DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO XII
IN OCCASIONE DEL II CONGRESSO INTERNAZIONALE
PER DAR VITA ALL'UNIONE FEDERALE EUROPEA
Giovedì, 11 novembre 1948
Ai Delegati convenuti a Roma
per partecipare al secondo Congresso Internazionale
per dar vita all’Unione Federale Europea.
Noi siamo molto sensibili ai vostri lavori, Signori. Essi Ci manifestano che voi avete compreso ed apprezzato gli sforzi che, da dieci anni in qua, Noi moltiplichiamo senza riposo per promuovere un ravvicinamento, una unione sinceramente cordiale fra tutte le nazioni. Siatene ringraziati.
Questo pensiero, per l’appunto, Ci ispirava il 2 giugno scorso, quando parlavamo in favore di una Unione europea. L’abbiamo fatto guardandoCi bene dall’implicare la Chiesa in interessi puramente temporali. La stessa riserva è anche da farsi sulla questione per sapere quale grado di verisimiglianza o di probabilità assegnare alla realizzazione di questo ideale, di quanto si è ancora lontani o di quanto ci si è avvicinati.
Che il ristabilimento di una Unione europea presenti serie difficoltà, nessuno lo ignora. A bella prima si potrebbe far valere il bisogno, per renderla psicologicamente sopportabile a tutti i popoli d’Europa, di qualche cosa che allontani da essi il ricordo degli avvenimenti della recente guerra. Però non c’è tempo da perdere. E se si vuole che questa Unione raggiunga il suo scopo, se si vuole che essa serva utilmente la causa della libertà e della concordia europea, la causa della pace economica e politica intercontinentale, è ormai tempo che si faccia. Anzi alcuni si domandano se non sia già troppo tardi.
Perché aspettare che il ricordo della guerra si sia prima dileguato nella speranza di una prospettiva lontana, quando, al contrario, i suoi effetti ancora dolorosamente sentiti, sono per questi popoli d’Europa un incoraggiamento a deporre una buona volta le loro preoccupazioni egoisticamente nazionali, origine di tante gelosie, di tanti odii, e una incitazione a provvedere alla loro legittima difesa contro ogni politica di violenza aperta o nascosta?
C’è un punto sul quale sarebbe opportuno insistere: l’abuso della superiorità politica del dopo guerra per eliminare la concorrenza economica. Niente riuscirebbe meglio ad inasprire irrimediabilmente l’opera di riavvicinamento e di mutuo accordo.
Le grandi nazioni del continente, dalla lunga storia piena di ricordi di gloria e di potenza, possono causare l’insuccesso della formazione di una Unione europea, esposte come sono, se non usano cautela, a misurare se stesse alla scala del loro passato piuttosto che a quella delle realtà del presente e delle previsioni dell’avvenire. È giusto esigere da esse che sappiano fare astrazione dalla loro grandezza di altri tempi, per allinearsi su una unità politica ed economica superiore. Esse lo faranno tanto più volentieri in quanto non si costringeranno per una esagerata sollecitudine d’uniformità, ad una uguaglianza forzata, ed il rispetto dei caratteri culturali di ciascuno dei popoli, provocherà, per la loro armoniosa varietà, una unione più facile e più stabile.
Qualunque ne sia il valore, tutte queste considerazioni e molte altre, cedono in interesse ed importanza ad una questione o piuttosto alla questione fondamentale che si pone ineluttabilmente in materia di ricostruzione europea e dalla quale non abbiamo il diritto di distogliere la Nostra attenzione. Nessuno, crediamo, potrà ricusare di sottoscrivere a questa affermazione che una Europa unita, per mantenersi in equilibrio e per appianare le contese sul proprio continente — senza parlare qui della sua influenza sulla sicurezza della pace universale — ha bisogno di riposare su di una base morale incrollabile. Ove trovare questa base? Lasciamo rispondere alla storia: vi fu un tempo in cui l’Europa formava nella sua unità, un tutto compatto, e in mezzo a molte debolezze, e malgrado tutte le deficenze umane, era per essa una forza: per mezzo di questa unione, compiva grandi cose. L’anima di questa unità era la religione che impregnava a fondo tutta la società di fede cristiana.
Una volta allontanata la cultura dalla religione, l’unità si è disgregata. A lungo andare, proseguendo come una macchia d’olio il suo progresso lento ma continuo, l’irreligione ha penetrato sempre più la vita pubblica e ad essa, prima di tutto questo continente è debitore delle sue rovine, dei suoi disagi e della sua irrequietezza.
Se dunque l’Europa vuole uscirne, non è necessario ristabilire presso di lei il vincolo fra la religione e la civiltà?
Per questo abbiamo provato gran piacere nel leggere in capo alla risoluzione della Commissione culturale che ha seguito il Congresso dell’Aia, nel maggio scorso, la menzione della « comune eredità di civiltà cristiana ». Tuttavia ciò non è ancora abbastanza finché non si giungerà al riconoscimento espresso dei diritti di Dio e della sua legge, per lo meno dei diritti naturali, fondo solido sul quale sono ancorati i diritti dell’uomo. Separati dalla religione, come potranno questi diritti e qualsiasi libertà assicurare l’unità, l’ordine e la pace? E poi tra i diritti dell’uomo si debbono anche iscrivere quelli della famiglia, dei genitori e dei figli. L’Europa unita non può basarsi sopra una semplice idea astratta. Essa ha come base necessaria degli uomini viventi. Chi saranno essi? Molto difficilmente gli antichi dirigenti delle vecchie potenze europee: essi sono scomparsi, o non hanno più alcuna influenza. Meno ancora gli elementi di una massa, quale Noi l’abbiamo definita nel Nostro messaggio di Natale 1944: la vera democrazia, col suo ideale di sana libertà ed uguaglianza, non ha più temibile avversario.
Ci resta dunque da domandarci: da dove giungerà l’appello più urgente per l’unità europea? Verrà dagli uomini che amano sinceramente la pace, dagli uomini di ordine e di calma, dagli uomini i quali — almeno per il loro intento e la loro volontà — non sono ancora dei «déracinés » e che trovano nella vita della famiglia, onesta e felice, il primo oggetto della loro sollecitudine e della loro gioia. Sono costoro quelli che porteranno sulle loro spalle l’edificio dell’Europa unita.
Finché si chiuderanno le orecchie al loro appello, nulla di durevole potrà essere fatto, nulla che sia in rapporto con l’attuale crisi. Ma Noi Ci domandiamo, potrà trovarsi anche la necessaria comprensione, nelle presenti congiunture, quella comprensione senza della quale tutti i tentativi sono votati all’insuccesso? Ecco il grande problema: esso esige una soluzione, se veramente si vuole arrivare alla realizzazione dell’Unione europea. Grazie a Dio il movimento riunisce con sé e trascina tanti uomini dabbene, tanti uomini di cuore, che Noi non Ci stancheremo di sperare che si finirà per trovare il vero rimedio ai mali di questo continente.
In ogni caso, con la più viva simpatia Noi preghiamo il Padre della luce di illuminarvi, di assistervi nei vostri lavori e di benedire i vostri sforzi protesi verso la pace così ardentemente desiderata.
*Atti e discorsi di Pio XII, vol. X, p.322-326.
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