GIUBILEO DEI LAVORATORI
SOLENNE CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA
OMELIA DI GIOVANNI PALO II
Basilica di San Pietro - Domenica, 18 marzo 1984
“Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò . . .” (Gen 12, 1).
1. Il comando di Dio, che Abram - chiamato più tardi Abramo - ricevette con queste parole, segna l’inizio della storia di questo padre di tutti i credenti. Abram, infatti, accolse con fede la parola del comando divino. Essa divenne anche l’inizio della sua peregrinazione da Carran, dal paese di Ur, verso la terra di Canaan, che divenne per lui la terra promessa da Dio. Il Signore fece anche un’altra promessa, dicendo ad Abramo:
“Farò di te un grande popolo e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e diventerai una benedizione . . . in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra” (Gen 12, 2-3).
In forza di queste parole - cari lavoratori e lavoratrici venuti a Roma in pellegrinaggio - inizia la peregrinazione ormai non solo terrena di Abramo: peregrinazione dapprima di una famiglia e poi della stirpe, della tribù e della nazione, che riempie la storia dell’Antico Testamento;
peregrinazione che inizia nella fede e che sarà la sorte di tutte le generazioni del popolo di Dio nell’Antica e nella Nuova alleanza.
È un peregrinare che ha una dimensione spirituale e soprannaturale; è un interiore protendersi verso la direzione indicata dalla promessa del Dio dell’alleanza, del Dio di Abramo. Tale protendersi, iniziato nella fede di Abramo, trova il suo culmine nella venuta terrena di Gesù Cristo, Figlio di Dio. Da questa vetta si schiude la prospettiva definitiva di quel regno di Dio, nel quale devono trovare benedizione “tutte le famiglie della terra”.
Oggi, seconda domenica di Quaresima, la Chiesa ci conduce su tale vetta, davanti al Cristo della promessa messianica: sul monte Tabor, dopo averci mostrato l’inizio della vita spirituale dell’intero popolo di Dio nel cuore di Abramo, padre di tutti i credenti. La Quaresima costituisce per la Chiesa un periodo di peregrinazione nella fede particolarmente intenso.
2. La Basilica di San Pietro accoglie oggi i rappresentanti degli ambienti di lavoro qui convenuti da molte parti d’Italia, da vari Paesi d’Europa e anche da altri continenti.
Sono qui con noi gli agricoltori, coloro cioè che con la loro quotidiana fatica traggono dalla terra i prodotti con cui tutti ci sfamiamo.
Vi sono gli operai, i rappresentanti cioè di quel mondo dell’industria, che ha dato un volto nuovo alla nostra civiltà.
Vi è poi una larga schiera di artigiani, di quella categoria cioè che nelle sue multiformi articolazioni svolge una parte importante nell’economia. Artigiani furono anche san Giuseppe e Gesù.
Sono presenti pure le collaboratrici familiari, le quali rappresentano le moltissime persone che, nel nascondimento delle mura domestiche, attendono agli umili ma indispensabili lavori di casa.
Il pensiero si estende poi ai tecnici, agli impiegati, agli addetti al commercio, al personale dei pubblici servizi, e agli emigranti. A tutti, con l’assicurazione del mio affetto, va l’augurio di un fecondo impegno, sempre consapevole dei fondamentali valori umani in gioco.
3. Carissimi fratelli e sorelle legati al banco del lavoro, il vostro odierno pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli, ai luoghi resi sacri dal martirio dei santi Pietro e Paolo e di tanti altri eroici testimoni del mistero della Redenzione, costituisce una tappa particolare di quella peregrinazione spirituale, il cui inizio risale alla fede di Abramo.
In pari tempo la vostra odierna presenza - nell’ambito del Giubileo straordinario della Redenzione - possiede una particolare eloquenza. Vanite qui infatti come rappresentanti qualificati del mondo del lavoro portando con voi la vasta e molteplice esperienza del lavoro umano e i numerosi problemi che ne derivano per la vita personale, familiare, professionale e sociale.
