PIO XII
EPISTOLA ENCICLICA
SULL'ATTIVITÀ MISSIONARIA PORTOGHESE
L'VIII centenario della fondazione del Portogallo e il III della sua restaurazione, che la vostra gloriosa e nobile patria celebra quest'anno con grande solennità e unità di intenti, non potevano lasciare indifferenti il vigile interesse di questa sede apostolica né, tanto meno, il nostro cuore di padre comune dei fedeli.
Abbiamo anche un motivo speciale per partecipare alla commemorazione della vostra prima indipendenza, ed è il fatto che la Santa Sede, come è noto, collaborò perché le venisse data una costituzione giuridica.
Gli atti con i quali i nostri predecessori del XII secolo, Innocenzo II, Lucio II e Alessandro III accettarono l'omaggio di obbedienza prestata da Alfonso Henriques, conte e in seguito re del Portogallo, e, promettendogli la loro protezione, dichiararono l'indipendenza di tutto il territorio, che a prezzo di durissime lotte era stato valorosamente recuperato dal dominio saraceno, fu il premio altamente vagheggiato con il quale la sede di Pietro compensò il generoso popolo portoghese per le sue straordinarie benemerenze in favore della fede cattolica.
Tale fede cattolica, come fu in certo qual modo la linfa vitale, che alimentò la nazione portoghese fin dalla culla, così fu, se non l'unica, certamente la principale fonte di energia, che elevò la vostra patria all'apogeo della sua gloria di nazione civile e nazione missionaria, «espandendo la fede e l'impero».(2) Lo riferisce la storia e i fatti lo attestano.
Infatti, quando i figli del re Giovanni I gli chiesero di autorizzare la prima spedizione oltremare, che portò poi alla liberazione di Ceuta, il grande e pio monarca, prima di qualsiasi altra cosa, volle sapere se l'impresa sarebbe stata utile per il servizio di Dio. Come in questo caso, anche tutte le altre imprese che seguirono ebbero come scopo principale la propagazione della fede, quella stessa fede che avrebbe animato la Crociata dell'occidente e gli ordini equestri nell'epica lotta contro il dominio dei Mori.
Nelle caravelle che, innalzando il bianco pennone segnato con la rossa croce di Cristo, portavano gli intrepidi scopritori portoghesi sulle rive occidentali dell'Africa e delle isole adiacenti, navigavano anche i missionari, «per attirare le nazioni barbare al giogo di Cristo», come si esprimeva il grande pioniere dell'espansione coloniale e missionaria portoghese, l'infante Enrico il Navigatore.
Il principe degli esploratori portoghesi, Vasco de Gama, quando levò le ancore per iniziare il suo avventuroso viaggio nelle Indie, portò con sé due padri Trinitari, uno dei quali, dopo aver predicato con zelo apostolico l'evangelo alle genti dell'India, coronò il suo faticoso apostolato con il martirio. Il suo sangue e quello di altri eroici missionari portoghesi fu in quei luoghi remoti, come sempre e dovunque è il sangue dei martiri, semente di cristiani; il loro luminoso esempio fu per tutto il mondo cattolico, ma anzitutto per i loro generosi compatrioti, una chiamata e uno stimolo all'apostolato missionario.
Successe allora - proprio quando una serie di avvenimenti funesti strappava gran parte dell'Europa dal grembo della chiesa, che con tanta sapienza e amore materno l'aveva plasmata - che il Portogallo, insieme con la Spagna, sua nazione sorella, aprì alla mistica sposa di Cristo immense regioni sconosciute e portò al suo seno materno, in compenso di quelli miseramente perduti, innumerevoli figli dall'Africa, dall'Asia e dall'America. In quelle terre, a dimostrazione della perenne vitalità della chiesa cattolica, per la quale il divino Fondatore intercede incessantemente e nella quale lo Spirito paraclito incessantemente opera, anche nelle ore più tragiche, sorsero e si moltiplicarono diocesi e parrocchie, seminari e conventi, ospedali e orfanotrofi.
Come è stato possibile che voi, pur essendo pochi, abbiate fatto così tanto nella santa cristianità?(3) Dove trovò il Portogallo la forza per accogliere sotto il suo dominio tanti territori dell'Africa e dell'Asia, e per estenderlo fino alle più lontane lande americane? Dove, se non in quella ardente fede del popolo portoghese, cantata dal suo maggiore poeta, e nella sapienza cristiana dei suoi governanti, che fecero del Portogallo un docile e prezioso strumento nelle mani della Provvidenza, per l'attuazione di opere tanto grandiose e benefiche?
