PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN FRANCIA
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI GIOVANI NELLO STADIO GERLAND
Lione (Francia), 5 ottobre 1986
1. “Alzati e cammina”. A Gerusalemme, pochi giorni dopo la Pentecoste, uno storpio, presso la porta del tempio, volgeva lo sguardo verso Pietro, aspettandosi di ricevere qualche cosa. Ma Pietro gli disse: “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!” (cf. At 3, 6). Egli ripeteva la parola di Gesù al paralitico di Cafarnao (cf. Lc 5, 24).
Cari amici, oggi, a Lione, il successore di Pietro vi dice anch’egli: “Nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!”. Non possiedo né argento né oro. Non ho risposte bell’e pronte alle domande che mi avete appena rivolto né a quelle espresse nelle vostre quindicimila lettere. Ne ho preso conoscenza con attenzione. Vi riconosco la vostra serietà, la vostra volontà di progredire nella fede, di svolgere il vostro ruolo nella Chiesa, nella società. Su molte di queste domande, voi riflettete nei vostri gruppi, nei vostri movimenti, nelle vostre associazioni, nelle vostre parrocchie. Continuerete ad approfondire in Chiesa, con i vostri amici, i vostri sacerdoti, con coloro che sono più avanti negli anni. Scoprirete così elementi di risposta.
Per quanto mi riguarda, mi sforzerò di esaminare i vostri problemi alla luce di Gesù Cristo. Vengo come testimone di Gesù Cristo. E io vi dico: alzati, non ripiegarti sulle debolezze e i dubbi che provi, vivi in piedi. Con la fede che tu hai già riposto in Gesù Cristo, con la forza del suo Spirito, cammina verso di lui, per costruire con lui e con i tuoi fratelli un mondo nuovo.
2. Gesù Cristo, “il Vivente” (cf. Ap 1, 18)! Per Pietro e Giovanni era colui che essi avevano visto, toccato, udito, dopo la risurrezione. Per Paolo era il Signore che lo aveva afferrato sulla via di Damasco: “Io sono il Gesù, che tu perseguiti!”. Policarpo, il vecchio vescovo di Smirne, dichiarava al momento del martirio nel 155: “Da ottantasei anni sono al servizio di Cristo: come potrei maledire il Re al quale devo la mia salvezza?”. Orbene, Policarpo aveva conosciuto Giovanni, il discepolo del Signore. E il vescovo Ireneo ha conosciuto Policarpo. I martiri di Lione, in questa fine del II secolo, vengono in parte dal paese di Policarpo. La loro testimonianza si ricollega quasi direttamente a quella degli apostoli che hanno visto il Signore. È la certezza della risurrezione di Gesù che dà forza a Blandine. E noi apparteniamo tutti alla medesima Chiesa apostolica.
3. Gesù Cristo! Taluni adolescenti o adulti lo scoprono, toccati da una grazia speciale di Dio, e per mezzo di lui cambiano la loro vita, si convertono. La maggior parte però riceve la fede per mezzo della Chiesa, fin dalla tenera età, e accade loro in seguito di porsi domande su questa fede, cioè di dubitare, poi di superare tali dubbi: questo lo capisco. Per quanto mi concerne, ho vissuto l’infanzia e l’adolescenza in un’atmosfera di fede, dalla quale, a dire il vero, non mi sono mai allontanato. Il problema fondamentale è stato per me, senza che si trattasse di dubbio, quello di un passaggio dalla fede ereditata, più affettiva che intellettuale, a una fede consapevole e di piena maturità, approfondita intellettualmente dopo una scelta personale. Sulla base della convinzione iniziale che Dio esiste, ho approfondito, alla luce del Vangelo e della Chiesa, la mia fede in Gesù “il Cristo, il Figlio del Dio vivente”, secondo la bella professione di Pietro (cf. Mt 16, 16). E Gesù Cristo mi ha introdotto alla conoscenza del Padre, alla vita con lo Spirito Santo. La fede è il dono di Dio, che esige il dono dell’intera persona; essa trova la sua pienezza nell’amore. “Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?” (Gv 21, 15). La fede è questa scelta. Essa ha la certezza dell’Amore di Dio.
4. Dio non cessa di esser presente a questo mondo. Egli è la sorgente di tutto ciò che esiste, di tutto ciò che vive, di tutto ciò che è spirito e amore. La sua presenza è incancellabile. Nel 177 i pagani di Lione avevano creduto di eliminare la fede in Gesù, facendo persino scomparire nel Rodano le ceneri dei martiri. Ma la risurrezione del Cristo ha un altro potere. Lo Spirito Santo non si lascia soffocare. Infatti tutta Lione diventava cristiana, e tutta la Gallia. Nel nostro tempo, alcuni paesi hanno creduto di distruggere il fascino di Gesù, di cancellare il nome di Dio. Si è molto parlato della “morte di Dio”. Ma Egli non cessa di risorgere, straordinariamente vivo nelle coscienze.
