DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO XII
AI DIRIGENTI DIOCESANI
DELL'AZIONE CATTOLICA ITALIANA
Mercoledì, 4 settembre 1940
Ai dirigenti diocesani dell’Azione Cattolica Italiana convenuti a Roma.
Se a temperare le Nostre pene e i Nostri timori, onde sentiamo gravato l’animo in quest’ora aspra e pugnace di popoli, valgono i devoti affetti dei figli che vengono a Noi per comune conforto di preghiere e di speranze; grande è la Nostra gioia nell’accogliere una così eletta rappresentanza dell’Azione Cattolica Italiana, adunata intorno ai suoi Assistenti ecclesiastici, a numerosi illustri Presuli, allo zelante Vescovo Direttore generale, al Signor Cardinale Nostro diletto Segretario di Stato, al venerando Signor Cardinale Decano, e ai Signori Cardinali componenti la speciale e altamente benemerita Commissione, di cui il degnissimo Presidente si è fatto eloquente interprete. In quest’Opera di tanto largo nome Ci è dolce e grato il salutare la cara e preziosa eredità lasciataCi, come figlia prediletta dell’acceso suo zelo per l’incremento della vita cristiana, dall’incomparabile e sapiente Nostro Predecessore. Perché, se la fede e la carità di Cristo tutti ci affratellano e ci sospingono a reciproco bene; se la collaborazione dei laici all’apostolato gerarchico appare proficua e riconosciuta fino dall’alba del Cristianesimo nella primitiva predicazione apostolica; se questo cooperante apostolato ha preso attraverso i secoli nella storia della Chiesa i più svariati aspetti di aggregazione, di disciplina, di modo e misura secondo le convenienze dei tempi; quella forma nobilissima di collaborazione, che costituisce l’Azione Cattolica Italiana, venutasi svolgendo sotto i Pontificati di Pio IX, Leone XIII, Pio X e Benedetto XV, ha avuto dalla grande mente e dal grande cuore di Pio XI il suo più vigoroso impulso e il suo organico ordinamento.
Ma è pregio di ogni salutare istituto il crescere custodito e regolato, perfezionandosi nel suo svolgimento e condizionandosi sempre più all’alta intenzione del fine. Onde assai Ci compiacciamo di rendere grazie alla Commissione Cardinalizia per la redazione dei nuovi Statuti (in altri Paesi, pur mantenendo il concetto fondamentale e le linee essenziali, possono adottarsi altre speciali forme e ordinamenti secondo le diverse tradizioni e le particolari circostanze), nuovi Statuti, che ad altro non mirano se non a rendere l’Azione Cattolica più adeguata e aderente ai bisogni delle anime e dei tempi, sempre più strettamente unita alla Gerarchia ecclesiastica, affinché questo vivace albero, fatto rifiorire nel giardino della Chiesa dal Nostro Antecessore, dilati i suoi rami in mezzo al popolo cristiano, porgendo quei frutti del buon odore di Cristo, che per vigore del succo divino la sua radice matura e moltiplica.
Di qui si fa manifesto quanto sia alta la missione dell’Azione Cattolica, come quella che presta il suo concorso al raggiungimento del fine stesso della Chiesa: cooperare alla salvezza delle anime, e continuare attraverso il tempo e lo spazio l’opera redentrice di Gesù Cristo. Non è forse la conversione del mondo e l’adunamento delle genti nel regno di Dio l’eccelso fine della Chiesa e della Gerarchia ecclesiastica? Non è la croce del Golgota, sorgente di sapienza, di forza e di vittoria [1], il divino segnale della redenzione di tutti i figli di Adamo e il faro di salute eterna per l’umanità, naufraga nel mare dell’errore e della colpa? Levate il vostro sguardo al Golgota, diletti figli e figlie; e ammirate la Sposa di Cristo, che col calice del sangue di lui scende alla conquista e alla riconciliazione del mondo con Dio; al suo fianco con le chiavi del cielo è Pietro, Vicario di Cristo, sono gli Apostoli, i Vescovi, i sacerdoti e i ministri cooperatori della santa impresa; intorno a loro vedete adunarsi le turbe e i popoli rigenerati nel lavacro e nella parola che trasumanano le anime, e tutti affratellano dinanzi ad un unico Maestro, pecorelle e agnelli in un solo ovile, « dove non è Greco e Giudeo,… Barbaro e Scita, servo e libero; ma Cristo è ogni cosa, e in tutti » [2]. « Unus est enim Magister vester; omnes autem vos fratres estis » [3]: tutti fatti a immagine di Dio, tutti riscattati da Cristo, tutti figli del Padre celeste, tutti uniti in una medesima fede, tutti, mentre siamo nel corpo, pellegrinanti da Dio e dalla patria celeste [4].