Infatti, mentre uomini esimi, coscienti della propria responsabilità, come Alfonso de Albuquerque, come Giovanni de Castro, governano con rettitudine e prudenza le diverse colonie portoghesi e prestano aiuto e protezione agli zelanti predicatori della fede - che grandi monarchi come Giovanni III si impegnano a mandare in quei paesi - il Portogallo si impone al mondo per la potenza del suo impero e per la sua gigantesca opera civilizzatrice. Quando invece la fede declina, quando lo zelo missionario si scoraggia, quando il braccio secolare, anziché proteggere, disturba, anziché incoraggiare, paralizza la vitalità missionaria, in particolare con la soppressione degli ordini religiosi, allora, naturalmente, con la fede e la carità, si disperde e languisce tutta quella primavera di bene, che da esse era nata e si alimentava.
Uno sguardo anche a queste ombre, figlio nostro amato e venerabili fratelli, non sarà meno profittevole, anzi si presterà a utili riflessioni. Ma è sullo splendore delle vostre incomparabili glorie missionarie, che desideriamo fissare la vostra attenzione in quest'anno pluricentenario, destinato all'evocazione storica dei magnifici fasti della vostra inclita patria, perché nel vostro cuore si mantenga sempre vigoroso l'antico spirito missionario portoghese.
Le attuali celebrazioni centenarie coincidono provvidenzialmente con un periodo di rinascita spirituale del popolo portoghese. Il solenne Concordato e l'Accordo missionario da poco ratificati, oltre a regolare le relazioni e a promuovere la collaborazione amichevole tra la chiesa e lo stato, garantiscono tempi ancora migliori. L'ora attuale è dunque particolarmente propizia per dare nuovo incremento al vostro spirito missionario, con la speranza che possa emulare l'ardore degli antichi missionari portoghesi.
Animato da tale spirito, chi potrà considerare con indifferenza i quasi dieci milioni di anime, che abitano nei territori portoghesi, e che nella stragrande maggioranza attendono ancora la luce dell'evangelo? Quale portoghese - degno di questo nome - non desidererà operare secondo le sue possibilità per conservare sempre vivo e far crescere ogni giorno più ciò che rappresenta una tra le sue glorie più belle, nonché uno dei maggiori interessi della sua patria?
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Noi pertanto, nostro amato figlio e venerabili fratelli, con la mente e il cuore colmi delle gloriose tradizioni missionarie della nazione portoghese, vi teniamo presenti a favore delle molte anime che nelle vostre colonie ancora aspettano chi predichi loro la parola di Dio e condivida «le insondabili ricchezze di Cristo» (Ef 3, 8), e ripetiamo il gesto e l'esortazione del divino Redentore agli apostoli, dicendo anche a voi: «Alzate gli occhi e guardate i campi già maturi per la mietitura» (Gv 4, 35); «La messe è grande, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il Padrone della messe perché mandi operai per la sua messe» (Lc 10, 2).
Sì, «gli operai sono pochi»! Le antiche diocesi dell'Africa portoghese soffrono grande scarsità di annunciatori della parola divina, e vaste circoscrizioni sono affidate a pochi missionari.
«Pregate dunque il Padrone della messe»; chiedete anzitutto al Signore che si degni di suscitare molte vocazioni missionarie sia in Portogallo come tra gli indigeni dei territori d'oltremare a voi soggetti; e non solo vocazioni di sacerdoti, ma di fratelli coadiutori, di religiose e catechisti.
Tutti i sacerdoti consacrino parte delle loro preghiere a questa santa e altissima intenzione; in particolare lo facciano gli ordini contemplativi, e i fedeli, nel recitare il rosario, tanto raccomandato dalla beata vergine Maria di Fatima, non trascurino di elevare un'invocazione alla Madre di Dio in favore delle vocazioni missionarie.
