moglie. E al vostro pensiero sarà allora tornata l'immagine di più di una donna, che conoscete o di cui avete sentito parlare, donna e sposa esemplare, dedita alle cure della famiglia fin sopra le forze, ma che, dopo parecchi anni di vita comune, si trova ancora dinanzi all'egoismo indifferente, sgarbato, forse anche violento, del marito, egoismo il quale, non che diminuire, è andato crescendo con l'età. Tali eroiche madri di famiglia, figlie, sì, di Eva, ma donne forti, imitatrici generose della seconda Eva, Maria, che schiaccia la testa al serpente tentatore e sale il Calvario doloroso fino ai piedi della croce, Noi non le ignoriamo; a quel modo che Ci sono noti i portamenti, talvolta fini e affettuosi, tal altra noncuranti o duri, dei mariti, sulla responsabilità dei quali nel governo familiare, da Noi già in varie occasioni soltanto accennata, Ci eravamo riservati di riparlare con miglior agio. È l'argomento che tratteremo brevemente nel Nostro discorso di oggi.
I. La responsabilità dell'uomo di fronte alla donna e ai figli nasce in primo luogo dai doveri verso la loro vita, nei quali è per lo più implicata la sua professione, la sua arte o il suo mestiere. Col lavoro professionale egli deve procurare ai suoi una casa e il vitto quotidiano, i mezzi necessari per un sicuro sostentamento e per un conveniente vestire. La sua famiglia ha da sentirsi felice e tranquilla sotto la protezione, che le offre e dona con previdente pensiero l'operosa attività della mano dell'uomo.
In condizione ben diversa è l'uomo senza famiglia da quello che ha moglie e figli, a cui deve provvedere. Egli ha talvolta davanti a sé imprese rischiose, che allettano con la speranza di alti guadagni, ma facilmente conducono a rovina per non sospettati sentieri. I sogni di fortuna sovente illudono il pensiero più di quel che appaghino le brame: la moderazione del cuore e dei suoi sogni è virtù che mai non nuoce, perché è figlia della prudenza. Perciò l'uomo ammogliato, anche quando non vi siano altre difficoltà di ordine morale, non deve varcare i dovuti limiti : limiti imposti dall'obbligo che ha di non esporre, senza gravissimi motivi, a pericolo la sicura, tranquilla e necessaria sussistenza della moglie e dei figli, già venuti al mondo o ancora attesi. Altra cosa sarebbe, se, senza sua colpa o cooperazione, circostanze indipendenti dalla sua volontà e dal suo potere mettessero in forse la felicità della famiglia, come suole avvenire nelle epoche di grandi sconvolgimenti politici o sociali, che, dilagando per il mondo, in milioni di case recano i mesti flutti della trepidazione, della miseria e della morte. Sempre però conviene che egli, nel fare o nell'omettere, nell'intraprendere o nell'osare, domandi a se medesimo : Posso io assumere questa responsabilità di fronte alla mia famiglia?
Ma l'uomo ammogliato è stretto da vincoli morali non solo con la sua famiglia, bensì anche con la società. Sono vincoli per lui la fedeltà nell'esercizio della professione, dell'arte o del mestiere; la fidatezza, sulla quale i suoi superiori possano incondizionatamente appoggiarsi; la correttezza e la integrità nella condotta e nell'azione che gli concilino la fiducia di quanti trattano con lui : tali vincoli non sono forse eminenti virtù sociali? E non costituiscono virtù così belle l'antemurale della difesa della felicità domestica, della pacifica esistenza della famiglia, la cui sicurezza secondo la legge di Dio è il primo dovere di un padre cristiano?
Potremmo aggiungere, poiché onore e decoro della donna è la pubblica virtù e stima del marito, che l'uomo per riguardo a lei ha da adoperarsi per eccellere e segnalarsi fra i suoi pari nella propria professione. Ogni donna, in genere, desidera di poter andare superba del compagno della sua vita. Non è quindi lodevole il marito che, per nobile sentimento e affetto verso la moglie, si sforza di fare del suo meglio nella sua attività e, in quanto può, di compiere e ottenere qualche cosa di notevole e di più gradito?
I. Che se l'elevarsi degnamente e onestamente dell'uomo nella società per professione e lavoro torna a onore e consolazione della moglie e dei figli, giacché vanto dei figli sono i loro padri (Prov. 17, 6); l'uomo nemmeno ha da dimenticare quanto giovi alla felicità della convivenza domestica, se egli sempre porta e dimostra, così nell'animo suo, come nel tratto esterno e nelle parole, riguardo e stima alla sua moglie, madre dei suoi figli. La donna non è soltanto il sole, ma ancora il santuario della famiglia, il rifugio del pianto dei piccoli, la guida dei passi per i grandicelli, il conforto dei loro affanni, l'acquietamento dei loro dubbi, la fiducia del loro avvenire. Padrona della dolcezza, ella è pure la padrona della casa. La considerazione, che voi, o capi di famiglia, a lei portate, discernano, sentano e veggano i figli e i domestici dal vostro aspetto, dai vostri atteggiamenti, dai vostri sguardi, dal vostro labbro, dalla vostra voce, dal vostro saluto. Non accada mai che, come suol dirsi, le coppie di persone coniugate si distinguano dalle non coniugate per le maniere indifferenti, meno riguardose o del tutto scortesi e sgarbate con le quali l'uomo tratta la donna. No; l'intiero comportamento del marito verso la moglie mai non vuol essere scompagnato da quel carattere di naturale, nobile e dignitosa premura e cordialità, quale si conviene a uomini di temperamento integro e di animo timorato di Dio; a uomini che col loro intelletto sanno ponderare l'inestimabile pregio che il virtuoso e gentile contegno scambievole fra i coniugi ha per l'educazione della prole. Possente è l'esempio del padre presso i figli : esso è per loro un vigoroso e vivente stimolo a guardare alla madre, e al padre stesso, con rispetto, venerazione ed amore.