Se abbiamo anche quaggiù una patria a noi cara, alla quale dobbiamo un culto di fedele amore [5], essa è quella del nostro terreno pellegrinaggio, patria che attraversiamo nel tempo, nel cammino e nelle vicende liete e dolorose della vita e della convivenza sociale e civile, nei bisogni e negli aiuti di amici e concittadini, nella guardia e difesa del tetto nativo, nella ricerca di una prosperità o di una rinomanza che passano con la figura di questo mondo [6]. Non abbiamo qui una ferma città, ma andiamo cercando la futura [7]. Lassù, più in alto è la stabile nostra patria; per quella siamo nati, a quella siamo destinati e avviati e facciamo cammino con tutti i fratelli di fede e di speranza, congiunti da quella carità che supera la fede e la speranza, come la ricchezza e la povertà, la scienza e l’ignoranza, e tutta benigna, tutta lieta della verità, tutto soffrendo, tutto credendo, tutto sperando, tutto sostenendo, attrae e rapisce con sé i fratelli per farseli compagni eterni in cielo, nella beata visione di Dio. Ecco a che mira il cooperare al fine della Chiesa e alla salvezza delle anime. Ecco il campo della messe spirituale dell’Azione Cattolica nell’ora presente.
L’ora presente è l’ora dei cimenti delle anime. Nella vertigine del progresso materiale, nelle vittorie dell’ingegno umano sopra i segreti della natura e sopra le forze degli elementi della terra, dei mari e del cielo, nell’ansiosa gara del trascendere le vette raggiunte dai competitori, negli arringhi dell’indagine ardimentosa, nelle conquiste e nell’orgoglio della scienza, dell’industria, dei laboratori e delle officine, nell’avidità del guadagno e del piacere, nella tensione verso una potenza sovreminente più paventata che contesa, più invidiata che pareggiata, nel tumulto di tutta la vita moderna; dove mai trova pace l’anima dell’uomo, naturalmente cristiana? forse nell’appagarsi di se stessa? forse nel vantarsi signora dell’universo, avvolta nella nebbia dell’illusione che confonde la materia con lo spirito, l’umano col divino, il momentaneo con l’eterno? No; nei sogni inebrianti non si tranquilla la tempesta dell’anima e della coscienza, agitate dall’impeto della mente che sovrasta alla materia, e varca, consapevole di un destino immortale irrecusabile, verso l’infinito e verso desideri immensi. Accostatevi a queste anime; interrogatele. Vi risponderanno col linguaggio del fanciullo, non dell’uomo [8]. Non ebbero una madre, che ad essi bambini additasse un Padre nel cielo; crebbero fra pareti senza Crocifisso, in case mute di religione, in campi lontani da un altare e da un campanile; lessero pagine con tutt’altri nomi che con quelli di Dio e di Cristo; udirono vituperati i sacerdoti e i religiosi; passarono dalle campagne, dalle città, dal focolare domestico all’officina, alla bottega, alle aule del sapere, a ogni arte e lavoro, senza frequentare la chiesa, senza conoscere il parroco, senza un buon pensiero nel cuore.