Cari amici, il Cristo fissa il suo sguardo su ciascuno di voi, chiunque voi siate, come sul giovane del Vangelo. Le vostre lettere parlano della fortuna di conoscere Gesù Cristo. Io preciso: è la fortuna di riconoscere che egli è presente, di prender coscienza di esser uniti a lui come un membro alla testa del corpo. È questo che realizza il Battesimo: ci configura a Cristo. Per mezzo di voi credenti Cristo vive nella Chiesa, come al tempo dei martiri. Voi siete la Chiesa che testimonia che Gesù Cristo è vivente.
5. Dio è presente, ma è pur vero che noi possiamo essere assenti. Non è Dio che manca all’appuntamento, siamo noi a rischiare di mancare all’incontro. Sant’Agostino, convertitosi nel 386 - abbiamo appena festeggiato questo anniversario -, confessava a Dio, dopo aver cercato la felicità su molte false strade: “Ti ho amato molto tardi, Beltà così antica e così nuova! . . . Tu eri dentro di me quando io ero al di fuori, ed è al di fuori che ti cercavo . . . Tu eri con me e io non ero con te”. Molti dei nostri contemporanei vivono in questo modo nell’indifferenza religiosa, nella dimenticanza di Dio, organizzando la loro vita senza di lui; essi sperimentano tutte le vie della felicità, senza osar credere che Cristo è la Verità, la Via, la Vita. Possano essi risvegliarsi, “risvegliare in loro il dono di Dio”, accorgersi di colui che bussa alla loro porta e piuttosto che è più intimo al loro essere di quanto non lo siano essi stessi! Voi, voi non siete indifferenti. Voi riconoscete che nel fondo di voi stessi avete sete di Dio, ma soffrite dell’indifferenza attuale.
6. E più ancora soffrite delle obiezioni, dell’opposizione, delle derisioni degli altri quando voi parlate di Dio. I profeti hanno provato questa stessa sofferenza: “Chi avrebbe creduto al nostro annuncio?” (Is 53, 1). Gesù ci ha avvertiti: “Beati voi quando vi perseguiteranno per causa mia!” (Mt 5, 11). Noi siamo tutti chiamati a testimoniarlo coraggiosamente senza arrossire di lui. San Paolo ha vissuto queste stesse tribolazioni. Non avete forse ascoltato durante la Messa di oggi come egli avvertiva il suo discepolo Timoteo: “Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza. Non vergognarti dunque della testimonianza da rendere al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma soffri anche tu insieme con me per il vangelo, aiutato dalla forza di Dio” (2 Tm 1, 7-9)? I vostri martiri di Lione hanno subìto le peggiori sevizie per esser fedeli. È una storia che si ripete altrove ancora oggi.
In questi luoghi, alla vostra generazione, non viene data l’occasione di resistere fino al sangue (cf. Eb 12, 4). Ma voi soffrite di non poter condividere la vostra fede. Dio è il solo giudice della coscienza dei nostri fratelli che credono diversamente o che non credono affatto; spetta a lui far germogliare la sua verità negli spiriti e nei cuori, che l’accolgono liberamente, senza costrizioni. Noi agiremo sempre con rispetto, con pazienza, con amore.
Ma desideriamo con tutte le nostre forze che tutti conoscano Dio nella sua pienezza; noi preghiamo affinché questo dono di Dio incontri la loro disponibilità; e noi dobbiamo operare in questo senso, offrire una testimonianza chiara della fede che abbiamo ricevuto, in un dialogo attento ai minimi particolari, preoccupati del linguaggio che colpisce e fiduciosi nello Spirito Santo che opera in loro. Gesù dice anche a voi: “Sarete i miei testimoni”. Se voi non siete testimoni sul campo nella vostra famiglia, a scuola, nei vostri gruppi di svago, nei vostri gruppi di lavoro, chi lo sarà al vostro posto?
7. Ma per testimoniare, bisogna essere sicuri della propria fede. E vi accade di dubitare. Le scoperte della scienza, le possibilità della tecnica vi affascinano, rispetto all’efficacia misteriosa della fede. Voi dovete affrontare questi problemi. Possiate scoprire che Dio è di un ordine diverso dal visibile e dal misurabile delle scienze, che egli non è nemmeno l’inconoscibile che numerosi filosofi agnostici tengono in disparte: egli è alla fonte dell’essere, ed è dell’ordine dell’amore, come diceva Pascal! Voi siete invitati ad approfondire incessantemente le vostre ragioni di fede, e soprattutto a far conoscenza con Dio qual egli si è rivelato in Gesù Cristo. Questo è il tema delle vostre catechesi, delle vostre riunioni, delle vostre revisioni di vita, delle vostre letture, dei vostri ritiri, della vostra preghiera. La prova del dubbio può condurvi a una fede purificata. Allora voi sarete pronti, come diceva l’apostolo Pietro, “a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (1 Pt 3, 15).