L’esperienza del lavoro umano - l’intera esperienza, passata e presente, del lavoro umano - ha il suo inizio nelle parole dette dal Creatore al primo uomo e alla prima donna: “Crescete e moltiplicatevi e soggiogate la terra” (cf. Gen 1, 28). Anche se in queste parole non compare il termine “lavoro”, alla realtà del lavoro si fa in esse chiaro riferimento. Le parole del Creatore stabiliscono il lavoro quale costante coefficiente della vita umana nella prospettiva dell’esistenza terrena.
Il lavoro unisce l’uomo alla terra, al mondo, alle sue molteplici risorse. Esso serve per lo sfruttamento di queste risorse e per la trasformazione del mondo dal punto di vista delle necessità dell’uomo. In tale concetto è contenuto qualsiasi lavoro umano, sia fisico che intellettuale. Si può dire che, partendo dalle parole riportate dal libro della Genesi, l’umanità ha iniziato il suo peregrinare storico, che l’unisce alla terra, e passa attraverso le vicende delle varie civiltà e i successi conseguiti dall’uomo per mezzo del lavoro.
Contemporaneamente però, proprio a quest’uomo - legato, per mezzo del lavoro, alla terra e al mondo visibile - vengono indirizzate nella persona di Abramo, le parole: “Vattene dal tuo paese!”. Esse sono le parole del Dio vivo, che dischiudono davanti all’uomo la prospettiva del regno dei cieli come “terra promessa”, simbolo del suo destino definitivo, che è Dio stesso. Queste parole possono essere accolte solo mediante la fede. E così le hanno accolte Abramo e l’intera sua discendenza spirituale.
La dimensione del lavoro nella vocazione terrena dell’uomo viene unita alla dimensione del regno di Dio per mezzo della fede.
4. In entrambe queste dimensioni entra Gesù di Nazaret: Gesù Cristo, colui nel quale culmina la promessa fatta ad Abramo. Cristo annuncia il Vangelo del regno dei cieli e, al tempo stesso, dedica al lavoro a fianco di Giuseppe, carpentiere di Nazaret, la maggior parte degli anni della propria vita.
Proprio domani, 19 marzo, ricorre l’annuale solennità di san Giuseppe. Essa ci impone di leggere attentamente questo Vangelo del lavoro, che Gesù proclamò con tutta la sua vita, specialmente con la sua vita nascosta a Nazaret, quando lavorava fisicamente a fianco di Giuseppe e di Maria.
Con questa sua scelta egli fece del lavoro una parte integrante dell’opera della Redenzione. Gesù Cristo ha redento il mondo e l’umanità, in definitiva per mezzo della croce e della risurrezione. Questo non toglie, però, che tutta la sua vita terrena sin dal momento del concepimento nel seno della Vergine-madre - e in particolare il suo lavoro - si inserisca nell’insieme della missione redentrice, per la quale egli venne nel mondo. Cristo ha redento il mondo anche mediante il lavoro.
In questa luce il lavoro umano si presenta come redento, cioè nuovamente offerto a noi da Dio, creatore e padre, in Gesù Cristo. E nello stesso tempo il vangelo del lavoro proclama che ogni uomo, il quale lavora in unione con Cristo, partecipa alla Redenzione operata da lui. Il lavoro acquista così un nuovo valore per l’uomo: diventa qualcosa di sacro.
La Chiesa, attraverso i secoli, ha costantemente proclamato il vangelo del lavoro. Ha sottolineato tutti i suoi valori: sociali, economici, culturali; soprattutto ha messo in risalto la dignità personale del lavoro umano, e ha insegnato ai suoi figli e alle sue figlie a partecipare mediante il lavoro all’opera della Redenzione del mondo. In quest’Anno Giubilare della Redenzione, a ciò siamo chiamati in un modo particolare!
5. La trasfigurazione sul monte Tabor, che attraverso la lettura del Vangelo di san Matteo ci viene ricordata dalla liturgia di questa domenica di Quaresima, costituisce quasi un raggio speciale di quella luce, che Gesù Cristo getta sulla vita e sull’immortalità dell’uomo.