Sono anime infelici che non ebbero nei pericoli della prima età chi le istruisse, le guidasse, le correggesse, le rassodasse nella fede e nella pietà; o se l’ebbero, l’indifferenza, la noncuranza, il cattivo esempio dei compagni, il bollore della gioventù, le distrazioni e le occupazioni giornaliere ne oscurarono la lampada della fede e della pratica religiosa, stornandone il pensiero e raffreddandone il cuore, tramutandone la buona radice quasi in arido tronco che ripullulerà i suoi germogli nell’ora della sventura o al calore di una parola amica e pietosa o nel gelido tramonto della vita. Quante di tali anime, con l’ampliarsi delle città e delle industrie, con l’inurbarsi dal contado di schiere di operai, vengono addensandosi nei suburbani e nuovi quartieri cittadini, dove talvolta non trovano chiese o lunga è la via di trovarle, dove il sacerdote e il parroco appena è che arrivino a conoscerle! Tanto al numero e ai bisogni delle anime è impari il numero e l’opera dei ministri di Dio! Tanto urgente sentono i sacri pastori e i parroci, particolarmente nelle grandi città, il bisogno di aiuto di fedeli collaboratori nel molteplice, arduo, immenso lavoro che li opprime a pascere e vigilare la moltitudine sempre crescente del loro gregge! A tutte le pecorelle loro affidate vorrebbe accostarsi il loro zelo, tutte raggiungere le smarrite, tutte illuminarle e ricondurle al divino Pastore delle anime; ma non pochi compartimenti della vita sociale restano pressoché impervii all’azione sacerdotale, aperti invece a quella dei laici.
È una gran legge di natura e di grazia che la somiglianza apra le porte al raccostamento e all’affetto; è un vincolo che, avvicinando un laico a un laico, inizia l’amicizia; e ambedue può elevare a incontrarsi nell’alta sfera dello spirito, quando l’uno ami nell’altro un fratello, quando lo contempli in una visione di fede e di paradiso, quando si senta divorato dallo zelo della casa di Dio. « Chi mai, domanda Sant’Agostino, è divorato dallo zelo della casa di Dio? Colui che, se vi vede del male, cerca di correggerlo, brama di emendarlo … Se scorgi un fratello sviarsi dalla casa di Dio, rattienilo, ammoniscilo, se lo zelo della casa di Dio ti divora … Riprendi quanti puoi, ferma quanti puoi, sgomenta quanti puoi, quanti puoi conforta; ma non riposare … Non guardare solo a te stesso; non dire in cuor tuo: Tocca forse a me il curare gli altrui peccati? A me basta l’anima mia, che la salvi innanzi a Dio. Oh non ti rammenti del servo, che nascose il talento ricevuto dal padrone e non lo volle mettere a frutto? Fu forse accusato di averlo perduto, o non piuttosto di averlo conservato senza guadagno?… O fratelli, conchiude il gran Vescovo d’Ippona, voi sapete in qual modo Dio apre il cammino, come schiude la porta alla sua parola; non vogliate riposarvi dal guadagnare anime a Cristo, perché da Cristo voi stessi siete stati guadagnati » [9]. In questi infocati accenti di zelo episcopale voi sentite il cuore di Agostino, la sua esortazione, il suo ammonimento di Azione Cattolica per il suo tempo e per il futuro; perché la casa di Dio, ch’è la Chiesa Cattolica, com’è di tutti i tempi, è pure del nostro, e lo zelo di lei deve accendere i suoi figli con quel fuoco divoratore, che Cristo venne a portare e dilatare in terra.
E di tal fuoco divino di zelo apostolico Noi vediamo al tempo nostro le fiamme dei labari che adunano e guidano le coorti dell’Azione Cattolica; fiamme che illuminano ciò che hanno fatto e che stanno facendo; fiamme che delle fervorose schiere di uomini e di donne, di gioventù maschile e femminile, di universitari e di universitarie, di laureati cattolici fanno una falange ausiliaria, ubbidiente alla voce del Sommo Pastore e alla direzione dei Vescovi nella conservazione e diffusione della fede e della morale cristiana in mezzo al popolo. A voi, diletti figli e figlie dell’Azione Cattolica, che avete fatto vostra l’insegna di operare e soffrire, cristianamente e romanamente forti cose, a voi il Nostro paterno compiacimento, i Nostri ringraziamenti e la lode Nostra. Voi avete ben meritato della Chiesa e della società civile; sì, anche della società civile; perché diffondendo e attuando nella vita individuale, familiare e sociale i principii cattolici di autorità, di obbedienza, di ordine, di giustizia, di equità e di carità, avete cooperato a far rifulgere, rinvigorire e rinsaldare quelle che sono le basi più solide del consorzio civile.
