MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
AI PARTECIPANTI ALL’INCONTRO
INTERNAZIONALE SUL LAVORO
(CITTÀ DEL VATICANO, 13-15 SETTEMBRE 2001)
Signor Cardinale,
Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
Illustri Signori e Signore!
1. Sono lieto di inviarvi il mio saluto in occasione della Conferenza internazionale su Il lavoro chiave della questione sociale, che il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ha promosso, in collaborazione con alcune prestigiose Istituzioni scientifiche e culturali. E' un incontro aperto agli studiosi di scienze sociali che operano nelle università e nei centri di ricerca, e si colloca nel ventennale dell'Enciclica Laborem exercens, della quale intende costituire una significativa commemorazione.
Rivolgo il mio cordiale saluto a tutti i partecipanti, con un particolare pensiero per il Signor Cardinale François Xavier Nguyên Van Thuân, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. A ciascuno auguro che questi giorni di riflessione e di utili scambi di esperienze siano occasione propizia per porre in evidenza la dimensione soggettiva del lavoro, a confronto con le profonde trasformazioni economiche e sociali che l'epoca attuale sta vivendo.
2. In quest'ambito importante della vita sociale, stiamo in effetti attraversando una profonda evoluzione, che talora ha le caratteristiche di un radicale cambiamento. E' cambiata la forma del lavoro, e di esso sono mutati gli orari e i luoghi. Nei Paesi più industrializzati il fenomeno ha assunto tali dimensioni che il modello del lavoro dipendente, svolto in grandi fabbriche con orari rigidi, appartiene ormai al passato.
Come ogni grande trasformazione, anche questa presenta elementi di tensione e, nello stesso tempo, di complementarità tra la dimensione locale dell'economia e la dimensione globale; tra quella che viene definita la «vecchia» e la «nuova» economia; tra l'innovazione tecnologica e l'esigenza di salvaguardare i posti di lavoro; tra la crescita economica e la compatibilità ambientale.
Sarebbe un grave errore, tuttavia, ritenere che i mutamenti in atto avvengano in modo deterministico. Il fattore decisivo, per così dire «l'arbitro» di questa complessa fase di cambiamento, è ancora una volta l'uomo, che deve restare il vero protagonista del suo lavoro. Egli può e deve farsi carico in modo creativo e responsabile delle attuali mutazioni per far sì che giovino alla crescita della persona, della famiglia, della società in cui vive e dell'intera famiglia umana (cfr Laborem exercens, 10).
A tal proposito, risulta illuminante il richiamo alla dimensione soggettiva del lavoro, cui fa riferimento costante la dottrina sociale della Chiesa: "Il lavoro umano proviene immediatamente da persone create ad immagine di Dio e chiamate a prolungare, le une con e per le altre, l'opera della creazione sottomettendo la terra" (CCC, n. 2427).
3. Finché vi sarà l'uomo, vi sarà il gesto libero di autentica partecipazione alla creazione che è il lavoro. Esso è una delle componenti essenziali per la realizzazione della vocazione dell'uomo, il quale si manifesta e si scopre sempre come colui che è chiamato da Dio a «dominare la terra». Nemmeno volendo, egli non può cessare di essere "un soggetto che decide di se stesso" (Laborem exercens, 6). A lui Dio ha affidato questa suprema e impegnativa libertà. In tale prospettiva, oggi più di ieri, possiamo ripetere che "il lavoro è una chiave, e probabilmente la chiave essenziale di tutta la questione sociale" (ibid., 3).
In queste giornate di studio vi è dato di appurare che certe interpretazioni di tipo meccanicistico ed economicistico dell'attività produttiva risultano superate dalla stessa analisi scientifica dei problemi connessi con il lavoro. Rispetto agli anni passati, tali concezioni si mostrano oggi ancora più inadeguate a interpretare i fatti, perché non in grado di riconoscere la natura assolutamente originale del lavoro, quale attività libera e creativa dell'uomo.
La rapida ed accelerata fase di cambiamento che il mondo sta vivendo sollecita il superamento dell'attuale visione del sistema economico e sociale, in cui soprattutto i bisogni umani ricevono una considerazione ristretta e inadeguata. A differenza di ogni altro essere vivente, l'uomo ha bisogni infiniti, perché è il riferimento al trascendente che determina il suo essere e la sua vocazione. A partire da tali bisogni, egli affronta l'avventura della trasformazione della realtà con le sue occupazioni lavorative secondo un impeto ideale che si spinge sempre oltre i risultati in esse conseguiti.