Questa è la vetta, verso la quale intere generazioni del popolo di Dio vanno peregrinando nella fede. Sono le generazioni degli uomini del lavoro. E uomini del lavoro erano anche i tre apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni, ai quali fu dato di partecipare all’evento sul monte Tabor.
Attraverso il Vangelo della Trasfigurazione, Cristo getta una luce particolare sulla vita e sull’immortalità, alle quali l’uomo deve prendere parte nel regno dei cieli. Questo Vangelo parla dell’elevazione spirituale dell’uomo a somiglianza del Figlio di Dio, e della sua immortalità in Dio. In Gesù Cristo l’uomo raggiunge quest’elevazione e questa dignità. In lui l’uomo va verso la propria immortalità gloriosa.
La Trasfigurazione del Signore prepara gli apostoli alla Passione di Cristo, ma prima di tutto alla sua Risurrezione.
6. Voi tutti, cari Fratelli e Sorelle, che oggi partecipate all’Eucaristia e ascoltate il Vangelo della trasfigurazione del Signore, rafforzate la vostra fede nell’elevazione spirituale dell’uomo in Gesù Cristo. E, al tempo stesso, considerate in quale modo unire questa dimensione di fede - la dimensione del regno di Dio, nella quale il Vangelo schiude davanti a noi la prospettiva dell’immortalità - alla dimensione del lavoro, che sin dall’inizio è la vocazione terrena dell’uomo. Questa vocazione ci lega al mondo e si chiude con la prospettiva della morte.
Come unire queste due dimensioni: il lavoro e la Redenzione, la temporaneità e l’immortalità?
Ascoltiamo le parole dell’apostolo Paolo nella Lettera a Timoteo: “Soffri anche tu insieme con me per il Vangelo, aiutato dalla forza di Dio. Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa . . . secondo il suo proposito e la sua grazia; grazia che ci è stata data in Cristo Gesù . . .” (2Tm 1,8-9).
Prendi parte alle fatiche del Vangelo!
È proprio questa la chiamata dell’Anno Santo della Redenzione, che risponde al nostro pellegrinare nella fede. Risponde in modo particolare al vostro odierno pellegrinaggio del Giubileo straordinario.
“Soffri anche tu . . . per il Vangelo!”.
Queste due dimensioni: la dimensione del lavoro e la dimensione della fede, non sono divise, come divise non sono la dimensione del mondo e la dimensione del regno di Dio.
Esse sono state unite nell’eterno pensiero e nell’eterna volontà del Creatore. Sin dall’inizio, la via della fede passa attraverso il lavoro, e la via del lavoro attraverso la fede.
Gesù Cristo - quel Figlio prediletto nel quale il Padre si è compiaciuto - lo ha confermato con tutto il suo vangelo del lavoro.
Non è dunque vero che la via della fede e la speranza del regno di Dio distolgano l’uomo dal lavoro. È vero il contrario: sono proprio esse a far piena luce sul lavoro umano, sono esse a svelare sino in fondo il suo senso e il suo vero valore. È il vangelo del lavoro che restituisce pienamente all’uomo il suo lavoro. Esso solo permette all’uomo di realizzare se stesso come uomo, mentre con l’opera delle sue mani trasforma la natura. Esso solo dà al lavoro la sua dignità. E, in pari tempo, il Vangelo conduce sulla vetta di una “trasfigurazione” mediante la quale il lavoro partecipa all’immortalità dell’uomo, divenendo la via della sua salvezza.
Solamente quando è ridato completamente all’uomo in Gesù Cristo, il lavoro diviene dono di Dio alla creatura che deve “soggiogare la terra” (cf. Gen 1, 28). E insieme lo stesso lavoro dell’uomo deve diventare dimensione di quella terra promessa all’uomo in Dio, verso la quale si dirigono le generazioni del popolo di Dio, cresciute dalla fede di Abramo.