8. “A che cosa serve credere?”. Ecco l’ultima domanda lancinante, che frena molti vostri amici. Vi chiederei, innanzitutto, di quale utilità parlate? Se voi cercate di strumentalizzare Dio direttamente e la religione come un contributo per realizzare la vostra felicità sensibile, per servire i vostri interessi o la riuscita di imprese che dipendono dalla natura, dall’intelligenza e dal cuore che Dio vi ha dato al fine di dominare il mondo, anche per completare la vostra statura morale, rischiate di rimanere delusi. Dio non è dell’ordine dei mezzi, per supplire alle nostre carenze. Egli è Qualcuno. Esiste per se stesso, al di sopra di tutto. Egli merita di essere conosciuto, adorato, servito, amato gratuitamente, per se stesso. Ed è anche vero che egli vuole la nostra totale realizzazione.
Ireneo, successore di Potino e secondo vescovo di Lione, diceva: “La gloria di Dio è l’uomo vivente, e la vita dell’uomo è la visione di Dio”. Alcuni di voi mi hanno chiesto di parlare della vita eterna. Cari amici, desiderate veramente vedere Dio? Faccia a faccia nell’altro mondo, dopo averlo incontrato in questo mondo nella fede? Desiderate partecipare fin d’ora alla vita divina? Essere salvati da ciò che vi allontana da lui, essere perdonati dei vostri peccati? Tali grazie non sono in vostro potere. Dio solo può concedervele. E, da questo momento, farà in più molte altre cose piuttosto che cambiare le cose che voi gli chiedete, egli cambierà voi stessi. A forza di guardare Dio, di manifestargli la vostra fede, di pregarlo, di nutrirvi di lui, di “fare la verità con lui, e soprattutto di corrispondere al comandamento dell’amore, voi non sarete più gli stessi. Sì, in questo senso, la fede è efficacissima. Ecco le strade per vivere Dio, come voi dite. Dio è più grande del nostro cuore.
9. Stamattina avete ascoltato durante la messa di questa XXVII domenica gli apostoli pregare Gesù: “Aumenta la nostra fede!” (Lc 17, 5). È proprio questa la preghiera che bisogna rivolgere al Signore, sostenendoci reciprocamente, giacché, con un po’ di fede, molte cose sarebbero possibili, dice Gesù.
Ho visto infatti giovani di molti paesi, riuniti come voi in dialogo con me, praticamente in ogni paese che mi accoglie. Molti, come voi, si pongono degli interrogativi sulla fede. Vorrebbero riuscire nella loro vita umana, vorrebbero anche riuscire nella loro vita di fede e rinnovare il mondo. Si trovano ad affrontare problemi gravi di cui vi riparlerò, ma non temono di invocare Gesù Cristo.
10. Ma si può ritrovare il primo amore, quello che la comunità di Lione ha manifestato alle sue origini al Signore? Il primitivo fervore che voi avete forse conosciuto quando avete scoperto il Signore?
È bene riferirsi a queste testimonianze di fervore: esse stanno a dimostrare quel che può generare l’incontro con Gesù Cristo, quando si ha uno sguardo nuovo. Ma la storia non si ripete mai esattamente in situazioni diverse. I sentimenti possono variare; non sono i più importanti. Talvolta si passa attraverso la prova persino nella notte, prima dell’aurora, ma la fedeltà rimane e l’attaccamento convinto si accresce. Piuttosto che guardare indietro con nostalgia, bisogna guardare davanti a noi: il Cristo ci invita ad andare avanti. Lo Spirito Santo è lo stesso dei primi tempi: fa rifiorire il Vangelo a ogni generazione. “Alzati e cammina!”.
11. “Voi siete il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce” (1 Pt 2, 9).
Cari amici, ecco come san Pietro si rivolgeva al nuovo popolo dei battezzati, alla Chiesa. Quale gioia per me sentirvi dire: “La Chiesa ci interessa, per noi è una scelta, un intervento personale!”. Voi vi collocate al di dentro. Voi sapete che sarebbe illusorio pretendere di conservare la fede in Cristo senza la Chiesa.
12. Ciò non vi impedisce di soffrire per le imperfezioni da cui vi sembra colpita, soprattutto allorché voi vedete altri giovani allontanarsi da lei con questo pretesto. Voi la vorreste sempre accogliente, piena di gioventù, trasparente al Vangelo. Anch’io la vorrei così, e vi lavoro senza sosta, con la grazia di Dio. San Paolo diceva: “E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell’acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata” (Ef 5, 25-27).
E in realtà tale è la Chiesa nel progetto di Dio e nella sua realtà attuale, invisibile. Il Concilio Vaticano II descrive il mistero della Chiesa prima di parlare delle sue strutture, esso dice: lo Spirito Santo “dimora nella Chiesa . . . la fa ringiovanire, continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta unione col suo Sposo” (Lumen Gentium, 4). In tal senso, si potrebbe parlare di una continua Pentecoste.