Ma non è sufficiente: è necessario organizzare giornate speciali per le vocazioni missionarie, con ore di adorazione e discorsi appropriati; ciò avvenga ogni anno, in tutte le parrocchie, nei collegi o case per l'educazione della gioventù, nei seminari. In tali giorni, tutti si accostino alla sacra mensa; in particolare i giovani si alimentino del pane dei forti, del «frumento dei prescelti» (Zc 9, 17): per molti sarà forse quello il momento benedetto e felice nel quale il Signore farà sentire la sua chiamata.
Chi più del clero potrà promuovere in modo adeguato queste sante iniziative? Ci rivolgiamo quindi ai venerandi sacerdoti portoghesi e con cuore ardente li esortiamo a iscriversi all'Unione missionaria del clero. Questa pia associazione, benedetta e arricchita di specialissime grazie dai nostri immediati predecessori, e che noi ugualmente benediciamo e raccomandiamo con insistenza, esiste già in quasi tutti i paesi cattolici e dovunque si dimostra mezzo molto efficace per formare la coscienza missionaria tra i fedeli.
È nostro vivo desiderio che l'Unione missionaria del clero portoghese, anche nei suoi principi, si sviluppi rapidamente, poiché tra i suoi membri noi speriamo di trovare quei coltivatori zelanti ed esperti, che con amorosa sollecitudine sappiano scegliere ed educare le tenere pianticelle che nostro Signor Gesù Cristo fa spuntare nella sua vigna, per trapiantarle un giorno nel campo delle missioni.
Anzitutto il Signore attende dai suoi ministri un lavoro ancora più fondamentale: che preparino e coltivino il terreno affinché in esso possano germinare le vocazioni missionarie. Ne deriva che tocca in primo luogo ai sacerdoti diffondere tra i fedeli la conoscenza del problema missionario e suscitare nel loro cuore lo zelo apostolico; perciò - come dichiarava un giorno il nostro predecessore Pio XI di v.m. - non dovrebbe esister un solo sacerdote che non sia infiammato dall'amore per le missioni.(4)
Perciò ripetiamo a voi, amato figlio e venerabili fratelli, le autorevoli parole dello stesso nostro grande predecessore nella sua lettera enciclica Rerum Ecclesiae: «Cercate di fondare tra voi l'Unione missionaria del clero; o, se è già stata fondata, promuovetela con la vostra autorità, con consigli, esortazioni e un'attività sempre più vivace».(5)
Dovere primario dell'Unione missionaria del clero in Portogallo sarà di promuovere e diffondere con ogni mezzo la stampa missionaria. Se non esiste una stampa che faccia conoscere i gravi problemi e le urgentissime necessità delle missioni, né il clero, né, a maggior ragione, il popolo, se ne faranno carico.
Con tutto il cuore benediciamo quindi il bollettino dell'Unione missionaria del clero in Portogallo Il clero e le missioni affinché si rafforzi, e riaccenda in tutti i sacerdoti portoghesi la chiamata allo zelo missionario e ricordi loro i doveri relativi alla propagazione della fede.
Benediciamo pure le altre riviste missionarie delle famiglie religiose, che tanto contribuiscono alla formazione missionaria dei fedeli e facciamo voti perché producano frutti sempre più abbondanti.
Riserviamo quindi una benedizione speciale ai sacerdoti che generosamente si incaricheranno di una zelante propaganda dell'Unione missionaria del clero, perché Dio renda feconda la loro attività. Certamente un autentico zelo per le anime ispirerà loro mille efficaci iniziative per portare a compimento il loro santo proposito.
Desideriamo inoltre che nei seminari l'educazione dei candidati al sacerdozio venga orientata in modo tale da far acquisire una solida e profonda coscienza missionaria, tanto utile per irrobustire la formazione sacerdotale, con vantaggio per il futuro esercizio del loro ministero, in qualsiasi posto la Provvidenza li destini.