In voi riponiamo molte delle Nostre speranze per l’avvenire. In quest’ora sì grave, in cui le passioni umane, che la pace sopiva, si destano, erompono, s’infuocano, lottano in un duello di sangue e di danni; nell’angoscia che stringe il Nostro cuore di Padre comune per il fiero conflitto che divampa tra figli e figli a Noi cari, Noi fissiamo lo sguardo sull’Azione Cattolica, e confortiamo l’animo Nostro a bene sperare, fiduciosi, come siamo, di trovare in essa, raccolta e stretta intorno ai Vescovi e alla Sede Apostolica, devoti e ardenti collaboratori nella grande intrapresa, che sopra ogni altra preme il Nostro spirito, per il supremo interesse delle anime e delle nazioni: il ritorno di Cristo nelle coscienze, nei focolari domestici, nel pubblico costume, nelle relazioni fra le classi sociali, nell’ordine civile, nei rapporti internazionali. È un’impresa altamente cristiana, che innalza gli zelanti figli della Chiesa militante al merito e all’onore della più nobile e santa crociata, combattuta per l’incremento, la difesa e il consolidamento in seno all’umanità del regno di Cristo: di Cristo, « luce vera, che illumina ogni uomo che viene in questo mondo » [10]; di Cristo, luce di giustizia fra Dio e l’uomo, fra uomo e uomo, fra popolo e popolo; di Cristo, luce di verità, che il mondo posto nel maligno (mentre, al pari di Pilato, interroga che mai essa sia) non si cura, né ama di conoscere e intendere per operare il bene; di Cristo, luce di concordia e di salvezza nei turbamenti della pace fra le genti.
L’Azione Cattolica Italiana risponderà con piena soddisfazione ai disegni e alle speranze della Chiesa, se a ciò condizionerà se stessa con quell’unione ch’è la sua vita e il suo vigore. Unione quadruplice: con la Gerarchia ecclesiastica; con Dio per l’intima formazione spirituale; coi membri fra loro per la concordia nell’ operare; coi membri di altre Associazioni pure soggette alla direzione ecclesiastica.
1° Risponderà anzitutto all’aspettazione della Santa Chiesa, se rimarrà sempre più strettamente unita ai Vescovi e alla Santa Sede e a loro incrollabilmente congiunta. Alla Gerarchia spetta l’autorità e l’ufficio di insegnare e di guidare: l’Azione Cattolica ne è la docile collaboratrice, che mette a disposizione di lei tutte le sue energie nell’amore. Nell’ubbidienza, nella dedizione sommessa e pronta al Sommo Pontefice e ai Vescovi i suoi membri trovano la loro gioia, la loro forza, non meno che la garanzia del loro fruttuoso successo, giacché per la Gerarchia, erede della missione apostolica, vale la indefettibile promessa di Cristo: « Ecco che io sono con voi tutti i giorni sino alla consumazione dei secoli » [11].
Inoltre, siccome « non è potestà se non da Dio, e quelle che sono, sono da Dio ordinate » [12], rendano gli iscritti all’Azione Cattolica il debito rispetto e prestino la leale e coscienziosa obbedienza alle Autorità civili e alle loro legittime prescrizioni; « perché dice il Principe degli Apostoli, tale è la volontà di Dio, che facendo il bene chiudiate la bocca alla ignoranza degli uomini stolti; come liberi, e non quasi tenendo la libertà per velame di malizia, ma come servi di Dio. Onorate tutti; amate i fratelli; temete Dio; rendete onore al re » [13]. Per tal modo i soci della Azione Cattolica, la quale non è e non vuol essere un’associazione di partito, bensì un’eletta di esempio e fervore religioso, dimostreranno di essere non solo ferventissimi cristiani, ma anche perfetti cittadini, non estranei agli alti compiti della convivenza nazionale e sociale, amanti della patria e pronti a dare per essa anche la vita, ogni qualvolta il legittimo bene del Paese richiegga questo supremo sacrificio [14].