13. Senza macchia né ruga . . . Ma la Chiesa ha delle rughe. Essa può d’altra parte averne. Oggi non è più un’adolescente, è una Madre che, da duemila anni, è sottoposta alle scosse della storia e alle tentazioni del mondo. Nel corso dei secoli, essa ha conosciuto le persecuzioni che hanno risvegliato un nuovo fervore. Ma taluni dei suoi membri hanno conosciuto anche le tentazioni dello spirito del male, l’adagiarsi nella ricchezza, la “routine”, o semplicemente la tentazione dei compromessi nel necessario dialogo della salvezza con il mondo. Gesù aveva pregato il Padre: “Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno” (Gv 17, 15). La Chiesa non è un club di cosiddetti perfetti, ma una riunione di peccatori riconciliati, in cammino verso il Cristo, con le loro debolezze umane.
Una delle grandi miserie della Chiesa è stata la divisione dei suoi figli, ed è urgente cercare l’unità con tutti i nostri fratelli separati, come ad essa si adoperava san Francesco di Sales, per mezzo del Vangelo: l’amore e la ricerca della verità. Giacché l’infedeltà alta verità sarebbe un’altra miseria.
14. Vedete, cari amici, la Chiesa permane santa, poiché è stata santificata dal Cristo. Ma la santità effettiva dei suoi membri non è mai compiuta, come una casa “chiavi in mano”. Resta pur sempre da costruire, da ricostruire, da purificare. E come giudicare i difetti di coloro che ci hanno preceduto, se il peccato colpisce noi stessi? Davanti al Salvatore, siamo tutti poveri e peccatori. Pur tuttavia la Chiesa ci conduce alle fonti della santità fin dal nostro battesimo. Essa è nostra Madre. Una Madre che nutre e riconcilia. E una Madre non la si può criticare come un’estranea, perché si ama colei che ci ha dato la vita!
I santi, loro sono i testimoni visibili della santità misteriosa della Chiesa. Essi sono rimasti i più umani degli uomini, ma la luce del Cristo ha penetrato tutta la loro umanità. Lo slancio che li ha animati non invecchia affatto. Sono i santi che la Chiesa beatifica e canonizza, ma anche tutti i santi nascosti, anonimi: essi salvano la Chiesa della mediocrità, la riformano dal di dentro, direi per contagio, e la trascinano verso quel che essa dev’essere. I Papi vengono a inchinarsi davanti a questi servitori di Dio, quali il curato d’Ars e il padre Chevrier. Cari amici, tramite i santi Dio vi fa un segno. Anche voi siete tutti chiamati alla santità!
15. Con i santi, che sono come fari, c’è tutto il popolo di Dio in cammino. Uno di voi scrive: “Noi vorremmo la Chiesa come una casa evolutiva, con la Bibbia come radice, il Cristo come pietra angolare e il Vangelo come trave maestra”. È una bella immagine. San Paolo paragonava la Chiesa al tempio di Dio, ma anche al corpo umano. “Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte” (1 Cor 12, 27). Tutte le membra non hanno la medesima funzione e questo costituisce il fascino e la vita del corpo.
Voi giovani, battezzati e cresimati, con tutti i laici cristiani, siete le cellule di base, senza le quali il corpo non esisterebbe. Un organismo differenziato secondo le condizioni: bambino, giovane, celibe, sposo, uomo e donna, secondo le vostre professioni, secondo le capacità che voi ponete al servizio degli altri, secondo i compiti di apostolato e anche i ministeri non ordinati che voi ricevete per l’animazione delle vostre comunità. Non c’è in questo differenza essenziale tra uomini e donne. Se, sul piano gerarchico, gli uomini sono i soli successori degli apostoli, sul piano carismatico, le donne animano la Chiesa quanto gli uomini (cf. il Discorso ai giovani al Parc des Princes, Parigi 1980, n. 18). Sì, la Chiesa conta veramente su ciascuno di voi: innanzitutto affinché accresciate in voi quella vita divina che vi è stata concessa e affinché assumiate la vostra parte del servizio della Chiesa e della vostra missione di testimoni presso i vostri compagni.
16. Nel corpo del Cristo, altri membri si sentono chiamati ad abbandonare tutto per seguire il Cristo alla lettera, nella vita religiosa o nelle istituzioni di vita consacrata, rimanendo casti, poveri, disponibili, per meglio manifestare il regno di Dio a venire. È una vocazione meravigliosa, anch’essa essenziale per la Chiesa. Essa non si spiega se non mediante un sovrappiù di amore per il Cristo, come l’amore della fidanzata per lo sposo. Beati coloro che ascoltano questo appello e che non soffocano! Taluni mi hanno confessato: “Abbiamo timore di esser chiamati a una vita consacrata”. Non credete dunque che il Cristo sia capace di colmarvi con la sua gioia e la sua forza?
17. Nel corpo del Cristo, un posto particolare spetta ai sacerdoti. Nessuno può accedere al sacerdozio senza esservi chiamato dalla Chiesa ed essere ordinato. Giacché il sacerdote compie una funzione distinta da quella degli altri battezzati: nel nome del Cristo, testa del corpo, egli riunisce i suoi fratelli come il pastore, vigila affinché la sua Parola autentica sia loro accessibile, perdona i peccati, rende presenti il corpo e il sangue di Cristo per nutrirne i suoi fratelli e resta a loro disposizione per sorreggerli e consigliarli.