E se qualcuno di voi, per benignissima volontà dell'Altissimo, si sentisse chiamato verso le missioni, «né la mancanza di clero, né alcun'altra necessità della diocesi deve dissuaderlo dal dare il proprio consenso; poiché i vostri concittadini, avendo, per così dire, a portata di mano, i mezzi della salvezza, sono molto meno lontani da essa che gli infedeli... In tal caso poi, sopportate volentieri, per amore di Cristo e delle anime, la perdita di qualche membro del vostro clero, se perdita si può chiamare e non invece guadagno; giacché, se vi priverete di qualche collaboratore e compagno di fatica, il divino Fondatore della Chiesa certamente lo supplirà, o espandendo grazie più abbondanti sulla diocesi, o suscitando nuove vocazioni per il sacro ministero».(6)
Ma il nostro maggiore e più ardente desiderio è che, a imitazione dell'arcidiocesi di Goa, dove abbondano le vocazioni sacerdotali e religiose tra i nativi del posto, anche le altre circoscrizioni ecclesiastiche dei domini portoghesi, sviluppando generosamente l'opera già intrapresa, possiedano tra non molto un esemplare clero indigeno, e numerose suore, figlie dello stesso popolo, nel cui seno eserciteranno il loro apostolato.
Va a gloria del Portogallo l'aver sempre associato i popoli d'oltremare alla sua buona sorte, cercando di elevarli al suo stesso livello di civilizzazione cristiana. Noi contiamo su questa lodevole tradizione per la realizzazione di uno dei sogni più vagheggiati dalla chiesa negli ultimi tempi: la formazione del clero indigeno. Da parte vostra, nostro amato figlio e venerabili fratelli, voi farete tutto il possibile perché queste speranze non siano vane, ma diventino tra breve tempo una consolante realtà.
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Non basta tuttavia reclutare numerose vocazioni; è soprattutto necessario educare santi e capaci missionari.
Avete in mezzo a voi, e senza dubbio lo apprezzate degnamente, un monumento insigne della sollecitudine che merita presso questa sede apostolica l'educazione delle vocazioni missionarie, ed è l'Associazione portoghese delle missioni cattoliche d'oltremare, fondata dalla sapiente intuizione ed energia del nostro predecessore, Pio XI di v.m., la quale è anche per Noi oggetto di speciali cure e speranze. Altrettanta fiducia la Santa Sede ripone negli ordini e nelle congregazioni religiose, maschili e femminili, che in ogni tempo sono stati e sono i luoghi dove viene formata la maggior parte dei missionari. Dagli uni e dalle altre ci aspettiamo molto e molto si aspettano le missioni. Conoscendo bene le necessità spirituali dei possedimenti portoghesi, è nostro vivissimo desiderio che a lato degli ordini e congregazioni religiose, che già si dedicano alle missioni, se ne schierino altre ancora, e che gli ordinari concedano loro appoggio e favore, per un fine così urgente e santo, così che anche in questi istituti si moltiplichino gli operai dell'evangelo, destinati alle missioni delle vostre vaste colonie.
Ai direttori dei collegi della succitata Associazione missionaria, come pure ai superiori delle altre corporazioni religiose, vogliamo aprire il nostro cuore, perché vedano chiaramente le nostre preoccupazioni apostoliche e quanto desideriamo che le vocazioni missionarie siano debitamente coltivate e solidamente formate.
Si ricordino che nessuno deve incamminarsi per i difficili ed eroici sentieri delle missioni, se non è chiamato per privilegio singolare del Signore; allo stesso modo non si deve permettere a nessuno che prosegua su questo cammino, se non corrisponde degnamente alla chiamata divina.
Il missionario dev'essere un uomo di Dio, non solo per vocazione, ma anche per la donazione completa e perpetua di se stesso. «In effetti - insegna l'ammirevole epistola apostolica Maximum illud di Benedetto XV di v.m. - è necessario che sia uomo di Dio, che predica Dio, che odia il peccato e che insegna a odiarlo. Specialmente tra gli infedeli, che agiscono più sotto la spinta del sentimento che della ragione, la fede fa maggiori progressi se viene predicata con l'esempio più che con la parola».(7)
Si tratta, nostro amato figlio e venerabili fratelli, di una santità profondamente radicata nell'anima, non di una superficiale bontà, che sparirebbe al primo contatto con la corruzione del paganesimo. Uomini che, secondo la frase di san Paolo, «hanno la parvenza della pietà, mentre ne hanno rinnegato la forza interiore» (2Tm 3,5) di certo non saranno sale della terra, che curi la corruzione dei costumi pagani, e nemmeno luce del mondo, che mostri il cammino della salvezza a quanti giacciono nell'ombra di morte. E piaccia a Dio che non arrivino loro stessi a corrompersi miserabilmente e, peggio ancora, a trasformarsi in maestri di corruzione!
