MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II
AI FEDELI BRASILIANI IN APERTURA
DELLA "CAMPAGNA DI FRATERNITÀ"
Carissimi fratelli e sorelle del Brasile!
Vi saluto cordialmente, in Cristo Signore, all’inaugurarsi di un’altra Campagna di fraternità nel vostro paese. Subordinata al tema delle migrazioni, ispirata al motto-domanda “dove vai”, sottintende la dolorosa risposta, che è un grido dell’anima. “Non abbiamo posto”.
Mi torna in mente l’episodio evangelico dell’uomo paralitico, presso una piscina, a Gerusalemme: Gesù passò e vedendolo, gli chiese se voleva essere curato; ed egli rispose: “Non ho nessuno”, ossia non ho un “uomo” che mi aiuti. E Cristo, lo aiutò, curandolo (cf. Gv 5,2-9).
Ogni anno, all’inizio della Quaresima, il Papa è solito, come fa anche oggi, rivolgere un messaggio a tutta la Chiesa, esortandola a preparare e a vivere la Pasqua, come un’autentica liberazione. E questo, mediante il distacco del cuore “dalle ricchezze materiali, dal potere sugli altri e dalle sottigliezze egoiste di dominio”. (Giovanni Paolo II, Nuntius scripto datus christifidelibus totius orbis catholici sacro quadragesimali tempore ineunte de obligatione faciendae eleemosynae, die 20 febr. 1980: AAS 72 [1980] 213), per maggior attenzione e aiuto ai fratelli che soffrono, e desiderano un “uomo” che li aiuti a liberarsi dai mali, che li “paralizzano” nella vita.
Sì, ci sono molti nostri fratelli, ai margini della vita, “paralizzati”, che desiderano poter camminare: come uomini, nel cammino di tutta l’umanità, che Dio desiderò si costituisse in una sola famiglia; e come “riscattati dal Signore”, nel cammino della Chiesa, comunità di salvezza. Come cristiani, vedendoli e conoscendo il loro dramma, dobbiamo pensare se siamo “l’uomo” per aiutarli, o se abbiamo i mezzi per dare l’aiuto di cui essi hanno bisogno. Ma non basta aiutare, o dare del nostro superfluo e persino del nostro necessario; bisogna farlo con la conversione dello spirito.
Convertirsi è ricercare la disposizione all’incontro con Dio e con i cuori, nell’amore con il prossimo, a stabilire la divisione dei beni con i meno favoriti delle nostre società, con coloro che, per diversi motivi, non possono continuare a vivere nella loro terra, e devono partire, molte volte senza sapere per dove.
Noi, uomini e discepoli di Cristo, non possiamo rimanere indifferenti, senza tentare di aiutarli e trovare “dove” essi possano sentirsi uomini, fratelli di tutti gli uomini, figli di Dio e liberi, con la libertà rara per la quale Cristo ci ha liberati (cf. Gal 5,1), così incompatibile con il disamore.
Si è fatto molto bene, quindi, a stabilire una relazione fra la desiderata fraternità nel mondo delle migrazioni e la santissima eucaristia, nella prospettiva del 10° Congresso Eucaristico Nazionale del Brasile. L’eucaristia, di fatto, in quanto “sacramento di pietà, segnale di unità e vincolo di carità” (cf. Sacrosanctum Concilium, 47), è il centro propulsore dello spirito comunitario cristiano, che determinerà le varie opere di amore fraterno, mutuo soccorso, testimonianza cristiana e attività evangelizzatrice.
Esorto poi tutti a rispondere generosamente agli appelli della Campagna della fraternità, in questa Quaresima: appelli alla conversione, alla compartecipazione ai beni, a vedere negli altri fratelli e sorelle, come noi figli e “eredi di Dio e coeredi di Cristo” (cf. Rm 8,17), Redentore dell’uomo, di tutti gli uomini, con i quali dobbiamo costruire la “civiltà dell’amore”. E vi benedico, di tutto cuore, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
21 febbraio 1980
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