Com’è bello sentir dire a uno di voi: “Ho tanto bisogno di un sacerdote che mi ascolti!”. Sì, il sacerdote è vicino a voi, pur rimanendo in stretta unione con il Cristo, consacrato totalmente al Vangelo, disponibile per tutti gli uomini: il suo impegno nel celibato gli è necessario. Domani, ad Ars, ne parlerò a tutti i seminaristi di Francia, avendo sotto gli occhi il ministero formidabile del curato d’Ars. Il sacerdote fa d’altro canto più che ascoltarvi: egli può recare una risposta ai vostri dubbi, e soprattutto può dare la risposta di Dio alle vostre debolezze confessate: è il perdono di Dio, nel sacramento della riconciliazione. Andate voi a cercare questo perdono dal sacerdote?
Perché ci sono così pochi sacerdoti, mentre sono indispensabili alla vita del corpo? Ve lo chiedo, cari amici. Come sarebbe possibile che dal gruppo di giovani credenti quali voi siete, generosi e ansiosi di costruire la Chiesa, non si levino vocazioni sacerdotali e religiose? Sono sicuro che molti di voi sentono questo richiamo. Che cosa vi scoraggia? Sta a voi, cari amici, rifletterci su. Io nutro fiducia in voi e constato che l’avvicendamento del sacerdozio conosce un rinnovamento in molti paesi del mondo.
18. Nella costruzione di cui il Cristo è la pietra angolare san Paolo ci dice che gli apostoli sono il fondamento (cf. Ef 2, 20). Voi mi avete chiesto qual era il ruolo dei vescovi e del Papa. Essi assicurano la trasmissione ininterrotta della vita del Cristo fin dal tempo degli apostoli. Essi sono “depositari del Vangelo” (cf. 2 Tm 1, 14); responsabili dell’unità dei cristiani nella diocesi, della loro fedeltà nella fede e del loro slancio missionario; responsabili del loro accesso ai sacramenti del Cristo. Essi danno dei “punti di riferimento” per il vostro comportamento, come voi dite, e più che dei punti di riferimento, giacché il Cristo ha affidato loro le esigenze del regno di Dio, che non sono consigli superflui, bensì appelli insistenti. Diciamo che essi sono tra voi i pastori che Gesù ha dato alla sua Chiesa. È la ragion d’essere della gerarchia: coloro che camminano avanti come pastori. Secondo la vostra bella espressione, vi aiutano a “durare”. Senza vescovo non c’è Chiesa e non ci sono sacerdoti, giacché i sacerdoti partecipano al sacerdozio plenario del vescovo. San Francesco di Sales è stato un vescovo eccezionale, un Pastore coraggioso.
Io sono Vescovo di Roma, successore dell’apostolo Pietro; e, come a lui, il Signore mi richiede di vigilare anche su tutto il gregge - agnelli e pecore -, di servire l’unità, la fedeltà e il progresso di tutte le singole Chiese, in unione con i miei fratelli, i vescovi. San Pietro viene spesso raffigurato con le chiavi in mano! Sono le chiavi destinate ad aprire il regno di Dio, a facilitarne l’accesso. Pregate anche per me. Preghiamo gli uni per gli altri.
19. Assolviamo esattamente il compito che Dio ha affidato a ciascuno nella sua Chiesa, senza mettere tuttavia muri divisori nella nostra casa. Costruiamo insieme, viviamo fraternamente nella stima gli uni degli altri. Non permettiamo che si scavi un fossato tra adulti e giovani. E voi, occupate degnamente il vostro posto. Sforzatevi di comprendere il messaggio della Chiesa - che talvolta è arduo, giacché complesso, pieno di sfumature, destinato a tutte le membra del corpo - e sforzatevi di spiegarlo agli altri e soprattutto di viverlo con umiltà.
La vita del corpo non ha soltanto delle strutture, un’ossatura; ha degli intermediari, delle comunità a dimensione umana in seno alle quali è più facile condividere, dare e ricevere. La vostra famiglia, i vostri movimenti, i vostri cappellanati sono degli intermediari. La parrocchia è anch’essa un intermediario necessario, giacché consente alle membra del corpo per quanto diverse esse siano di pregare, di celebrare, di riconciliarsi con Dio e di agire insieme, senza compartimentazioni. Partecipatevi con semplicità, attivamente, nel rispetto degli altri; apportatevi la vostra musica, ma armonizzatela con il concerto dei vostri fratelli e sorelle diversi da voi. L’Eucaristia domenicale è il tempo forte della vita parrocchiale. Non siate di coloro che credono di poter vivere la loro fede senza partecipare regolarmente all’adunanza fondamentale della Chiesa.
20. Nessuna comunità locale, per quanto dinamica essa sia, può richiudersi in se stessa. E nemmeno nessuna diocesi. È la Chiesa universale che conferisce la dimensione al corpo del Cristo. La Chiesa ha un avvenire? domanda uno di voi. Essa ne ha uno, giacché si fonda sul Cristo vivente. Ha un bell’avvenire in tale o talaltra regione? Ciò dipende anche dai cristiani.