Inoltre, è necessario che il futuro missionario riceva un'educazione completa, sia scientifica che pastorale, affinché possa davvero essere un «sapiente architetto» (1 Cor 3, 10) del regno di Dio.
Non gli basterà una vasta e profonda scienza teologica; dovrà anche conoscere le scienze profane relative all'esercizio dei suoi compiti; altrimenti, se gli mancheranno queste conoscenze sacre e profane, il missionario, guidato unicamente dal suo zelo, rischierà di costruire sulla sabbia.
Pertanto, a somiglianza del divino Maestro, che «passò facendo del bene e sanando tutti» (At 10, 38), e obbedendo al mandato di lui, che disse: «curate gli infermi» (Lc 10, 9) e «insegnate a tutte le genti» (Mt 28, 19), il missionario aprirà la bocca per parlare con sapienza e dottrina del regno di Dio, e stenderà le mani, convenientemente preparate e mosse da carità cristiana, per alleviare i corpi dalle malattie e dalle miserie che li affliggono; con i corpi sanerà unitamente le anime. Egli saprà pure elevare l'intelligenza di tanti poveri schiavi di superstizioni degradanti e immersi «nell'ombra della morte»; con l'istruzione aprirà in quelle intelligenze ottenebrate il varco alla luce dell'evangelo.
Infatti, a lato della casa di Dio, la Chiesa, illuminata dallo Spirito Santo, ha innalzato in ogni parte, ma soprattutto nelle terre di missione, orfanotrofi, ospedali e scuole. Ora chi sarà il «sapiente architetto» di queste sante opere, se non il missionario che annuncia la verità cristiana? E come potrà esserlo senza la necessaria preparazione per avere quelle doti e virtù?
Identiche raccomandazioni facciamo a quanti si dedicano alla formazione di quell'esercito silenzioso, ma laboriosamente benefico, aiuto quasi indispensabile delle missioni, che sono le suore missionarie.
Sappiamo che in Portogallo, per la misericordia di Dio, si stanno moltiplicando le congregazioni religiose femminili. In esse si curino con diligenza il reclutamento e l'educazione delle vocazioni missionarie, in modo che le suore, pronte a partire verso terre di infedeli, siano ogni volta più numerose e meglio preparate a esercitare con successo i compiti di maestre, infermiere, catechiste, in una parola, tutte le incombenze particolari che si riferiscono all'apostolato missionario.
Tutti coloro cui compete questo dovere considerino bene che le suore missionarie potranno cogliere frutti tanto maggiori, quanto più adeguata e completa sarà la loro formazione, non solo religiosa, ma anche intellettuale. E piaccia a Dio che tra breve tempo vediamo collaborare con le suore missionarie molte zelanti suore indigene!
Non dimentichiamo certo voi, dilettissimi figli, che già avete obbedito all'invito del divino Maestro: «Prendi il largo!» (Lc 5, 4) A voi, che già vi trovate in alto mare, che lottate e vi affaticate per estendere il regno di Dio, va più sollecito il nostro pensiero e si dirigono più cordiali il nostro saluto ed esortazione. Infondendovi nuovo coraggio, preghiamo e scongiuriamo tutti e ciascuno in particolare, con le parole dell'Apostolo delle genti: «Sforzati di presentarti davanti a Dio come un uomo degno di approvazione, un lavoratore che non ha di che vergognarsi» (2 Tm 2, 15). «Sii esempio ai fedeli nelle parole, nel comportamento, nella carità, nella fede, nella purezza» (1 Tm 4, 12). Con lo stesso san Paolo, all'esortazione uniamo il suggerimento dei mezzi necessari per metterla in pratica, riassumendoli tutti nel seguente consiglio: «Tendi... alla pietà» (1 Tm 6, 11). Se la grazia di Dio dimorerà nel vostro cuore, non potrà mancare di diffondersi intorno a voi e sulle vostre opere, poiché questa è la legge del regno di Dio. Infatti «il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti» (Mt 13, 33)
La storia delle vostre missioni conferma eloquentemente la verità di questa legge divina. Mentre le cosiddette missioni laiche, che dovevano sostituire le missioni cattoliche, rimasero sempre infruttifere, quali immensi beni, non solo spirituali, ma pure - per logica conseguenza - temporali, a vantaggio e prestigio del Portogallo, operarono degli uomini apostolici come Francesco Saverio e Giovanni de Brito! Imitateli dunque degnamente!
