PAROLE DI GIOVANNI PAOLO II
ALL’INIZIO DELLA CELEBRAZIONE CON I VESCOVI DIOCESANI
DELLA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA
Cappella Paolina - Martedì, 14 novembre 1989
Cari fratelli.
Il Concilio definisce la liturgia il “culmine verso cui tende l’azione della Chiesa” e allo stesso tempo “la fonte da cui promana tutta la sua virtù” (Sacrosanctum Concilium, 10). Anche la nostra celebrazione eucaristica odierna vuol essere culmine e fonte per i nostri colloqui comuni di questi giorni. Non esiste un altro momento o un altro luogo, in cui avvertiamo più profondamente la nostra unione con Cristo e fra di noi, quali Vescovi e sacerdoti, se non quello della nostra unione all’altare per celebrare l’Eucaristia. Confermati dal Signore stesso attraverso la sua Parola e il suo sacramento, riceviamo da lui, continuamente rinnovata, la nostra missione.
Nell’Eucaristia sappiamo con gioia che il Signore è con noi, cammina con noi, e attraverso la sua grazia fa crescere e prosperare i nostri semi e le nostre piante nella sua vigna. All’altare noi apprendiamo che non siamo noi, bensì Cristo che opera nella sua Chiesa e nelle nostre stesse azioni. Nella sua Persona noi pronunciamo le parole della transustanziazione. Nella predicazione egli si serve della nostra testimonianza di fede e della nostra voce: “Chi ascolta voi ascolta me” (Lc 10, 16). Questa gioiosa consapevolezza esige che tutta la nostra missione sia al suo servizio. Allo stesso tempo dobbiamo anche riconoscere umilmente, come il servo del Vangelo di oggi, che siamo “servi inutili”. E quando abbiamo fatto tutto ciò che ci è stato ordinato non abbiamo fatto altro che il nostro dovere (cf. Lc 17, 10).
Perciò continuiamo a fare ricorso - come in questa ora - alla fonte della grazia di Dio attorno all’altare. Preghiamo il Signore di concederci il perdono per le nostre mancanze e le nostre debolezze e la sua benedizione per un nuovo inizio nel suo nome.
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