La Chiesa sta per evolversi? Essa non può mutare i principi della fede, della morale, dei sacramenti, della struttura del corpo del Cristo: non si inventa una Chiesa del Cristo nell’anno duemila! Ma essa può, essa deve rinnovarsi di fronte ai nuovi problemi, alle nuove miscredenze. Essa ne ha la capacità, con l’aiuto dello Spirito Santo. La scristianizzazione non è fatale, è una malattia di percorso, una sfida da accettare.
Chiesa di Francia, lasciati interpellare dalle giovani Chiese, quelle che i tuoi missionari sono andati a impiantare. Esse hanno forse un nuovo slancio da donarti! La Francia era la figlia maggiore della Chiesa tra le nuove nazioni, dopo le invasioni dette barbariche; la Chiesa ha altre figlie che sono cresciute! Ma noi contiamo sempre molto su di voi, giovani di Francia, che tante grazie avete ricevuto nel corso della vostra storia.
Con i vostri vescovi, nel nome di Cristo che ne ha dato mandato agli apostoli, io vi invio in missione!
21. Cosa farei al vostro posto, cari amici? Guarderei il mondo con voi; guarderei la mia coscienza; e guarderei nel medesimo tempo il Vangelo. Vi si legge che un giorno Gesù si trovava davanti a una grande folla, erano circa cinquemila uomini bramosi di ascoltarlo, di esser liberati dai loro mali, di trovare presso di lui ragioni di vita. Ma non avevano da mangiare. Era sera, era il deserto. Gesù non voleva mandarli via senza cibo. Gli apostoli erano smarriti: “C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?” (Gv 6, 9).
E voi, cari amici, mi sembrate pieni di sincerità, di generosità davanti alle folle del mondo dai bisogni molteplici. Ma voi sembrate dire: “Ma che cos’è la nostra buona volontà per tanta gente?”. Cominciate con l’apprezzare ciò che voi avete, cominciate col discernere le bellezze del mondo, con lo scoprire i bei gesti dei vostri fratelli, e anche col riconoscere semplicemente le buone disposizioni che Dio ha messo nel vostro cuore.
Mi piace sentirvi dire: “Vogliamo la pace, un contatto vero tra gli uomini. Vogliamo la condivisione. Noi siamo felici di trovarci in un Paese di libertà, di appoggiarci a una famiglia che si è sacrificata per i nostri studi. Noi abbiamo i nostri progetti di famiglia. Vogliamo vivere, riuscire nella nostra vita, e anche in quella della gente. Noi desideriamo amare ed essere amati. L’avvenire è spalancato davanti a noi. E là ove è necessario, vogliamo cambiare le mentalità”. Il Cristo ama così la giovinezza, piena d’ideale, come amava il giovane ricco del Vangelo. Aggiungerei: non accettate di transigere sulla verità, il bene, il rispetto della dignità dell’uomo. Sono i principi di un mondo nuovo.
22. Ma quest’ideale è sottoposto a dura prova. Resisterà alla dura realtà di questo mondo? Finirà come le utopie? Sarà un fuoco di paglia? E l’adunanza fervente di questa sera sarà una festa senza domani?
Lungo è l’elenco dei mali della nostra società che vi preoccupano, talvolta fino all’angoscia: tante solitudini umane, la disoccupazione dei giovani, le miserie di ogni sorta, le illusioni di una falsa libertà, persino i rischi inerenti ai nostri progressi nucleari, all’invasione dei gadgets artificiali, a una tecnicità che aumenta l’anonimato, che spersonalizza e giunge fino al commercio di embrioni umani. Denunciate senza timore ciò che è legato in modo ancora più evidente al peccato degli uomini, al loro cuore duro, violento, pieno di odio, o alle loro debolezze morali, alle loro paure egoistiche. C’è bisogno di nominare di nuovo l’intolleranza, il razzismo, la tortura, la prostituzione, la droga e le tentazioni della disperazione, la delinquenza, l’aborto, la banalizzazione dei gesti dell’amore, il terrorismo cieco e senza pietà, quali che siano le ragioni invocate? A Casablanca, davanti ai giovani musulmani, rivolgevo a Dio questa preghiera: “Non permettere che invocando il tuo nome, noi giustifichiamo i disordini umani”. Giacché quel che è sicuro, è che Dio non vuole il male. Egli ha creato gli uomini per l’amore, per la pace, per la solidarietà, il dominio ragionevole del mondo. Continuate ad aver compassione, come Gesù, per le sofferenze. Continuate a chiamare male ciò che è male.
23. E voi saprete anche conservare il cuore aperto alle miserie delle grandi folle del Terzo mondo, affamate di pane, di libertà, di dignità, assetate di Dio. Nel quartiere della Guillotière, il padre Chevrier soffriva di vedere i bambini sfruttati e analfabeti, la gente spossata dal lavoro, mal nutrita, male alloggiata, vecchia a trent’anni. Ecco, cari amici, il destino di tanti popoli che lottano penosamente per il loro sviluppo, che è anche quello dei vostri vicini del Quarto mondo.