Come sapete, il 15 marzo di quest'anno si è compiuto il quarto centenario della divina vocazione di Saverio verso le missioni dell'India portoghese. Questa vocazione divina gli fu manifestata dalla lettera che Giovanni III, re del Portogallo, scrisse al suo ambasciatore a Roma, incaricandolo di cercare saggi e virtuosi missionari per le Indie. Quanto bene Saverio ricompensò il Portogallo per il grande aiuto offerto alla vocazione divina del santo protettore delle missioni! Certamente non avrebbe potuto fare di più a servizio del Portogallo, se fosse stato portoghese di nascita. Tale è l'efficacia benefica della santità. In essa si trova il segreto del felice risultato della vostra missione. Il vostro programma missionario fra gli infedeli sia lo stesso del divino Maestro: «Santifico me stesso perché essi siano santificati» (Gv 17, 19) che fu anche il programma di san Francesco Saverio, del beato Giovanni de Brito e di tutta la gloriosa schiera di santi missionari portoghesi, che tanto onore hanno recato alla religione e alla nazione portoghese.
Ed ora, prima di concludere, una parola per il generoso e a Noi caro popolo portoghese.
Cristo Signore confidò a coloro che già godono degli incomparabili benefici della redenzione, l'incarico di condividerli con i fratelli, che ancora ne sono privi. Nelle vostre magnifiche colonie avete milioni di fratelli, la cui evangelizzazione vi è in modo particolare affidata.
Per questo noi vi convochiamo tutti a una santa crociata in favore delle vostre missioni.
Come i vostri gloriosi predecessori, dei quali quest'anno celebrate la memoria, si stringevano intorno a capitani e cavalieri, che agitavano la bandiera crociata o, quando non potevano seguirli, li accompagnavano con le preghiere, con la solidarietà o con l'aiuto finanziario, così anche voi impegnatevi con l'offerta dei vostri figli, le vostre orazioni e il vostro obolo generoso per le missioni.
In questa nobile crociata un compito privilegiato spetta a quanti militano nell'Azione cattolica.
Dio benedirà la vostra santa crociata e la vostra nobilissima nazione. Da Fatima, nostra Signora del rosario, la grande Madre di Dio che vinse a Lepanto, vi assisterà con il suo potente patrocinio. San Francesco Saverio, il santo protettore delle missioni cattoliche, portoghese di adozione, il beato Giovanni de Brito e tutta la nobile falange di santi missionari portoghesi sarà con voi.
Intanto la benedizione apostolica che con tutta l'effusione del nostro cuore impartiamo a voi, nostro amato figlio e venerabili fratelli, e a tutti e ciascuno dei vostri fedeli, sia per voi pegno di grazie celesti e testimonianza della nostra paterna benevolenza.
Roma, presso San Pietro, 13 giugno 1940, festa di sant'Antonio, anno II del nostro pontificato.
PIO PP. XII
(1) PIUS PP. XII, Epist. enc. Saeculo exeunte octavo saeculo exeunte VIII a Lusitania proprii iuris facta, III vero ab eadem in libertatem restituta, apostolica missionalium opera enixe Lusitanis commendatur, [Ad venerabiles fratres Patriarcham Olysipponensem, Archiepiscopos, Episcopos aliosque locorum Ordinarios Lusitaniae eiusque trans mare terrarum pacem et communionem cum Apostolica Sede habentes],13 iunii 1940: AAS 32(1940), pp. 249-260. - In AAS (pp. 260-270) viene data anche la versione ufficiale portoghese dal latino. Versione italiana di Rita Simionati.
Nell'VIII centenario della fondazione del Portogallo e III della sua restaurazione. Esaltazione commemorativa dell'opera missionaria portoghese nei territori d'oltremare. Vocazioni e associazioni missionarie. Necessità di santi annunciatori dell'evangelo. Grandi missionari portoghesi.
(2) Cf. CAMÕES, Lusiadas, I, 2.
(3) Cf. CAMÕES, Lusiadas, VII, 3.
(4) Cf. AAS 18(1926), p. 71; EE 5/170.
(6) AAS 18(1926), p. 70s; EE 5/169.
(7) AAS 11(1919), p. 449; EE 4/app.
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