RADIOMESSAGGIO DEL SANTO PADRE
GIOVANNI XXIII
A TUTTI I FEDELI DEL MONDO E DI ROMA
IN OCCASIONE DEL NATALE*
Sala Clementina
Lunedì, 25 dicembre 1961
Venerabili Fratelli,
diletti figli!
Le variazioni metereologiche di questa giornata non consigliano e non permettono manifestazioni a cielo aperto. Ma un grande fatto nuovo si è egualmente iscritto stamane nella storia degli uomini, nella storia della Chiesa, e nell'esercizio di quella cristiana pietà che caratterizza l'amore del nostro Padre celeste per noi, che è elevazione dell'amor nostro di figli verso di lui.
La ricorrenza natalizia è resa quest'anno ancora più fausta e promette un ordine nuovo, non come diceva il poeta presago « iam novus incipit ordo », ma come diceva Gesù e come del resto Gesù, a beneficio della sua Chiesa, ripete ogni momento : Ecce, nova facio omnia!
Sempre lievito divino che vuol fermentare più a fondo nel nostro cuore di uomini.
Sì, diletti figli! Il Concilio Ecumenico Vaticano II che stamane, con la bolla Humanae salutis, è stato indetto, assicura che i pastori dell'universo gregge cristiano, tutti, seguiti dalla attenzione affettuosa anche dei non cattolici e dei non cristiani, torneranno su questi colli romani, dove il pastore che succede a Pietro, tiene le veci di colui che è chiamato episcopus animarum nostrarum.
Il Vescovo di Roma, come Si è firmato nel prezioso documento di stamane — Ego Ioannes catholicae Ecclesiae episcopus — si troverà qui con tutti i Vescovi dell'orbe raccolti intorno a Lui, a parlare di quella cosa unica e santa, la sola necessaria, che è l'amore degli uomini come fratelli nell'adorazione dell'unico Padre, nella partecipazione più viva alla vita e alla grazia di Cristo. La nascita di Gesù, segna la nascita non di sole nuove speranze, ma di nuove certezze divine.
Dove Pietro parla, voi lo sapete, è Gesù che parla e nella Nostra parola umile ma insieme questa volta più solenne parola con la quale abbiamo indetto il Concilio, splende un auspicio più che un'invocazione, che questo anno nuovo possa vedere finite le guerre, sopite le discordie e la terra riunita innanzi al cielo in un grido solo : il grido dell'amore fraterno e filiale : « Padre nostro, che sei nei cieli! ».
Nella preghiera della Chiesa è l'anima del Concilio; è la benedizione invocata dal cielo su tutta la terra. Oh! Natale del Signore, miei diletti fratelli e figli, questo è il nostro voto, il nostro anelito ardente, che sarà ancora una volta sorgente di ineffabile benedizione. La benedizione di Gesù, contenuta di qua, non potendola esprimere dal balcone centrale del massimo tempio della cristianità, ma affidata alle ali dei nuovi mezzi di trasmissione universale, sul labbro del suo Vicario, vuol assumere un triplice significato, e discendere sugli astanti e su tutti i popoli di tutta la terra.
Gesù nasce, nasce a Betlemme come della umanità tutta intera Redentore. Additandolo alle folle sitibonde di luce e di interiore consolazione, Giovanni il Battista diceva di Lui : Ecce qui tollit peccata mundi. È la prima, è la grande benedizione del Natale, questa : ciascun uomo si purifica, vede più chiaro innanzi a sé, si dispone a servire più compiutamente alle sue responsabilità, non ispirato, né sorretto da altro ideale, che non sia questo : Oh Redemptor, oh Redemptor.
Gesù che nasce, è tutta la gloria nostra. Ipse dat maiestatem populo suo. Non meno della storia dei secoli passati, la storia del secolo presente si richiama a lui. Senza di lui è inefficace ogni sforzo di fissare un orientamento sicuro per i popoli; senza di lui la vita umana è un gemito dei popoli e dei singoli, gemito di chi invano si strugge verso una robusta edificazione individuale, familiare e sociale. Come ieri, così per l'avvenire : le costruzioni che non hanno i Gesù la pietra fondamentale, non accettano la parola, gli esempi, la redenzione operata dal Cristo o la rifiutano, sono destinate tutte, al primo vento, seguito dall'uragano, a cedere perire.
Gesù che nasce, è veramente la nostra pace. Deus fortis, dominator, princeps pacis. I potenti discernono appena la debolezza del Bambino in una grotta fuori dell'abitato; gli umili invece chiamati e condotti a lui dalla fede, ne riconoscono la forza, e lo adorano. Il suo pacifico principato presuppone nell'uomo la cooperazione più vigile e più pronta, l'attrazione al dominio di sé, nella disciplina dello spirito e del corpo, nella dignità della vita e nella fermezza dei propositi. Ancora una volta, diletti Figli, l'animo aperto alla maggiore fiducia, Noi vi invitiamo, sparsi come siete su tutta la terra, Noi vi invitiamo, uomini tutti che amate la bontà, a volgere i vostri passi verso Betlemme. In nome di quella universale paternità che Noi rappresentiamo sulla terra, se non vi diciamo : Ipsum audite, perchè Gesù Bambino non parla ancora dalla sua cuna; vi diciamo però : Ipsum videte. Pensateci bene, o figli. Questo è il Natale : Gesù che ci redime, Gesù che ci dà la gloria, Gesù che ci dà la pace; questo è tutto. Vedendo Gesù, onnipotente e umile, infinito e povero, Verbo di Dio e silenzioso, ogni uomo vede la salvezza che viene da Dio, prende coraggio a riformare la sua vita, a rendere meritorio per sé e benefico per i suoi simili questo misterioso e provvidenziale tragitto che è la nostra umana esistenza. Come il Padre celeste v'invita al suo Figlio, fattosi nostro fratello, così la Chiesa, ripetendo il gesto santo di Maria, vi porge Gesù attraverso il ministero sacerdotale che noi continuiamo. Questo significa andare incontro al Concilio Ecumenico : andare incontro a Gesù. Egli ci chiama col suo sorriso, Egli allarga a tutti le braccia, come facciamo Noi in questo momento, Egli vi benedice con le parole stesse della Nostra benedizione.
* AAS 54 (1962) pp. 46-48.
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