24. Voi, siate lucidi. Non vivete per questo nell’angoscia. La diffusione sovrabbondante di notizie tragiche, di problemi insolubili può porre sulle vostre spalle un fardello troppo pesante da trasportare. La vostra angoscia nulla apporterebbe ai poveri. È forse necessario sentirsi colpevoli, avvertire in voi la colpa di tutti questi mali? No, voi non siete, nel senso stretto della parola, responsabili di queste grandi miserie, ma a poco a poco voi avrete una responsabilità per contribuire a rimediarvi. Non puntate troppo presto il vostro dito accusatore sui “grandi” di questo mondo, su altre categorie di persone, su altri Paesi. La responsabilità umana esiste per molti di questi mali, è vero. Ma essa è complessa, molti vi hanno parte in modo solidale. Dio ha creato il mondo solidale e il mondo ne fa uso, per il meglio e per il peggio. Ma questa solidarietà è una fortuna; essa ci permette di reagire insieme.
25. È necessario che le cose cambino. Bisogna innanzitutto che cambi il cuore dell’uomo. Dal cuore dipende lo sguardo attento e benevolo, dal cuore dipende il gesto di aiuto reciproco delle mani. Il padre Chevrier ha cominciato con l’amare i poveri della Guillotière, si è avvicinato ad essi, ha vissuto in mezzo a loro, si è fatto povero come loro. Ha guardato il Cristo del presepio, della croce, dell’Eucaristia, così povero e così vicino a noi. E soprattutto egli ha riconosciuto la dignità dei poveri, il bene di cui essi erano capaci. Ha visto il Cristo attraverso di loro. Poteva dunque dire con Gesù: “Beati i poveri, quelli che hanno un cuore di povero, poiché essi sono aperti al regno di Dio”.
Cari amici, considerate con questo sguardo evangelico tutti i vostri fratelli nel bisogno, i vostri vicini, e coloro che sono lontani. L’amore non si contenta di guardare: cerca di portare la sua parte di sollievo, di aiuto reciproco concreto e inventivo, di preghiera. Pauline Jaricot, la vostra compatriota laica, ha trascorso la propria vita cercando le soluzioni che erano alla sua portata per venire in aiuto ai giovani setaioli, essa li ha aiutati a raggrupparsi, ha tentato di trovare per loro degli impieghi, ha ideato una cassa di solidarietà, per la quale si è rovinata essa stessa. E per i missionari del mondo ha suscitato anche una partecipazione finanziaria e una partecipazione di preghiera. La povera Paolina ha consegnato la propria anima a Dio senza vedere la realizzazione della propria opera di carità, della propria opera missionaria. Oggi noi ne siamo i beneficiari.
26. Ma forse la vostra domanda rimane: “Che cos’è questo per tanta gente?”. Il Concilio Vaticano II ha ben messo in luce questo rapporto tra i nostri modesti sforzi attuali e il mondo nuovo che noi auspichiamo. Vi cito qualche testo: “Se dunque ci si chiede come può essere vinta tale miserevole situazione, i cristiani per risposta affermano che tutte le attività umane, che sono messe in pericolo quotidianamente dalla superbia e dall’amore disordinato di se stessi, devono venir purificate e rese perfette per mezzo della croce e della risurrezione di Cristo”. “La legge fondamentale della umana perfezione, nuovo comandamento della carità . . .”. Cristo dà la certezza “che gli sforzi intesi a realizzare la fraternità universale non sono vani . . .”. Questa carità non deve esercitarsi “solamente nelle grandi cose, bensì e soprattutto nelle circostanze ordinarie della vita”. “Passa certamente l’aspetto di questo mondo, deformato dal peccato . . . restando la carità con i suoi frutti”. In altri termini, “benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del regno di Cristo, tuttavia . . . tale progresso è di grande importanza per il regno di Dio” (Gaudium et Spes, 37 - 39).
Così i cristiani non potrebbero disertare i compiti di questo mondo, ma dovrebbero intraprenderli con un entusiasmo ancora maggiore, nell’amore e nella speranza.
27. E voi, cari giovani, fin d’ora, alla vostra età, ovunque siate, prendete la vostra parte al risollevamento del mondo. Innanzitutto preparatevi ad assumervi un compito, un compito di servizio, per mezzo di tutte le competenze umane, scientifiche, tecniche che voi state acquisendo a scuola, all’università o nel vostro apprendistato. E soprattutto fortificate in voi i valori morali di dirittura di cuore, di lealtà, di purezza, di rispetto degli altri, di spirito di corpo, di dono di sé, di resistenza allo sforzo, senza i quali il cambiamento materiale e tecnico del mondo non sfocerebbe in un progresso. Lo si riscontra in taluni paesi che hanno ritenuto di progredire cambiando regime politico o economico senza elevare il valore morale delle persone.