7. Cari lavoratori e lavoratrici, pellegrini dell’Anno Giubilare della Redenzione! Portate con voi questo dono della parola di Dio, che la Chiesa offre alla vostra meditazione nell’odierna domenica:
“Poiché retta è la parola del Signore / e fedele ogni sua opera” (Sal 33, 4).
Che la vostra presenza presso le tombe degli apostoli vi avvicini a quella giustizia e a quella grazia, che ci sono date in Gesù Cristo:
“Egli ama il diritto e la giustizia / della sua grazia è piena la terra” (Sal 33, 5).
“Signore, sia su di noi la tua grazia, / perché in te speriamo” (Sal 33, 22).
Sì. Vi avvolga la grazia dell’Anno Santo della Redenzione. Siate forti della fede che fu propria di tutte le generazioni del popolo di Dio. Siate forti del vangelo del lavoro in Gesù Cristo!
1. La grazia e la pace del Signore nostro Gesù Cristo siano con tutti voi, carissimi lavoratori e lavoratrici, che siete qui convenuti oggi, seconda domenica di Quaresima e vigilia di San Giuseppe, per celebrare il Giubileo della Redenzione.
A tutti esprimo il mio cordiale benvenuto e il mio sincero saluto, incominciando da voi, che provenite da ogni parte d’Italia e che siete i più numerosi. Saluto ciascuno di voi e anche le vostre Associazioni.
Vorrei che questo incontro di preghiera vi faccia sentire quanto il Papa sia vicino al mondo del lavoro, e quanto vi ami, vi stimi e desideri aiutarvi.
Vi ringrazio per la vostra numerosa presenza che rivela il vostro amore a Nostro Signore Gesù Cristo, Redentore dell’uomo, e alla Chiesa, che vuole esservi accanto nelle vostre sofferenze e nelle vostre gioie, nelle vostre ansie e nelle vostre attese e speranze.
2. Al disponernos a celebrar la Eucaristía en este día de Jubileo de los trabajadores, saludo a todos los presentes de lengua española. Al mismo tiempo deposito sobre el altar las intenciones personales y familiares de cada uno, de manera especial las de los miembros de la Hermandad Obrera de Acción Católica de España, de la que ha venido una nutrida representación. Pidamos al Señor, para que en el mundo del trabajo en general, y de modo especial en los ambientes de los aquí presentes, se viva en plenitud el empeño cristiano como trabajadores e hijos de la Iglesia, unidos siempre a las directrices dadas por vuestros Pastores.
3. Que le Christ soit avec vous, chers travailleurs venus des pays de langue française, du Mouvement Mondial des Travailleurs Chrétiens, de l’Action Catholique Ouvrière et de la Jeunesse Ouvrière Chrétienne de Paris, des Equipes Populaires et de la Vie Féminine de Bruxelles, des Equipes Sociales d’Action de Luxembourg, de la Communauté Romande de l’Apostolat des Laïcs de Lausanne: en fêtant saint Joseph, vous célébrez la dignité de votre travail et vous l’offrez avec le Christ Rédempteur, pour le progrès humain et spirituel de tous vos frères dont vous êtes solidaires.
4. In the communion of the universal Church I welcome the workers who have come from English-speaking countries. Upon all of you I invoke the light and strength of our Lord Jesus Christ, praying that you may always appreciate your Christian dignity. And in union with Christ, the Man of work, may you live a life worthy of your high calling as sharers in the activity of the Creator.
5. Im Namen Christi grüße ich euch, katholische Arbeitnehmer aus Deutschland und Osterreich sowie aus Südtirol. Mit Kollegen aus aller Welt bekennt ihr heute euren Glauben an Gott und seine befreiende Wahrheit. Seid herzlich willkommen in dieser graßen betenden Gemeinschaft! 6. [Omissis, saluti in lingua olandese]
7. O Senhor esteja convosco, amados trabalhadores de língua portuguesa! Saúdo e convido a todos à oferta e à prece, nesta Eucaristia: para que o vosso trabalho seja sempre glorificação de Deus, sirva a dignidade pessoal e exprima o amor com que colaborais com o Criador e o Redentor, para um mundo mais humano e cristão.
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