2° Fondamento precipuo dell’Azione Cattolica, a farsi ausiliaria della Gerarchia ecclesiastica, vuol essere la unione con Dio; vale a dire, se i suoi membri porteranno nell’apostolato una profonda formazione religiosa, spirituale e culturale. È ben vero che lo spirito di apostolato è cosa grande e degna di alta lode in ogni cristiano, per ciò stesso che, inserito nel mistico corpo di Cristo, vive la sua fede. Ma l’appartenenza all’Azione Cattolica, implica una selezione, domanda uno spontaneo slancio di dedizione generosa che non indietreggia nell’offerta e nel sacrificio di se stesso, impone e determina una squisita preparazione e formazione, acquisita o da acquistarsi, acconcia alla natura dell’Associazione. Agli Assistenti ecclesiastici, sotto gli ordini dell’Episcopato, spetta in modo speciale il plasmare e l’istruire i soci dell’Azione Cattolica, alimentandoli e crescendoli nei pascoli di una sicura, sana e intima spiritualità, e dissetandoli alle pure fonti della dottrina cristiana.
In tale palestra di spirito, sopra ogni altra cosa Noi raccomandiamo la preghiera, come già dicemmo agli alunni del Santuario la prima volta raccolti intorno a Noi. Pregate; pregate, pregate: la preghiera è la chiave dei tesori di Dio: è l’arma del combattimento e della vittoria in ogni lotta per il bene e contro il male. Che non può la preghiera, adorando, propiziando, supplicando, ringraziando? Sua vita, che ardentemente additiamo alle schiere dell’Azione Cattolica, è la cosciente partecipazione al Santo Sacrificio della Messa, la frequenza ai Sacramenti, gli Esercizi Spirituali, e con le varie forme di pietà, l’animo e l’ardore del sacrificio, gran legge e condizione della fecondità dell’apostolato. L’appartenere all’Azione Cattolica non colloca in posizione di privilegio o di superiorità, ma infonde ai suoi membri un doveroso impulso a farsi, con spirito di umiltà, di abnegazione e di carità, tutto a tutti [15] per tutti guadagnare a Cristo, e verso tutti sentirsi, come l’Apostolo, « debitori » degl’ineffabili tesori che hanno ricevuti dalla divina Bontà.
3° Dall’unione con la Gerarchia e dall’unione con Dio non può separarsi, né deve mancare negli iscritti all’Azione Cattolica, come condizione di vigorosa efficacia nel campo spirituale, l’unione fra loro, che strettamente e vicendevolmente li accosti e congiunga così da formare una sola grande famiglia di persone mature e di giovani. Vi sia la massima concordia fra gli Assistenti ecclesiastici nelle diocesi e al centro, specialmente in quel gran bene che più conferisce al retto fine inteso; e qualche dissenso in piccole cose, che non contrasta con l’amicizia, rimanga nell’intelletto senza scendere nella volontà, sacrificandolo alla carità e alla pace comune [16]. Si attui il passaggio spontaneo e regolare da una Associazione all’altra, organizzata secondo l’età; e vi sia coordinamento nelle iniziative e nei disegni di lavoro tanto dei sacerdoti quanto dei laici, affinché non avvengano dispersioni di energie.