Ma, oltre a tale importante preparazione, voi dovete fin da oggi impegnarvi non soltanto nel sostegno verbale e massiccio delle grandi cause mediante la solidarietà con gli sforzi degli uomini per un mondo migliore, ma nei mille gesti concreti che voi inventate e realizzate, personalmente o in gruppo, per migliorare la sorte di coloro che vi circondano e anche di coloro che sono lontani, per aiutare le mentalità a cambiare. Voi dimostrate allora che uscite da voi stessi per preoccuparvi degli altri. Non disdegnate queste piccole cose che contano molto agli occhi di Dio, e che non vanno mai perse, perché compiute nella carità del Cristo. Gesù attribuiva importanza e una ricompensa in cielo a colui che offriva un semplice “bicchiere di acqua fresca” (cf. Mt 10, 42) a uno dei suoi discepoli, che guadagnava con coraggio alcuni talenti (cf. Mt 25, 23). Perché? Perché il Cristo prende egli stesso il pane nelle sue mani e il pesce dal ragazzo. Egli li moltiplica a suo piacere. Voi avete accennato un gesto d’amore, di giustizia, di perdono. Il Cristo prende la vostra offerta con la sua. Essa conduce, attraverso la passione, alla sua risurrezione. Essa ha inaugurato il mondo nuovo. Sì, il mondo nuovo viene generato oggi, attraverso i vostri gesti d’amore e grazie al soffio dello Spirito Santo!
28. C’è un campo particolare in cui un mondo nuovo viene generato: mi rivolgo a coloro che si preparano a fondare un focolare, dopo aver parlato poc’anzi dei religiosi e dei sacerdoti. Si tratta anche di una delle vostre domande, una domanda molto importante, e mi piacerebbe parlarne più diffusamente. Mi esprimo spesso a tal riguardo, in altre circostanze, pure questa mattina stessa a Paray-le-Monial. Troppi di voi soffrono per la disgregazione delle loro famiglie. Voi dite: “Un amore vero, duraturo, è ancora possibile?”. In nome di Cristo, io vi dico, è possibile. È tutto il progetto di Dio sul focolare domestico. Il progetto di amore nuziale che s’iscrive in voi, se questa è la vostra vocazione è di una grande bellezza: esso corrisponde a un appello di Dio che ha creato l’essere umano “uomo e donna”. Ma l’amore coniugale si apprende giorno dopo giorno. Anche in questo voi avete la vostra responsabilità, fin d’ora. Come lo spiegavo nella mia lettera ai giovani (cf. Ioannis Pauli PP. II Epistula Apostolica ad iuvenes, Internationali vertente Anno Iuventuti dicato, 10, die 31 mar. 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII, 1 [1985] 779 ss.), c’è un apprendistato del dono disinteressato di sé, nella limpidità e nella semplicità, che si fa durante tutta l’adolescenza e la giovinezza, e senza il quale il matrimonio sarebbe un fallimento, un egoismo a due. Vi è in questo apprendistato del rispetto dell’altro, della sua interiorità, di tutta la sua persona di cui il corpo è l’espressione. Vi è un apprendistato di tutti i valori morali necessari alla vita. Vi e una preparazione alle responsabilità che voi condividerete per il dono della vita e l’educazione dei figli, per il servizio della società. Giacché il matrimonio è un’esperienza che colma il cuore, ma anche un compito da assolvere. Il tempo delle amicizie, del fidanzamento, è il tempo meraviglioso dell’apprendistato. Non guastatelo. Abbiate cura di prepararvi fin da ora a un tale impegno. Non confondete l’esperienza prematura del godimento con il dono di sé nell’amore lucidamente accettato per sempre. Vi auguro questa grande felicità di formare davanti a Dio, con la grazia del sacramento del matrimonio, una coppia in seno alla quale ciascun congiunto cerchi senza posa la felicità e il bene dell’altro, e non tema, con lui, di dare la vita secondo il piano di Dio. È a partire da tali famiglie che si riformerà il tessuto della società, il mondo nuovo al quale noi aspiriamo.
29. Ecco, cari amici, le ragioni di vivere. Se esse comportano taluni divieti, è che il male morale rimane sempre vietato, innanzitutto non dal Papa, ma dalla coscienza di ciascuno che raggiunge la volontà di Dio. È il male, qual esso sia, che ferisce la dignità dell’uomo, la sua felicità, la sua umanità. Ma il Cristo non ci abbandona mai nel male. Al peccatore, all’uomo debole che ripone la sua fiducia in lui. egli dice: “Nel nome di Cristo, il Nazareno, cammina!”.
30. Tra poco mi recherò a Notre-Dame di Fourvière, felice di pregare la Vergine con i religiosi. Pauline Jaricot aveva inventato la catena di preghiera del rosario vivente. Che la Vergine accompagni anche voi nel vostro cammino! Come lei lasciatevi abitare, invadere dallo Spirito Santo. Egli vi insufflerà le ragioni di vivere. Vi darà la forza di vivere per Dio e per gli altri. E, per di più, la gioia!
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