3. Ma la cooperazione dell'uomo alla felicità del focolare domestico non può arrestarsi né restringersi al riguardo e alla considerazione verso la consorte della sua vita: deve avanzarsi a vedere, apprezzare, riconoscere l'opera e gli sforzi di colei che silenziosa e assidua si dedica a rendere la comune dimora più confortevole, più gradita e più gaia. Con quanto amoroso studio quella giovane donna ha tutto disposto per festeggiare, così gioiosamente come glielo consentono le circostanze, l'anniversario del giorno, in cui ella, innanzi all'altare, si è unita a colui che doveva divenire il compagno della sua vita e della sua felicità, e che ora è per rientrare in casa dal suo ufficio o dalla sua officina. Guardate quella tavola: fiori delicati l'abbelliscono e la rallegrano. Il desinare è stato da lei preparato con ogni cura; ella ha scelto ciò che ha di meglio, ciò che a lui piace di più. Ma ecco che l'uomo, spossato dalle lunghe ore di lavoro, penoso forse più che d'ordinario, snervato da contrarietà impreviste, ritorna, più tardi del solito, cupo e preoccupato da altri pensieri: le liete e affettuose parole, che lo accolgono, cadono nel vuoto e lo lasciano muto : nella mensa apprestata con tanto amore sembra che egli di nulla si accorga: solo guarda e osserva che quel piatto, pur così bene apparecchiato per fargli piacere, troppo ha sentito del fuoco, e se ne lamenta, senza pensare che la cagione ne è stata il suo ritardo e la lunga attesa. Mangia in fretta, dovendo, com'egli dice, uscire subito dopo il pasto. Il quale appena finito, la povera giovane donna, che aveva sognato la gioia di una dolce serata trascorsa insieme con lui, tutta piena di rinnovate rimembranze, si ritrova sola nelle stanze deserte, bisognosa di tutta la sua fede e di tutto il suo coraggio per reprimere il flusso delle lacrime che le salgono agli occhi!
Qualcuna di simili scene è raro che manchi nel corso della vita. Un principio proclamato dal grande filosofo Aristotele (Ethica Nicomachea 1. 3 c. 7 - Ed. Lipsiae 1912, pag. 55) è che quale uno è in se stesso, tale gli appare il fine dell'operare; in altri termini, che le cose appaiono all'uomo convenienti o no, secondo le sue disposizioni naturali o le passioni da cui è mosso (S. Th. 1 p. q. 83 a I ad 5 ; Iª 2ª q. 9 a. 2). E voi vedete come le passioni, anche innocenti, gli affari e gli eventi, al pari degli affetti, facciano mutare idee e tendenze, dimenticare convenienze e riguardi doverosi, rifiutare e non curare gentilezze e piaceri. Senza dubbio il marito potrà far valere a sua scusa la grave fatica di una giornata di lavoro intenso, reso più pesante dai dispiaceri e dalle noie. Ma crede o pensa egli che sua moglie mai non senta né provi stanchezza, né incontri molestie? L'amore vero e profondo, nell'uno e nell'altra, dovrà essere e mostrarsi più forte che la stanchezza e la noia, più forte che gli avvenimenti e le avversità quotidiane, più forte che le mutazioni del tempo e delle stagioni, più forte che il variare degli umori personali e il sopravvenire di impreviste sfortune. Conviene dominare se medesimi non meno che i casi esteriori, senza cedere e mettersi in loro balia. Conviene saper attingere dalla fonte dell'amore reciproco il sorridere, il ringraziare, l'apprezzare affezioni e cortesie, il dare gioia a chi vi rende pena. Quando dunque, o uomini, vi ritroverete in casa, ove la conversazione e il riposo concederanno ristoro alle vostre forze; non siate corrivi a vedere e ricercare i piccoli difetti, inevitabili in ogni opera umana; badate piuttosto a tutto quel bene, molto o poco che sia, il quale vi viene offerto come frutto di sforzi penosi, di vigili premure, di affettuosi accorgimenti femminili, per fare della vostra dimora familiare, anche se modesta, un piccolo paradiso di felicità e di letizia. Non appagatevi di considerare tanto bene e di amarlo solo in fondo al vostro pensiero e al vostro cuore, no; fatelo apparire e sentire apertamente anche a colei che non ha risparmiato alcun travaglio per procurarvelo, e di cui la migliore e più dolce ricompensa sarà quel sorriso amabile, quella parola graziosa, quello sguardo attento e compiacente, donde ella comprenderà tutta la vostra riconoscenza.
Qualche altro avvertimento, che Ci resta da aggiungere per gli uomini, lo riserviamo, perché non torni a offesa della promessa brevità di questo discorso, ad una prossima Udienza. Ora la Benedizione Apostolica, che siamo per darvi, diletti sposi novelli, mentre intendiamo che si estenda a quanti qui Ci ascoltano e ai loro cari, invochiamo che scenda oggi particolarmente sopra gli uomini, i quali, non solo nel governo della famiglia e nel suo sostentamento portano un peso sovente così grave, ma inoltre hanno e sentono verso la società e il bene pubblico, segnatamente in quest'ora di grandi cimenti, doveri e obblighi che spesso li traggono lungi dalle pareti domestiche fra disagi e sacrifici, e nell'adempimento dei quali l'eroismo si unisce con quello scambievole amore coniugale, che la lontananza non scema, ma ravviva ed esalta in un più sublime palpito di fede e di virtù.
*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, IV,
Quarto anno di Pontificato, 2 marzo 1942 - 1° marzo 1943, pp. 29-34
Tipografia Poliglotta Vaticana
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