4° Ma, oltre l’unione fra loro, sarà un vanto di amoroso e amichevole affetto, se regnerà unione fra i membri dell’Azione Cattolica e quelli di altre Associazioni. L’organizzazione dell’Azione Cattolica Italiana, benché sia l’ordinamento principe dei cattolici militanti, tuttavia comporta accanto a sé altre Associazioni pure dipendenti dall’Autorità ecclesiastica, di cui alcune, aventi fini e forme anche di apostolato, ben si possono dire collaboratrici nell’apostolato gerarchico. Fra queste Associazioni e quelle dell’Azione Cattolica chi mai non vede quanto sia necessario che esista una mutua benevolenza, una larga comprensione, una sincera cooperazione: doti e virtù, che hanno la loro radice, da un lato, nel purissimo zelo della gloria di Dio e della salute delle anime che tutte le infiamma; dall’altro, nell’appartenere, attingendovi il succo di vita, all’identico mistico corpo di Cristo? Le une e le altre non si intralceranno nel lavoro, a cui, conforme ai propri Statuti, approvati dall’autorità della Chiesa, si consacrano; anzi mutuamente a gara si aiuteranno e sosterranno, affinché, nella spirituale varietà, che si accomoda, si confà e si piega alle diverse consuetudini, al mutarsi delle circostanze, all’indole dei temperamenti, appaia e rifulga la luminosa tessera caratteristica del cristiano: la carità.
E se negli Istituti cattolici di educazione, non altrimenti che in Associazioni ecclesiastiche aventi anche fini e forme organizzate di apostolato, si inseriranno Associazioni interne di Azione Cattolica, questa vi entrerà con discrezione e riserbo, nulla turbando della struttura e della vita dell’Istituto o dell’Associazione, ma solo imprimendo nuovo impulso allo spirito e alle forme di apostolato, con inquadrarle nella grande organizzazione centrale.
In tal modo preparati, formati e uniti, i membri dell’Azione Cattolica si slanceranno come apostoli nei vari campi della società in tutte le direzioni, dovunque sono anime da conquistare a Cristo, dovunque è un ricetto o un convegno di vita individuale o collettiva, su cui Cristo Signor Nostro deve regnare.
Andate, diletti figli e figlie, andate agli umili, ai poveri, ai sofferenti, agl’infelici, agli abbandonati del mondo; andate come loro rilevatori, loro ristoratori loro consolatori, loro aiutatori, loro animatori. Nei loro disagi, nei loro affanni, nei loro dolori, nella solitudine loro, sentano vicino il fratello che piange con essi, che s’accomuna con la loro sventura e miseria, che è loro amico nell’avversità, che ha una mano che li sostiene, una parola che calma lo sconforto e loro addita, oltre la fugace parvenza del tempo, gl’immutabili beni dell’eternità.
Andate alla gioventù la quale, benché in Italia saggezza di governanti abbia riconosciuto l’insegnamento religioso nelle scuole elementari e medie come « fondamento e coronamento della istruzione pubblica » [17], tuttavia, nel suo talento e fervore giovanile va soggetta all’incontro di tanti e così gravi pericoli da aver bisogno di vigile cura sempre più assidua e profonda. Speranza della famiglia e della patria sono i giovani, Gesù medesimo predilesse i fanciulli, e amò il giovane virtuoso; e nelle brigate della gioventù, avida di avvenire, calda nei suoi ardimenti, non pavida degli ostacoli, trova la Sposa di Cristo i suoi leviti, quei cuori ardenti e generosi che custodiranno l’arca santa e porteranno la buona novella in mezzo al popolo e alle genti sino ai confini della terra. In mezzo alla gioventù fatevi antesignani, maestri, compagni; fatevi giovani coi giovani, fanciulli coi fanciulli per trarli tutti intorno a Cristo, perché sentano la carezza di lui e il suo abbraccio divino; entrate nei loro animi per conservarvi i fiori dell’innocenza e della virtù, e inserirvi il seme di quella sapienza di via, di verità e di vita, ch’è la lampada della fede da posarsi infine sull’estremo riposo della tomba.