4. Se mutano le forme storiche in cui si esprime il lavoro umano, non cambiano certamente le sue esigenze permanenti, cioè il rispetto dei diritti inalienabili. Purtroppo c'è il rischio di vedere negati tali diritti. E' il caso, in particolare, della disoccupazione, che nei Paesi di più antica industrializzazione interessa in forma inedita fasce significative di uomini e di donne: penso a coloro che erano impiegati in processi produttivi ormai obsoleti; penso ai giovani e a quanti risiedono in aree svantaggiate, dove ancora permangono elevati tassi di disoccupazione.
Vi è, poi, una certa precarietà lavorativa che, se da un lato può offrire maggiori opportunità di occupazione, dall'altra presenta rischi ed oneri di cui occorre farsi carico, quali i costi della mobilità, della riqualificazione professionale, della stessa previdenza sociale.
Nei Paesi meno industrializzati si riscontrano, inoltre, problemi ancora più drammatici: il permanere dello sfruttamento del lavoro minorile; il mancato riconoscimento del valore del lavoro, specie di quello femminile, in famiglia e fuori; la carenza di lavoro dovuta all'instabilità del contesto delle relazioni fra uomini, specie nelle situazioni di conflitto, ed alla fragilità del sistema delle relazioni economiche locali di fronte ai cambiamenti indotti dalla globalizzazione produttiva.
A fronte di questi problemi, vanno immaginate e costruite nuove forme di solidarietà, tenendo conto dell'interdipendenza che lega tra loro gli uomini del lavoro. Se profondo è il cambiamento in atto, ancor più deciso dovrà essere lo sforzo di intelligenza e di volontà per tutelare la dignità del lavoro, rafforzando, ai diversi livelli, le istituzioni interessate.
Grande è la responsabilità dei governi, ma non meno importante è quella delle organizzazioni di tutela degli interessi collettivi dei lavoratori e dei datori di lavoro. Tutti sono chiamati non solo a promuovere tali interessi in forma onesta e attraverso la via del dialogo, ma anche a ripensare le loro stesse funzioni, la loro struttura, la loro natura e le modalità di azione. Come ho scritto nell'Enciclica Centesimus annus, queste organizzazioni possono e devono diventare "luoghi di espressione della personalità del lavoratore" (n. 15).
5. Alla soluzione di così vaste e complesse problematiche, che in alcune aree assumono dimensioni drammatiche, anche voi, scienziati ed uomini di cultura, siete chiamati a fornire un contributo specifico e decisivo. Occupandovi dei vari aspetti del lavoro nell'ambito delle diverse discipline, condividete la responsabilità di comprendere il cambiamento che in esso va attuandosi. Ciò significa evidenziare le occasioni e i rischi che esso comporta; significa, in particolare, suggerire linee di azione per guidare il cambiamento nel senso più favorevole allo sviluppo dell'intera famiglia umana.
A voi spetta poi il compito di leggere e di interpretare i fenomeni sociali con intelligenza ed amore della verità, senza preoccupazioni dettate da interessi di gruppo o personali. Si può anzi dire che il vostro contributo, proprio perché «astratto», è essenziale per l'agire concreto delle politiche economiche. Non stancatevi, pertanto, di applicarvi con pazienza e rigore scientifico a tali ricerche. Iddio vi aiuti e vi illumini con la sapienza, che è dono del suo Spirito.
Nella dottrina sociale della Chiesa potrete trovare una guida ed un riferimento costante. Auspico, altresì, che la stessa dottrina sociale continui ad avvalersi del vostro contributo, delle categorie e delle riflessioni delle scienze sociali, secondo quel dialogo fecondo che è sempre di reciproco vantaggio.
Con tali sentimenti, mentre di cuore imploro su tutti la protezione di Maria Santissima e del suo Sposo Giuseppe, umile e generoso lavoratore, invio a ciascuno la mia Benedizione.
Da Castel Gandolfo, 14 Settembre 2001
IOANNES PAULUS II
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