Andate agli adulti che, cresciuti nella loro giovinezza ed educati in un’atmosfera satura di agnosticismo, quando l’uomo, temerario scrutatore della materia e della natura, insuperbiva dei suoi trovati e dei suoi sogni, accampandosi contro Dio, oggi, nel crollo di tante ideologie e sistemi, sentono, consciamente o inconsciamente, dal fondo del loro spirito levarsi il grido angoscioso dell’anima immortale, non paga soltanto dei trionfi della scienza puramente umana né degli allettamenti del progresso moderno; grido che desta in loro l’assopita e irresistibile nostalgia di accostarsi a Gesù Cristo e agl’ineffabili fulgori della sua dottrina.
Andate in mezzo al mondo. Confidate in Cristo che ha vinto il mondo. Siano le vostre armi l’apostolato della preghiera, dell’esempio, della penna e della parola; l’umiltà e la benevolenza, la sofferenza e la mansuetudine, la prudenza e la discrezione; la carità sapiente, condiscendente agli erranti e non all’errore, perché ogni anima umana nulla desidera più e con maggior ardore che la verità. Siano le vostre regole e arti nella spirituale palestra tutte le molteplici iniziative e industrie, che i Vescovi e la Commissione Cardinalizia da Noi istituita approveranno, coordineranno, dirigeranno.
Così, in questa solenne adunanza dell’Azione Cattolica Italiana, Noi esultiamo e Ci consoliamo di contemplare le coorti dell’apostolato dei laici, associati alla Gerarchia ecclesiastica nello zelo per la salvezza delle anime redente da Cristo, ed esaltati nella luce di promotori e rinnovatori del nome e della vita cristiana. È l’anima del corpo mistico della Chiesa che risplende e trionfa in modo speciale nell’Azione Cattolica; anima di fede, di speranza, di carità diffusa nei nostri cuori dallo Spirito Santo, quello Spirito che il dì della Pentecoste, dopo un raccoglimento di dieci giorni in perseverante e concorde preghiera colla Vergine Santissima, Mediatrice e Sposa del medesimo Spirito, scendeva nel Cenacolo non solo sopra gli Apostoli, ma ancora su tutti quei discepoli ivi adunati, che possiamo ben chiamare i primi loro collaboratori nell’apostolato. Scendeva in lingue di fuoco: lingue, poi risonanti come trombe della fede per l’universo mondo; lingue divampanti di quel fuoco recato da Cristo in terra e che egli altro non vuole se non che si accenda [18]. Anche noi abbiamo bisogno del fuoco di queste lingue, dei doni dello Spirito Santo, che sostenta la nostra debolezza, ignara di quel che ci conviene domandare, e che lo Spirito stesso domanda per noi con gemiti ineffabili [19]. Onde facciamo voto e innalziamo la preghiera che, come già nella Chiesa nascente, così oggi lo Spirito Santo scenda copiosamente, per intercessione di Maria, Regina degli Apostoli e di ogni apostolato, sull’Azione Cattolica Italiana, su questo grande Cenacolo che raccoglie intorno ai Successori degli Apostoli una fervida schiera di fedeli e generosi collaboratori. Questo Spirito onnipotente, che nel mattino dell’universo aleggiava sopra le acque degli abissi [20] e le fecondava, rinnovi la faccia della terra [21], campo di tante cruente contese dei figli degli uomini, mare di tante lacrime e naufragi; faccia apparire, di mezzo alle bufere dell’umanità, nuovi cieli e nuova terra [22], e instauri quell’ordinata tranquillità e concordia dei popoli, cui il mondo sospira, ma che non può fermarsi, immobile ai terrori e alle lusinghe, se non sul regno di Dio, che è giustizia e pace e gaudio nello Spirito Santo [23].
Non possiamo, diletti figli e figlie, terminare questo Nostro discorso senza esprimervi per i doni generosamente offerti la Nostra vivissima paterna riconoscenza, la quale, più che di parole, è di gaudio e di meraviglia, erompenti dal vedere come la vostra fede e la vostra pietà, anche in quest’ora di universale disagio e sacrificio, sappiano venire in soccorso alle chiese povere e dimostrare quanto amore portate al decoro della casa di Dio e al luogo, in mezzo al popolo cristiano, della dimora di Cristo, gloria dei nostri altari [24]. È una grazia che il Signore vi ha concessa, vi diremo, facendo Nostro l’elogio, che delle Chiese della Macedonia proclamava l’Apostolo nella seconda Lettera ai Corinti: « In mezzo alle molte afflizioni, con le quali (quei fedeli) sono provati, il loro gaudio è stato abbondante, e la profonda loro povertà ha sfoggiato in ricchezze del loro buon cuore, perché sono stati spontaneamente liberali … secondo la loro possibilità e sopra la loro possibilità » [25].
Voi avete vinto l’avversità dei tempi, e ai vostri doni, ispirati ai più alti sentimenti, avete impresso una forma che li sublima nella più elevata sfera spirituale dell’Azione Cattolica, dove splende il sole dell’Agnello divino ucciso per la salute del mondo, e dai turiboli degli angeli salgono i profumi delle orazioni dei santi. Voi avete infatti congiunto il largo tributo di preghiere secondo le Nostre intenzioni — intenzioni di riconciliazione e di pace fra i popoli — con un’abbondante offerta di sacri calici e di arredi liturgici, testimonianza e pegno di profonda venerazione verso il più divino mistero della fede e del culto cattolico. Questi vostri doni preziosi, in patria e nelle missioni, ricorderanno ai popoli devoti il vincolo del vostro fraterno affetto e il vostro zelo operoso per la degna celebrazione della divina liturgia; e intorno all’altare e alla sacra mensa simboleggeranno e suggelleranno nell’amore di Gesù e nella comune preghiera l’unione spirituale dei figli della Sposa di Cristo partecipanti nell’universo a una medesima bevanda e a un medesimo pane sovrasostanziale [26]. Quando il sacerdote salirà l’altare, e sulle patene da voi donate e nei calici da voi offerti saranno presenti il Corpo e il Sangue di Lui sotto l’ombra del pane e del vino mutati; gli spiriti celesti, che circondano quelle are sacre, voleranno a voi, diletti figli e figlie, oblatori e oblatrici delle diocesi italiane, e vi recheranno la benedizione del cielo e la gratitudine della terra per la vostra benefica azione, facendo rifluire su di voi e sulle vostre opere di apostolato il fiume del conforto, dell’amore e della grazia, che si effonde dall’infiammato Cuore del Figlio di Dio, fattosi uomo « propter nos homines et propter nostram salutem ». Conceda il Signore, largo nella sua misericordia e munificenza, alle Nostre parole il vigore di un voto e di una preghiera; che gli porgiamo a degnarsi di ricambiare, in quel modo ineffabile che Egli solo sa e può usare, i vostri doni, mentre, in attestato di particolare benevolenza, impartiamo di gran cuore a tutti, presenti ed assenti, la Nostra Apostolica Benedizione.
[1] I Cor., I, 22-25.
[2] Coloss., III, 11.
[3] Matth., XXIII, 8.
[4] II Cor., V, 6.
[5] S. Th., IIa IIae, q. 101, a. 1.
[6] I Cor., VII, 31.
[7] Hebr., XIII, 14.
[8] Hebr., V, 12-13.
[9] In Ioannis Evang., tract. X, n. 9; Migne, P.L., t. 35, coll. 1471-1472.
[10] Ioann., I, 9.
[11] Matth., XXVIII, 20.
[12] Rom., XIII, 1.
[13] I Petr., 11, 15-17.
[14] Cfr. Leonis XIII, Enc. Sapientiae christianae, 10 ian. 1890.
[15] I Cor., IX, 22.
[16] Cf. S. Th., IIa IIae, q. 29, a 3 ad. 2um.
[17] Concordato fra la S. Sede e l’Italia, art. 36.
[18] Luc., XII, 49.
[19] Rom., VIII, 26.
[20] Cf. Gen., I, 2.
[21] Ps. CIII, 30.
[22] II Petr., III, 13.
[23] Rom., XIV, 17.
[24] Cf. Ps. XXV, 8.
[25] II Cor., VIII, 2-3.
[26] I Cor., X, 16-17.
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